Superbonus del 110%, Francesco Ferrante: il primo bilancio è positivo

Bisogna formare al più presto almeno 20-30mila capicantiere e contare sul rientro in Italia di altri 20mila lavoratori che stanno realizzando opere pubbliche all’estero

[11 Febbraio 2021]

Mentre si avvia a soluzione la crisi di Governo, con la buona notizia – per noi ambientalisti e per il Paese – della creazione di un Ministero per la transizione ecologica con l’obiettivo di tenere finalmente insieme, la lotta alla crisi ambientale e climatica in particolare, con i provvedimenti di rilancio dell’economia, ritengo utile, dopo i primi mesi della sua applicazione, tracciare un primo bilancio del superbonus del 110% per le ristrutturazioni edilizie voluto nello scorso Governo dal Sottosegretario Fraccaro.

Utile per due motivi. Il primo per verificare se davvero quello può rivelarsi come avevamo previsto uno strumento formidabile di rilancio di un settore in crisi come quello dell’edilizia, non solo senza causare danni all’ambiente con nuovo consumo di suolo, ma anzi incentivando l’efficientamento del nostro vetusto patrimonio edilizio fonte di sprechi e conseguenti emissioni di gas di serra evitabili.

Il secondo motivo è che per quel provvedimento nelle bozze di PNRR finora discusse (in attesa di quella nuova a firma Draghi) si destina un’ingente massa di risorse, oltre 20 miliardi, a nostro avviso evidentemente sovrastimata perché si trascurano gli effetti positivi in termini di entrate fiscali dovuti all’emersione dal nero e da un complessivo aumento del giro d’affari del settore. Una sovrastima, dovuta alla “consueta prudenza” della Ragioneria che in questo caso ha conseguenze gravi perché allocare così tante risorse – che poi invece non serviranno – su quel provvedimento ne toglie ad altre almeno altrettanto utili quelli quelle necessarie alla promozione delle rinnovabili, il cui ritmo di installazione è oggi maledettamente troppo lento persino rispetto ai timidi e insufficienti target fissati dal PNIEC.

Sul primo fronte i risultati sono più che confortanti, nonostante le difficoltà burocratiche che come sempre in questo paese non sono affatto facili da superare e che in questo caso vedono l’Agenzia delle Entrate particolarmente attiva nello svolgere un ruolo frenante. Infatti dal 3 dicembre all’8 febbraio i lavori ammessi al superbonus sono comunque passati da 72 a 338 milioni e ci sono già 3000 cantieri aperti. Cantieri che marciano rapidamente dato che sono stati realizzati quasi il 70% dei lavori che prevedevano i relativi progetti. Come ovvio gli interventi più numerosi sono quelli che si realizzano in edifici unifamiliari o in unità immobiliari indipendenti e solo 217 riguardano i condomini, nei quali però gli interventi pesano tanto (oltre 500mila euro contro una media di circa 80mila per quelli di singole unità). E certo, come d’altronde segnalavamo sin dalle fasi di approvazione del provvedimento, lo stesso potrebbe essere ulteriormente migliorato e rafforzato individuando meglio ciò che è più utile incentivare. In molti casi è ancora l’intervento sull’impianto di riscaldamento a “trainare” e qui si nasconde il ruolo delle caldaie a gas, che come chiediamo in una campagna promossa da Kyoto Club e Legambiente, sarebbe invece bene escludere da incentivi. Ma in quasi la metà dei casi sono più correttamente il cappotto termico o l’isolamento dell’involucro condominiale l protagonisti dell’intervento. Altro elemento positivo da rilevare è la diffusione geografica pressoché omogenea: se infatti è il Veneto a vantare il record  (380 interventi, superiore persino ai 348 della Lombardia), anche al sud con i 269 interventi in Puglia e 267 in Silia il superbonus sta funzionando.

Sul secondo aspetto, quello delle risorse necessarie, invece ovviamente è troppo presto per fare proiezioni attendibili, ma il fatto stesso che il provvedimento si stia rivelando efficace dovrebbe tranquillizzare i “custodi dell’ortodossia di bilancio”.

Infine c’è da sottolineare un altro aspetto altrettanto importante legato alla ripresa dell’occupazione in quel settore e alla necessità di acquisire know how. Come dice Alessandro Genovesi, il segretario generale della Fillea- Cgil, «abbiamo bisogno di formare al più presto almeno 20-30mila capicantiere e contare sul rientro in Italia di altri 20mila lavoratori che stanno realizzando opere pubbliche all’estero». Anche questa una bella opportunità offerta dalla misura senz’altro più avanzata messa in campo dal Governo uscente, che invero non si è particolarmente distinto nel campo della sostenibilità e degli interventi normativi che sarebbero stati necessari. Non ci resta che auguraci che chi quella misura l’ha fortemente voluta possa rimanere in campo per completarne l’opera, magari elaborando quel disegno di legge organico, di cui lo stesso Fraccaro aveva peraltro in più occasioni, con l’obiettivo di risolvere le criticità presenti e rendere il provvedimento ancora più efficace in termini di efficientamento e riduzione delle emissioni..

di Francesco Ferrante (Vicepresidente Kyoto Club)