Trasmessa all’Ue (con più di un anno di ritardo) la Strategia italiana di lungo periodo sulla riduzione dei gas serra

Individua le azioni per raggiungere la neutralità climatica entro il 2050. Costa: «Italia in prima linea per raggiungere i target di Parigi»

[10 Febbraio 2021]

E’ probabilmente una delle ultime iniziative di Sergio Costa da ministro dell’ambiente, ma finalmente, con oltre un anno di ritardo e dopo numerose sollecitazioni da parte della Commissione europea, l’Italia  ha inviato a Bruxelles la “Strategia italiana di lungo termine sulla riduzione delle emissioni dei gas a effetto serra”. In una nota il ministero dell’ambiente spiega che la Strategia di lungo periodo, che è stata elaborata nell’ambito degli impegni dell’Accordo di Parigi sui cambiamenti climatici che invita i Paesi firmatari a comunicare entro il 2020 le proprie «Strategie di sviluppo a basse emissioni di gas serra di lungo periodo» al 2050, si basa tre direttrici fondamentali: «Riduzione della domanda di energia, grazie soprattutto al calo della mobilità privata e dei consumi in ambito civile. Decisa accelerazione delle rinnovabili e della produzione di idrogeno. Potenziamento e miglioramento delle superfici verdi, per aumentare la capacità di assorbimento di CO2».

Costa ha commentato: «L’Italia, con l’elaborazione di questa Strategia si conferma fra i paesi più attivi e motivati per il raggiungimento del target della Cop 21, che è quello di mantenere il riscaldamento globale entro il limite di 1,5/2 gradi. Siamo consapevoli che per raggiungere la cosiddetta neutralità climatica entro 30 anni saranno necessarie scelte coraggiose e profondi cambiamenti nel tessuto socio-economico come nei nostri stili di vita. Ma la sfida climatica è la sfida strategica per il futuro dell’umanità e non possiamo permetterci di perderla».

E a fare queste scelte coraggiose sarà chiamato subito il nascituro governo Draghi che si troverà probabilmente a dover mettere subito mano alla revisione del superato e insufficiente Piano nazionale integrato energia clima  (chiesta dallo stesso Costa) che è ampiamente indietro rispetto alla roadmap per le rinnovabili e per raggiungere le quote approvate dall’Unione europea.

Comunque, in attesa del nuovo esecutivo e di un possibile ministero della transizione ecologica, al ministero dell’ambiente evidenziano che «La Strategia nazionale di lungo termine individua i possibili percorsi per raggiungere, nel nostro Paese, al 2050, una condizione di “neutralità climatica”, nella quale le residue emissioni di gas a effetto serra sono compensate dagli assorbimenti di CO2». Un obiettivo in linea con quanto indicato dalla presidente della Commissione Ue Ursula Von der Leyen che nella sua Comunicazione sull’European Green Deal ha tracciato la strategia per realizzare «un’economia moderna, efficiente sotto il profilo delle risorse e competitiva che nel 2050 produrrà emissioni net zero di gas serra».

Il problema è che la strategia inviata oggi alla Commissione Ue prende le mosse proprio da quel Pniec che è considerato insufficiente per arrivare al 2030, “trascinando” fino al 2050 le conseguenti tendenze energetico-ambientali virtuose.

Ne comunicato del ministero si legge che, su queste instabili basi, «Vengono quindi individuate le tipologie di leve attivabili per raggiungere al 2050 la neutralità climatica: una riduzione spinta della domanda di energia, legata in particolare ad un calo dei consumi per la mobilità privata e dei consumi del settore civile; un cambio radicale nel mix energetico a favore delle rinnovabili (FER), coniugato ad una profonda elettrificazione degli usi finali e alla produzione di idrogeno; un aumento degli assorbimenti garantiti dalle superfici forestali (compresi i suoli forestali) ottenuti attraverso la gestione sostenibile, il ripristino delle superfici degradate e interventi di rimboschimento. L’intervento, incisivo, su queste tre leve si renderà necessario perché il mero “trascinamento” delle tendenze attuali, per quanto virtuoso, sarebbe insufficiente a centrare il target fissato per il 2050».

E il nuovo governo si troverà a dover fare quel che il ministero dell’ambiente ritiene necessario: «Prevedere un sostanziale cambio del “paradigma energetico italiano” che, inevitabilmente, passa per investimenti e scelte che incidono sulle tecnologie da applicare, sulle infrastrutture ma anche sugli stili di vita dei cittadini. E’ una trasformazione importante e radicale come quella prospettata dalla Strategia di lungo periodo che dovrà permeare tutte le politiche pubbliche, in un percorso di ampia condivisione. Primi passi in tal senso sono stati effettuati con la trasformazione del CIPE, Comitato Interministeriale per la Programmazione Economica, in CIPESS, Comitato Interministeriale per la Programmazione Economica e lo Sviluppo Sostenibile e con l’avvio del Green Deal».

La nota aggiunge che «Per chiudere il gap emissivo e arrivare alla neutralità climatica saranno necessarie scelte politiche a elevato impatto sociale ed economico, tecnologie ancora non pronte in parte perseguibili solo su base europea, nonché una condivisione a livello internazionale del processo di decarbonizzazione».

E, per uscire dalle contraddizioni di uno strumento non aggiornato e inidoneo alla sfida, il ministero ammette che «Per tenere conto degli sviluppi su tutti questi fronti, ferme restando le tendenze di fondo individuate, la Strategia, elaborata in linea con il Piano Nazionale Integrato Energia e Clima (Pniec) deve essere considerata uno strumento “dinamico”, che avremo modo di aggiornare e integrare, anche per tenere pienamente conto dei processi di revisione degli obbiettivi energetico-ambientali nazionali attualmente in corso a livello europeo, e delle scelte conseguenti che si faranno per un rilancio economico in chiave sostenibile con il Piano per la Ripresa e la Resilienza».

Se si ascoltano le dichiarazioni dei nuovi fan di Draghi, che comunque vogliono un governo di scopo a termine, e si prende atto solo del lavoro che c’è da fare in campo climatico ed energetico per recuperare i ritardi dell’Italia, è davvero difficile che un governo così ampiamente sostenuto e accolto dai calorosi applausi della Commissione europea, possa farsi da parte lasciando le cose a metà o dopo aver spicciato le faccende per altri, magari per chi si è opposto all’European Green deal e che è (era?) un fan del negazionismo climatico.