Tregua in Siria, ma la guerra (anche diplomatica) continua. Il Piano B di Kerry

Il Daesh compra i componenti per le sue bombe in Turchia e Iraq (e in altri 18 Paesi)

[25 Febbraio 2016]

Intervenendo oggi  alla conferenza “Medio Oriente: Dalla violenza alla sicurezza” organizzata dal Club Valdai, Mikhail Bogdanov, inviato speciale del Cremlino per il Medio Oriente e l’Africa e vice ministro degli esteri, ha detto che «Prima di mezzogiorno del 26 febbraio tutte le parti in conflitto in Siria devono confermare ai noi e ai partner americani il loro impegno a rispettare il cessate il fuoco. I militari russi e americani tracceranno insieme sulle mappe le aree in cui si trovano questi gruppi. Contro di loro non verranno lanciate operazioni né dall’esercito di Damasco, né dell’Aviazione russa, né dalla coalizione degli Stati Uniti». La tregua sulla quale si sono accordati Usa e Russia dovrebbe iniziare il 27 febbraio e non riguarderà lo Stato Islamico/Daesh e Al-Nusra, la filiale siriana di Al Qaeda e altre formazioni considerate terroristiche dall’Onu ma che in questi anni sono state sostenute da Arabia Saudita, Qatar e Turchia.

La prima risposta positiva è venuta dall’opposizione siriana che ha confermato la sua volontà di rispettare il cessate il fuoco temporaneo. In un comunicato letto da un giornalista di  Al Arabiya, il Comitato supremo di negoziazione dell’opposizione siriana «ritiene che un preliminare cessate il fuoco dalla durata di 2 settimane darà l’opportunità all’altra parte di confermare la serietà delle loro intenzioni». Invece, quella che RIA Novosti definisce  una fonte di alto livello dell’Esercito Libero Siriano, il braccio Armato dell’opposizione fiolo-occidentale  siriana  ha detto che «non è stata ancora presa una decisione in merito al rispetto della tregua».

Il vice ministro degli Esteri siriano Faisal Miqdad aveva già annunciato che Damasco, «dopo approfondite consultazioni con i nostri amici russi ha deciso di fermare i combattimenti conformemente all’accordo tra Federazione Russa e Stati Uniti».

Il segretario di Stato Usa, intervenendo al Senato, ha rivelato quale sarebbe il “Piano B” Usa nel caso del fallimento della tregua: oltre alla sostituzione di Bashir al Assad, verrebbe creata una zona di sicurezza nel nord della Siria, in gran parte già liberato dalle milizie progressiste Kurde del Rojava e dai loro alleati. Questa zona cuscinetto, che dovrebbe servire anche a proteggere  i rifugiati,  è chiesta a gran voce anche da numerosi repubblicani, compreso l’attuale vincitore delle primarie presidenziali  Donald Trump. Ma secondo Kerry la realizzazione del “Pian B” sarebbe problematica: oltre agli aerei gli americani dovrebbero dispiegare anche delle forze terrestri in un’area dove rischiano di non capire più nemmeno chi sia il nemico. «Secondo le stime del Pentagono, la creazione di una zona di sicurezza che sia affettivamente operative necessita da 15.000 a 30.000 militari. Siamo pronti a sacrificare tanta gente a questi fini?»,  ha chiesto Kerry ai senatori Usa, aggiungendo che Washington sta analizzando altri scenari, nell’eventualità che il cessate il fuoco non venga rispettato».

Le dichiarazioni del segretario di Stato Usa sono state condannate dal ministero degli esteri siriano: «Le proposte di Kerry sono contrarie alla realtà e puntano a ingannare l’opinione pubblica per dissimulare la responsabilità del suo Paese nei crimini commessi in Siria. Sostenendo il terrorismo, gli Usa e i loro alleati e i loro strumenti nella regione sono tutti responsabili della comparsa e del proseguimento della crisi in Siria».

Intanto, sul terreno, le forze del regime di Bashir al Assad continuano ad avanzare: una fonte dell’esercito siriano ha detto a Rossiya Segodnya  che «Le unità governative, appoggiate da delle milizie, sono riuscite a liberare dal Daech la città di Khanasser»,  che era caduta nelle mani dei jihadisti, che così avevano interrotto la sola strada che porta ad Aleppo e che permetteva il rifornimento della popolazione e  delle truppe fedeli ad Assad. I combattimenti per questa zona strategica duravano da giorni e l’offensiva dell’esercito siriano è stata sostenuta dall’artiglieria e dai bombardieri russi . I siriani dicono che attualmente la circolazione sulla strada tra Khanasser e Aleppo non è ancora ripresa oerxchè si teme un contrattacco dello Stato Islamico. Secondo i militari siriani, il Daesh, interrompendo questa via di rifornimento ad Aleppo, sta cercando di rallentare l’offensiva dell’esercito e dei kurdi sia a nord della provincia di Aleppo che ad ovest, verso la “capitale” dello Stato Islamico Raqqa.

Di fronte al cessate il fuoco e ai successi sul terreno di siriani, russi e kurdi, il presidente turco Recep Tayyip Erdoğan sembra aver rinunciato alla annunciata invasone del Rojava e intervenendo a una riunione dei governatori  delle amministrazioni locali ad Ankara, ha detto che La Turchia non è un nemica dei russi. Per un Paese che accoglie 4 milioni di turisti provenienti dalla Russia all’anno è impossibile. Il nostro scambio commerciale aveva raggiunto i 35 miliardi di dollari e avremmo voluto portare questa cifra a 100 miliardi. E’ un peccato che la Russia per 2 piloti abbia perso un amico come la Turchia. Spero che le misure adottate per normalizzare i rapporti porteranno ad un risultato positivo». Ma poi Erdoğan ha ribadito che quando si parla dell’indipendenza della Turchia «non si inchina ai capricci di nessuno» e ha di nuovo accusato l’Aviazione russa di violare lo spazio aereo della Turchia, sorvolando sul fatto che la Turchia fa la stessa cosa quotidianamente in Siria, Iraq e Grecia.

Secco il commento su Facebook della portavoce  del ministero degli esteri russo, Maria Zakharova, «I media riportano le parole di Erdogan: “E’ un peccato che la Russia abbia perso un amico come la Turchia per 2 piloti”. Ora mettiamo le parole nell’ordine in cui dovrebbero essere: “La Russia ha perso due piloti per la Turchia”».

I media russi riportano con grande evidenza anche un sondaggio condotto da  IFop secondo il quale «Il 72% dei francesi ritiene che la Turchia chiuda gli occhi di fronte all’attività della malavita che commercia il petrolio dell’ISIS» e un altro sondaggio IFop  che rivela che la Turchia acquista il petrolio dell’ISIS per la maggioranza dei tedeschi (52%), mentre il 38% degli americani ed il 41% dei britannici è d’accordo nel ritenere che l’acquisto di petrolio dell’ISIS avvenga col placet delle autorità turche.  Con la frase “La Turchia combatte attivamente i gruppi terroristici come l’ISIS”, il 59% dei francesi si è detto non d’accordo, mentre in Germania il 36% degli intervistati si è detto d’accordo, a fronte di un 28% di contrari. In Gran Bretagna la percentuale si è divisa equamente, 23% a 23%, mentre negli Usa un terzo degli intervistati (30%) è d’accordo con l’affermazione».

I traffici tra Stato Islamico/Daesh e Turchia vengono confermati dal  rapporto “Tracing the supply of components used in Islamic State IEDs – Evidence from a 20-month investigation in Iraq and Syria” dell’Ong Britannica Conflict Armament Research, che afferma che I miliziani neri del Daesh si approvvigionano dei component che servono a fabbricare esplosivi in Tuirchia e in Iraq. Il traffic riguarda in particolare detonatori e sostanze chimiche.

Il rapporto spiega che «La prossimità è la principale ragione per la quale la filiera di approvvigionamento del  Daesh di prodotti che servono a fabbricare degli esplosivi proviene dall’Iraq e dalla Turchia. Questi due Paesi possiedono un’agricoltura e un’industria mineraria ben sviluppate che utilizzano le materie chimiche richieste».

Ma Conflict Armament Research denuncia anche che I jihadisti comprano component per le loro bombe in ben 20 Paesi, compresi Stati Uniti, Cina, Brasile e Giappone, India e perfino in Russia e Iran, loro mortali nemici. Va detto che spesso le imprese che commercializzano questi prodotti ignorano la loro destinazione finale, perché il Daesh si avvale della lunga e opaca catena di distribuzione dei componenti per fabbricare le bombe.

Gli autori del rapporto, hanno analizzato l’origine di oltre 700 componenti scoperti in alcune fabbriche di esplosivi del Daesh e anche in bombe non esplose e hanno così capito che quello più utilizzato, il nitrato di ammonio. viene comprato in Turchia e in Iraq e che, di solito, i tagliagole dl Daesh utilizzano un telefono cellulare Nokia 105 per azionare l’esplosivo a distanza.