Gli assassini dell’ambasciatore Attanasio, Iacovacci e Milambo appartengono alle milizie FDLR?

In memoria di un ambasciatore, di un carabiniere e di un autista, assassinati nel cuore di tenebra dimenticato dell’Africa

La terza guerra mondiale africana per le risorse della Rdc non è mai finita

[23 Febbraio 2021]

Dopo l’assassinio dell’ambasciatore italiano nella Repubblica democratica del Congo (Rdc) Luca Attanasio, del carabiniere Vittorio Iacovacci e dell’autista congolese Mustapha Milambo in un attacco a un piccolo convoglio umanitario del World Food Programme (WFP) nella provincia del  Nord-Kivu, alla solidarietà internazionale verso l’Italia si aggiunge la richiesta di scoprire e trovare i colpevoli, ma potrebbe risultare molto difficile in un’area dove scorrazzano bande armate di ogni tipo e dove il confine tra forze statali e ribelli è molto labile.

Secondo i resoconti dei media della Rdc, l’attacco è scattato intorno alle 10,00  di ieri ora locale. L’attacco contro i due veicoli del WFP è avvenuto Kibumba, a 25 Km a nord-est di Goma,  il capoluogo del Nord-Kivu. Secondo la stampa congolese, Iacovacci e l’autista sarebbero stati uccisi durante l’attacco, mentre l’ambasciatore Attanasio ha ricevuto disperate cure di emergenza all’ospedale della Monusco a Goma.

Una versione confermata da Cosma Wilungula, direttore dell’Institut Congolais pour la Conservation de la Nature (ICCN), l’ente che gestisce le aree protette della Rdc, che però ha spiegato che l’attacco mortale è in realtà avvenuto nel villaggio di  Kanyamahoro, ai confini del Parc national des Virunga (PNVI), e sottolinea che «Le guardie del PNVI sono intervenute per salvare l’ambasciatore e lo hanno condotto all’ospedale della Minusco, dove è morto in seguito alle ferite». Il Baromètre sécuritaire du Kivu, un progetto congiunto di Human Rights Watch e del Groupe d’étude sur le Congo (GEC), che monitora le attività dei numerosi gruppi armati in Rdc, definisce ancora meglio l’area dove è stato teso l’agguato: «Il convoglio è stato bloccato all’altezza del luogo chiamato “Trois antennes”».

Quello che è certo è che l’attacco che è costato la vita ai due italiani e all’autista congolese è avvenuto nel territorio della regione di Nyiragongo, mentre il convoglio del Wfp si dirigeva a Rutshuru,  percorrendo la strada del Parc des Virungas. Secondo il governatore della Provincia del Nord-Kivu, Carly Nzanzu Kasivita, gli assalitori erano 6. Il WFP ha sottolineato che «La delegazione andava da Goma a Rutshuru per visitare un programma di alimentazione scolastica del Wfp».

Ma la dinamica degli avvenimenti resta confusa. Come scrive Jeune Afrique, «Sembra che la Jeep nella quale si trovava l’ambasciatore dell’Italia sia stata prima fermata da dei tiri di avvertimento prima di essere attaccata. Gli assalitori avrebbero tentato di rapire i membri del convoglio. Allertato, un contingente dell’Institut congolais pour la conservation de la nature (ICCN), che pattugliava vicino il luogo dell’attacco insieme a un’unità della Forces armées de la RDC (Fardc, l’esercito ufficiale, ndr), è allora intervenuto. Sono stati scambiati dei colpi di arma da fuoco e la guardia del corpo del diplomatico, Vittorio Iacovacci, così come il suo autista congolese, Mustapha Milambo, sono periti sul post. Gravemente colpito all’addome e trasferito verso l’ospedale, Luca Attanasio ha perso la vita qualche istante più tardi».

Il WFP ha evidenziato che l’attacco mortale è avvenuto su una strada lungo la quale il convoglio era stato autorizzato a viaggiare senza scorta e il ministero degli interni della Rdc ha precisato che «I servizi di sicurezza e le autorità provinciali non hanno potuto né assicurare della misure di protezione particolare del convoglio, né venirgli in aiuto a causa della mancanza di informazioni sulla sua presenza in questa parte del Paese».

Non c’è stata alcuna rivendicazione immediata da parte di qualche milizia armata, spesso veri e propri eserciti di occupazione che si sono impadroniti di pezzi di territorio e di risorse della Rdc, trafficando in coltan, cobalto, terre rare e altre materie prime essenziali per l’economia digitale e green ma anche fauna selvatica protetta.  Una fonte dei servizi di sicurezza della Rdc ha detto a Jeune Afrique che il reasponsabili potrebbero essere «Alcuni elementi delle FDLR», le Forces démocratiques de libération du Rwanda, un gruppo armato di ex ribelli hutu ruandesi, nel quale militano molti responsabili del genocidio in Rwanda, e che si sono rifugiati nella Rdc dopo la presa del potere da parte dei tutsi a Kigali. Le FDLR sono pesantemente coinvolte in massacri di civili e nel traffico di materie prime e fauna selvatica con il quale si finanziano. Ma nell’area dove è avvenuto l’attacco operano altri gruppi armati come le milizie Nyatura e membri dell’ex Mouvement du 23 mars -M23. L’ultimo rapporto del Baromètre sécuritaire du Kivu contava ben 122 diversi gruppi armati nelle province dell’est della Rdc (Nord-Kivu, Sud-Kivu, Ituri et Tanganyika), una cifra addirittura in calo rispetto a stime precedenti, ma dal 2019 il numero di civili uccisi è in netto aumento.

Di fronte alle richieste di fare giustizia che vengono dall’Italia e dalla comunità internazionale, la ministro degli esteri della Rdc, Marie Tumba Nzeza, ha dichiarato: «Prometto al governo italiano che il governo del mio Paese metterà in opera tututto quanto necessario per scoprire chi c’è alla base di questo ignobile omicidio». La Tumba Nzeza ha spiegato che «Il convoglio è caduto in un’imboscata» e ha espresso tutta la sua pena e tristezza per la morte del «giovane ambasciatore italiano in Rdc in un convoglio del WFP». Un dispiacere che aumenta per il fatto che «Appena una settimana fa era qui per invitarci a partecipare al G20 in Italia l’estate prossima».

Anche il segretario generale dell’Onu, António Guterres , ha espresso «Il più profondo cordoglio alle famiglie dei defunti, nonché ai Governi di Italia e Repubblica democratica del Congo.  Esprime inoltre la sua piena solidarietà ai colleghi del WFP e all’intero team delle Nazioni Unite nel Paese». Guterres ha invitato il governo della Rdc a indagare rapidamente su questa odiosa presa di mira di una missione sul campo congiunta delle Nazioni Unite e a portare i colpevoli di fronte alla giustizia. Le Nazioni Unite continueranno a sostenere il governo e il popolo della Rdc nei loro sforzi per portare pace e stabilità nell’est del Paese».

Il vice rappresentante speciale dell’Onu nella Rdc, David McLachlan-Karr, che è anche capo ad interim della Mission de l’Organisation des Nations unies pour la stabilisation en République démocratique du Congo (Minusco), si è detto devastato dalla notizia della morte del nostro ambasciatore e, dopo aver condannato fermanente l’attacco, ha detto che «I responsabili devono essere identificati e perseguiti con la massima determinazione». Poi McLachlan-Karr ha spiegato che «L’ambasciatore Attanasio ha ricevuto cure d’urgenza alla Monusco, ma inutilmente. Le prime due vittime sono state uccise durante l’attacco».

Anche il capo dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms), Tedros Adhanom Ghebreyesus, si è detto «Profondamente rattristato ed estremamente preoccupato per l’attacco nella regione orientale del Congo dove una nuova recente epidemia di Ebola si è aggiunta alle sfide quotidiane post da gruppi armati che agiscono impunemente». Ghebreyesus conosce bene il “cuore di tenebra” del Congo, una regione dove va spesso in missione per affrontare le crisi sanitarie ricorrenti che si sommano ai frutti di quella che gli africani chiamano Terza Guerra Mondiale del Congo, una guerra per le risorse e per l’egemonia regionale nella quale governi stranieri e multinazionali svolgono un ruolo di destabilizzazione, utilizzando le milizie armate per gestire traffici e punire i “concorrenti” o chi si ribella.

Che la situazione nell’est della Rdc fosse – se possibile  – in peggioramento lo aveva denunciato il 16 febbraio l’United Nations high commissioner for refugees (Unhcr): «Le atrocità commesse da gruppi armati nella Repubblica democratica del Congo orientale (RDC) sono diventate parte di un modello sistematico per interrompere vite, instillare paura e creare scompiglio». Nel 2020, in tre province orientali della Rdc sono morte almeno 2.000 persone in attacchi attribuiti soprattutto a gruppi armati. E la violenza nel 2021 è continuata: a fine gennaio sono stati uccisi 2 uomini e altri 6 sono rimasti gravemente feriti  in un attacco armato a un campo di sfollati di  Kivuye a Masisi, nel Nord-Kivu.  Nello stesso campo, una settimana prima erano state rapite 3 persone e la milizia armata responsabile degli attacchi ha imposto il coprifuoco nella zona e pretende una tassa da tutte le famiglie per garantire la “sicurezza”. Chi non ubbidisce viene punito duramente.

Nella Rdc orientale l’Unhcr e l’International organization for migration stanno sostenendo 22 campi di sfollati che ospitano oltre 88.000 persone e altri migliaia vivono in accampamenti spontanei o in comunità ospitanti.

Il portavoce dell’Unhcr, Babor Baloch, ha denunciato che «Gli attacchi da parte di gruppi armati vengono effettuati con la sospetta collaborazione con altri gruppi o con le forze di sicurezza congolesi. Alcuni di questi siti sono minacciati da più gruppi armati. I civili si ritrovano intrappolati nel mezzo di scontri tra diversi gruppi. L’Unhcr ha anche ricevuto segnalazioni su gruppi armati che occupano con la forza scuole e case e attaccano centri sanitari. Alcuni hanno anche imposto tasse illegali agli abitanti dei villaggi che vogliono accedere ai loro campi, tagliandoli così fuori dalla loro unica fonte di cibo e reddito. Mentre le operazioni militari dell’esercito congolese contro i gruppi di milizie hanno più spesso successo che in passato, le forze armate non hanno la capacità di mantenere il controllo delle aree che mettono in sicurezza, lasciando così spazio agli attori armati di reclamare quelle aree e imporsi sulla popolazione locale».

Negli ultimi ultimi 2 anni, nel silenzio indifferente del mondo, nella Repubblica democratica del Congo la violenza ha costretto più di 5 milioni di persone a fuggire dalle loro case e, mentre l’Italia e il mondo piangono giustamente l’ambasciatore Attanasio, Iacovacci e Milambo, gli sforzi dell’Unhcr per assistere i profughi restano gravemente sottofinanziati: l’agenzia sta cercando 195 milioni di dollari per sostenere le sue operazioni nella Rdc, ma finora ha ricevuto solo il 6% dei finanziamenti.

Un altro forte allarme su quel che sta accadendo nella Rdc lo ha lanciato il 19 febbraio il rapporto “FEAR and FLIGHT: An Uprooted Generation of Children at Risk in the Democratic Republic of the Congo” dell’Unicef: «Le vite e il futuro di oltre 3 milioni di bambini sfollati in Repubblica Democratica del Congo sono a rischio, mentre il mondo guarda dall’altra parte. Nella parte orientale del paese, una serie di attacchi brutali da parte dei combattenti, con machete e armi pesanti, hanno costretto intere comunità a scappare con i beni più indispensabili. Intere famiglie – compresi bambini – sono state colpite a morte. Centri sanitari e scuole sono stati saccheggiati e interi villaggi dati alle fiamme».

L’Unicef chiede la fine di un conflitto che dura da più di 30 anni e che ha alimentato una delle peggiori crisi umanitarie al mondo. I dati dell’Onu mostrano che, attualmente, nella Rdc ci sono ufficialmente 5,2 milioni di persone sfollate, più che in ogni altro Paese eccetto la Siria, e il 50% è fuggito dalle proprie case negli ultimi 12 mesi. L’Unicef spiega che «Le famiglie sfollate vivono in insediamenti sovraffollati che non hanno acqua sicura, assistenza sanitaria e altri servizi di base. Altre persone sono ospitate dalle impoverite comunità locali. Nelle province di Ituri, Nord Kivu, Sud Kivu e Tanganyika, le più colpite dalle violenze, oltre 8 milioni di persone si trovano in condizioni di insicurezza alimentare acuta».

Edouard Beigbeder, rappresentante dell’Unicef nella Rdc,  sottolinea che «I bambini sfollati conoscono solo la paura, la povertà e la violenza. Generazione dopo generazione, possono pensare solo alla sopravvivenza. Ma il mondo sembra sempre più indifferente alla loro sorte. Noi abbiamo bisogno di risorse per continuare ad aiutare questi bambini ad avere un futuro migliore». Ed è proprio quello che cercava di fare l’ambasciatore Attanasio: curare questo cuore di tenebra dimenticato dell’Africa, portare soccorso e pace. E se vogliamo davvero avere giustizia per lui, Iacovacci e Milambo dobbiamo proseguire la sua opera e dare giustizia al popolo congolese, derubato e massacrato da un colonialismo genocida e da un neocolonialismo brutale che lo tiene in ostaggio di milizie che svendono la sua ricchezza e il suo futuro.