La Cina taglia l’esercito: 300.000 soldati in meno. Ma non è stata mai così forte militarmente

Nazionalismo alle stelle nella 70esima Giornata della Vittoria contro il Giappone e il nazi-fascimo

[3 Settembre 2015]

Celebrando a Pechino la 70esima Giornata della Vittoria contro il Giappone e i suoi alleati nella Seconda Guerra Mondiale – che in Cina chiamano Guerra di resistenza del popolo cinese contro l’aggressione giapponese e  Guerra mondiale antifascista –  il presidente cinese  Xi Jinping ha annunciato, proprio prima di una gigantesca parata militare, che «La Cina ridurrà gli effettivi del suo esercito di 300.000 persone».

Si tratta della quarta riduzione delle forze armate cinesi da quando i comunisti presero il potere dopo la grande marcia maoista (che fu anche guerra di liberazione dai giapponesi)  e  in particolare dagli anni ’80, quando cominciò quella che in Cina viene chiamata la riforma e l’apertura.

Nel 1985 la Repubblica popolare cinese decise di ridurre un milione di soldati e di puntare sull’accelerazione di uno sviluppo economico che solo oggi conosce una battuta di arresto, intanto avviava l’ammodernamento di un esercito che era ancora espressione dell’esercito contadino maoista. Nel 1987, l’Armata popolare di liberazione ridusse le sue forze arate da  4,238 milioni a 3,235 milioni. Nel 1990 il numero dei soldati cinesi era calato a 3,199 milioni.

Nel 1997 il governo cinese decise di tagliare altro mezzo milione di soldati in 3 anni, per portrli a 2,5 milioni.

Tra il 2003 e il 2005 c’è stata la terza riduzione: portando il numero dei military cinesi a 2,3 milioni. Con il nuovo taglio annunciato da Xi  l’esercito cinese diventa il più piccolo della storia del Paese, ma anche il più potente, meglio armato – anche di bombe atomiche – e che incute più timore ai Paesi vicini.

Ed uno di questi vicini, quello più temuto e contro il quale si indirizza il nazionalismo che si respira a pieni polmoni nella parata militare di Pechino e in tutta la Cina, è proprio quel Giappone del quale oggi si celebra la sconfitta.

Xi Jinping ha reso omaggio ai veterani, ai patrioti, agli anziani generali che  hanno combattuto gli invasori giapponesi (e che sono scampati alla Rivoluzione Culturale maoista e alla svolta turbo-capitalista)  così come «a tutti i cinesi che, in patria e all’estero hanno apportato un contributo importante alla vittoria nella guerra».

Xi  ha detto che «La Guerra di resistenza del popolo cinese contro l’aggressione giapponese e la Guerra mondiale antifascista sono state i grandi combattimenti decisivi del bene contro il male, della luce contro le tenebre e del progresso contro la reazione. La vittoria nella Guerra di resistenza del popolo cinese contro l’aggressione giapponese è la prima vittoria totale della Cina contro  l’aggressione straniera dai tempi moderni». Ma Xi  ha aggiunto che «La Guerra è uno specchio che permette di misurare meglio l’importanza della pace» e che  «La pace e lo sviluppo sono divenuti i temi della nostra epoca. Però il mondo è lontano dall’essere tranquillo. E la minaccia di guerra è sempre presente per l’umanità». Anche qui Xi si riferisce probabilmente alla svolta militarista del governo giapponese che vuole cambiare la costituzione pacifista nonostante l’ostilità della grande maggioranza dell’opinione pubblica nipponica.

Xi, guardando sfilare il suo sterminato esercito amato fino ai denti, ha detto: «Per la pace, dobbiamo radicare solidamente l’idea della comunità del destino di tutta l’umanità.  Per la pace, la Cina proseguirà risolutamente la via dello sviluppo pacifico e non ricercherà mai l’egemonia né l’espansione», chissà cosa ne pensano i tibetani e gli uiguri e magari anche gli africani che vedono i cinesi espandere un’egemonia economica che troppo spesso si basa su accordi con dittature cleptomani?

Comunque Xi ha sottolineato, riprendendo l’antico motto “Se vuoi la pace prepara la guerra” che  «La salvaguardia della pace mondiale è una missione sacra dell’Armata popolare di liberazione» e poi ha invitato il «Popolo multietnico cinese a seguire la via del socialismo alla cinese e ad irradiare il grande spirito del patriottismo e della resistenza».