Le prossime guerre del mondo: nel 2020 più a rischio Iraq, Iran e Mali. Nuove ondate di profughi se non si interviene

Il WPS del Wri prevede dove si verificheranno conflitti violenti nel 2020. L'acqua sarà spesso un fattore determinante

[9 Dicembre 2019]

Nonostante le dimissioni del premier, in Iraq non cessa la rivolta contro il governo, ma già nel luglio 2018 migliaia di persone erano scese in piazza nel sud del Paese per protestare contro i servizi pubblici scadenti, la mancanza di lavoro, la corruzione alle stelle. Molti dei manifestanti non avevano e non hanno accesso all’acqua potabile e a Bassora oltre 120.000 persone sono finite all’ospedale  dopo aver bevuto acqua inquinata. In un Paese che galleggia sul petrolio e dove il gas viene bruciato all’aperto come scarto, molti irakeni subiscono continui e prolungati blackout elettrici.

E’ da quelle manifestazioni, diventate rapidamente violente, che nasce la rivolta che vede migliaia di giovani – la maggioranza della popolazione irakena – scontrarsi con violenza contro le forze dell’ordine ufficiali e le milizie politico/religiose che sparano contro di loro con proiettili veri, gas lacrimogeni e cannoni ad acqua.

Presentando il nuovo  Water, Peace and Security (WPS) Global Early Warning Tool,  Charles Iceland, direttore global and national water initiatives dei Food, forests, and water programs del World resources institute , evidenzia che «Questi tipi di conflitti violenti insorgono in genere quando convergono una varietà di problemi: corruzione e disuguaglianza, disoccupazione, carenza di acqua ed elettricità e altro ancora. E se potessimo prevedere i conflitti, permettendo ai protagonisti di mitigare i problemi prima che diventino mortali?».

E’ proprio quello che punta a fare il WPS, uno strumento utilizza l’apprendimento automatico per stimare il rischio di guerre nei prossimi 12 mesi in Africa, Medio Oriente e Sud e Sud-est asiatico. Iceland spiega che «Il modello identifica le caratteristiche comuni ai conflitti violenti e più di 80 variabili ambientali, economiche e sociali». Una banca dati che risale fini a 20 anni fa e «Quindi li confronta con le condizioni attuali per individuare potenziali hotspot».

Attualmente, secondo il WPS, «Circa 2.000 distretti amministrativi nel Sud del mondo – circa il 14% di tutto quel che è stato esaminato – sono a rischio di conflitto violento tra ottobre 2019 e settembre 2020. In alcune parti di Iraq, Iran, Pakistan, India, Nigeria, Mali e altrove, questi conflitti potrebbero essere parzialmente correlati a problemi delle risorse idriche».

Al Wri spiegano ancora: «Come nei test degli screening medici iniziali, abbiamo impostato il modello per fare previsioni in eccesso, al fine di rilevare il maggior numero possibile di conflitti e offrire opportunità di misure preventive».

Ma come si riesce a prevedere una guerra o un conflitto armato interno? Per capirlo i ricercatori del W ri si sono concentrati su Iraq meridionale, Iran e Mali e dicono che «Un conflitto si verifica per molte ragioni, ma l’acqua – o la sua mancanza – è spesso un fattore. Per questo motivo, ci riferiamo spesso ai rischi idrici come scarsità, inondazioni e inquinamento come “moltiplicatori di minaccia”. Con la piattaforma WPS è la prima volta che un modello di previsione dei conflitti utilizza le condizioni delle risorse idriche per valutare i conflitti violenti».

E’ così che sono emersi alcuni hotspot dove l’acqua potrebbe svolgere un ruolo nel scatenare nuove guerre e rivolte.

Iraq meridionale. Ritornando al sud dell’Iraq, il WPS prevede, entro settembre 2020 un conflitto emergente (definito come conflitto che porta ad almeno 10 morti) nell’area di Bassora. E a renderlo probabile si stanno accumulando diversi problemi. Nel modello, “numero della popolazione locale” e “densità della popolazione locale” sono classificate al primo e al terzo posto in termini di importanza. Negli ultimi 20 anni la densità della popolazione di Bassora è raddoppiata; è possibile che la popolazione cresca più velocemente di quanto l’economia – o le risorse idriche locali – possano sostenere. Allo stesso tempo, il tasso di disoccupazione iracheno si aggira intorno all’8% (il doppio riguardo ai giovani), mentre la corruzione è da moderatamente ad alta, a seconda dell’indicatore utilizzato.

Anche la mancanza di acqua potabile e accessibile sembra essere un potenziale moltiplicatore di minacce. Lo stress idrico è insostenibilmente elevato in gran parte del bacino del Tigri-Eufrate, che comprende Iraq, Turchia, Iran e Siria. I fiumi Tigri ed Eufrate forniscono oltre il  98%  di tutta l’acqua utilizzata in Iraq e ci sono ulteriori problemi, visto che la portata di Tigri ed ‘Eufrate è in calo e che il cuneo salino del mare del Golfo Persico/Arabo fluisce verso monte, contaminando le riserve di acqua dolce nell’Iraq meridionale e danneggiando i terreni agricoli.

Il WPS Global Early Warning Tool include anche indicatori che non sono presenti nel modello, ma che forniscono comunque un contesto utile: «Ad esempio, la quantità di acque reflue non trattate in Iraq è molto alto – dicono al Wri –  Non sorprende quindi che gran parte dell’acqua disponibile nel sud dell’Iraq sia inadatta al consumo. Lo strumento indica anche l’Iraq come Paese di origine da 1 a 5 milioni di rifugiati, un indicatore di una società sotto stress. Lo strumento di allarme rapido globale è solo il primo passo di un processo a più fasi. I WPS Regional Tools  sono in grado di identificare altri fattori di rischio – come le dighe a monte, i cambiamenti climatici, l’uso inefficiente dell’acqua in agricoltura e nelle città e altro ancora – che possono ulteriormente esacerbare le sfide della fornitura idrica dell’Iraq meridionale e aumentare il rischio di conflitti violenti. Gli strumenti regionali possono inoltre supportare i decisori nella valutazione dell’impatto degli interventi proposti».

Iran. Nell’iran dove ci sono state violente proteste contro il carovita – derubricate dal regima come macchinazioni di nemici esterni o di tradtori della rivoluzione islamica – il WPS prevede per il periodo da ottobre 2019 a settembre 2020, conflitti emergenti in diverse regioni, tra le quali il Sistan e la provincia del Baluchestan, nel sud-est dell’Iran, provincia sud-occidentale del Khuzestan e delle aree lungo il confine con l’Iraq. IL wri avverte che «Il rischio di conflitto potrebbe aumentare a causa di fattori economici. La disoccupazione si attesta al 12%; la disoccupazione giovanile è più del doppio di quella cifra. L’inflazione era inferiore al 10% nel 2017, ma è salita a oltre il 30% nel 2018, in gran parte a causa delle sanzioni statunitensi. I livelli di stress idrico sono elevati o estremamente elevati in tutto il paese. Siccità e inondazioni sono entrambe problemi in atto a causa dell’alta variabilità stagionale e interannuale dell’approvvigionamento idrico. Gran parte del Paese ha sofferto di una siccità pluriennale fino alla fine dell’anno scorso, quando le condizioni di siccità hanno lasciato il posto a alluvioni devastanti. Anche i livelli di acque reflue non trattate sono elevati e la scarsa qualità delle acque è una preoccupazione significativa in posti come le province di Sistan, Baluchestan e Khuzestan».

Mali centrale e meridionale. Il Mali non è in pace da anni. Dopo la caduta di Gheddafi in libia ha subito la rivolta dei tuaregh che hanno proclamato l’Azad indipendente nel nord-est del Paese, presto scacciati da un califfato nero gestito da movimenti vicini ad al-Qaeda, a sua volta “sconfitto” da un intervento militare francese e degli altri Paesi del Sahel. Dopo ci sono state rivolte etnico/settarie e attacchi delle forze jihadiste che sono tracimati anche nei Paesi vicini, Per il periodo da ottobre 2019 a settembre 2020, il WPS prevede un’estensione dei conflitti in corso in gran parte del Mali settentrionale e centrale e nuovi conflitti emergenti nella parte meridionale del Paese. Il Wri evidenzia che «La popolazione del Mali è cresciuta molto rapidamente. Bamako, la capitale, ha visto la sua densità di popolazione più che triplicare negli ultimi 20 anni. Esistono altri importanti fattori di rischio: sia la povertà che il frazionamento etnico, che esaminando una serie di attributi di gruppi culturali distinti in una particolare regione, è tra i più alti al mondo. Con l’aumento della popolazione e della densità della popolazione, nelle aree rurali sempre più persone si contendono la stessa acqua e terra. L’aumento della concorrenza per le risorse naturali sta ulteriormente  mettendo a dura  prova le tensioni interetniche e contribuisce alla crescente violenza tra agricoltori e pastori. Fino a un paio di anni fa, La violenza era rimasta per lo più limitata alle regioni settentrionali del Paese, ma da allora è cresciuta nel Mali centrale. Lo strumento di allarme rapido prevede ora che la violenza migrerà più a sud nella regione intorno a Bamako».

Un quadro davvero fosco ma al Wri dicono che «La buona notizia è che le soluzioni, sebbene non semplici da implementare, esistono e possono aiutare a mitigare i conflitti violenti».

Ad esempio, «In Iraq, la riparazione e l’ampliamento dei sistemi idrici e fognari nelle principali città contribuirebbe a rispondere alle preoccupazioni sulla corruzione del governo e sulla mancanza di servizi di base. Accordi globali transfrontalieri per la condivisione dell’acqua dei fiumi Tigri ed Eufrate potrebbero aumentare le portate idriche in Iraq. Limitazioni dell’uso dell’acqua in aree in cui la domanda è troppo elevata e miglioramenti dell’efficienza idrica in ambito agricolo e urbano potrebbero contribuire a regolare l’offerta. L’Iraq deve anche prendere provvedimenti per adattarsi a un futuro più caldo e più secco, poiché già si stanno manifestando gli impatti del cambiamento climatico».

La partnership WPS sta attualmente esplorando come può aiutare le istituzioni e la società civile irakene a valutare e attuare alcune di queste soluzioni: «In collaborazione con International organization for migration (Iom) in Iraq, abbiamo sviluppato un modello delle risorse idriche e di qualità dell’acqua per il sud dell’Iraq e modellato il rapporto tra idrologia locale e sfollamento delle persone. Organizzazioni come il ministero delle risorse idriche e l’Iom possono utilizzare queste risorse per mitigare ulteriori disordini sociali e garantire una risposta adeguata alle crescenti pressioni migratorie».

E mentre per il 2020 si annunciano nuovi conflitti di quella che Papa Francesco ha chiamato la Terza Guerra Mondiale diffusa e che rischiano di coinvolgere tutti gli Stati più fragili, anche le Agenzie per lo sviluppo e di risposta alle catastrofi dovrebbero seguire l’esempio dello Iom.

Iceland conclude: «Partendo da buoni dati, possiamo mitigare rischi come lo stress idrico, prima che contribuiscano alla destabilizzazione regionale e alla perdita di vite umane».