L’Europa festeggia Biden e la fine dell’epoca Trump, la destra sovranista un po’ meno

Ora lavorare insieme a Biden per clima, ambiente, un nuovo multilateralismo e contro le fake news

[21 Gennaio 2021]

L’arrivo di Biden alla Casa Bianca è stato oggetto di un dibattito anche al Parlamento europeo, dove lo stato d’animo predominante è quello di essersi finalmente liberati di un alleato che si è comportato da nemico dell’Europa, appoggiando apertamente la Brexit e i regimi autoritari sovranisti dell’est Europa, imponendo dazi e contrastando le politiche climatiche dell’Ue.

La seduta è stata aperta dal presidente del Consiglio europeo, Charles Michel, che ha detto che la fine dell’Amministrazione Trump «E’ un’occasione per ringiovanire le nostre relazioni transatlantiche che hanno sofferto molto negli ultimi quattro anni. In questo periodo, il mondo è diventato più complesso, meno stabile e meno prevedibile. Ciò richiede più che mai a noi europei di prendere saldamente in mano il nostro destino, per difendere i nostri interessi e promuovere i nostri valori. Insieme agli Stati Uniti, dobbiamo porci come fondamento dell’ordine internazionale basato sulle regole, lavorando per la pace, la sicurezza, la prosperità, la libertà, i diritti umani e l’uguaglianza di genere».

La presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, ha sottolineato che «L’Europa ha ora un amico alla Casa Bianca ed è pronta per un nuovo inizio con il suo partner più vecchio e più fidato. Dobbiamo spingere per un cambiamento globale basato su valori comuni, sulla democrazia, sul cambiamento climatico, sulla gestione della pandemia e sulla digitalizzazione». Poi, riferendosi all’attacco al Campidoglio Usa organizzato online dai fan di Trump, ai discorsi d’odio e alla disinformazione diffusa attraverso i social media, la von der Leyen ha chiesto la cooperazione con gli Stati Uniti: «Il potere politico sfrenato dei giganti di internet deve essere limitato, poiché il loro comportamento deve essere dettato da leggi invece di decisioni arbitrarie prese da un amministratore delegato della Silicon Valley».

L’eurodeputata del Movimento 5 Stelle Tiziana Beghin. Si è ricreduta sull’iniziale entusiasmo con il quale il M%S aveva accolto l’elezione di Donald Trump come un segnale di rottura: «Gli Stati Uniti sono un partner naturale dell’Unione Europea, un alleato fondamentale dei nostri valori, dei diritti e del multilateralismo. Ma la nostra reciproca amicizia è stata trascurata negli ultimi quattro anni e tutto il mondo ne ha risentito. Il Presidente uscente ha portato avanti politiche che si sono dimostrate dannose per l’Ue, arrivando quasi a spezzare il profondo legame che ci unisce. Adesso è il momento di cessare gli antagonismi deleteri e di ristabilire i nostri legami commerciali, politici e umani. Questo è quello che chiedono i cittadini: ecco perché spero che il Presidente Biden dimostri fin da subito la sua buona volontà e abolisca tutti i dazi americani sui prodotti europei, riportando, quindi, le nostre relazioni sul giusto binario. Inoltre, volendo mantenere un aspetto positivo della presidenza appena conclusa, mi auguro che non impegni il suo Paese in ulteriori conflitti esterni e che fortifichi la fiducia dei cittadini nelle istituzioni democratiche. Il mondo si aspetta molto dalla Presidenza Biden, e anche noi: ci auguriamo vivamente che non ci deluda!»

Anche il democristiano tedesco  Manfred Weber (PPE) ha evidenziato che «Oggi è un giorno di speranza. 4 anni di divisione della società sono ormai alle nostre spalle. (…) Non siamo in grado di dare lezioni agli Stati Uniti, perché l’Europa ha gli stessi problemi. (…) I social media sottolineano le posizioni estremiste. Le Big Tech hanno bisogno di regole chiare: devono essere al servizio della società. Ma per  Weber «E’ inoltre importante prendere sul serio le preoccupazioni degli elettori di Trump. Proteggere le frontiere non è estremismo. Difendiamo insieme i nostri valori comuni e le nostre istituzioni».

Gli ha risposto indirettamente la socialista spagnola Iratxe García Pérez (S&D): «Ignorare la piaga della disuguaglianza è il modo in cui sono iniziati alcuni dei peggiori sconvolgimenti degli ultimi anni, come Brexit e il Trumpismo. Tutte le democrazie, anche le più forti, sono vulnerabili. Le terribili scene dell’attacco al Campidoglio dimostrano che dobbiamo lottare contro la disinformazione. Un’altra sfida comune UE-Stati Uniti è la ricostruzione del sistema multilaterale, e garantire il rispetto delle regole e delle istituzioni democratiche».

Secondo il liberale romeno Dacian Ciolos (Renew) «L’attacco al Campidoglio ha radici riconoscibili. Il populismo, il perseguimento di interessi individualistici nei pubblici offici, la polarizzazione e le grandi menzogne inventate e propagate dalla più alta carica del Paese. Nessuna democrazia al mondo è immune da questi pericoli». Anche per lui, la presidenza b Biden rappresenta «Un’opportunità che non possiamo perdere. “Dobbiamo rimboccarci le maniche e rimodellare la nostra partnership (…) e trovare una visione comune per affrontare le sfide comuni, allentare le tensioni commerciali, combattere il cambiamento climatico, e affrontare i giganti digitali».

Anche il lepenista francese Jerome Riviere del Rassemblement national (ID) ha detto che «L’attacco al tempio della democrazia statunitense è imperdonabile». Ma ha criticato «La decisione di quasi tutti i social media di bloccare un presidente democraticamente eletto ancora in carica, violando il principio democratico essenziale della libertà di espressione». Poi, dopo aver sostenuto acriticamente per 4 anni Donald Trump,  Riviere  si è ricordato di essere un sovranista e ha aggiunto che «La sconfitta di Donald Trump non cambia l’agenda politica degli Stati Uniti, che è quella di dominare le persone in tutto il mondo».

La verde tedesca Ska Keller ha chiesto all’Unione europea di impegnarsi per la salvaguardia delle libertà fondamentali e dello Stato di diritto: «Gli eventi in Campidoglio sono stati il risultato diretto dell’incoraggiamento di Trump e di quattro anni di bugie quotidiane e disprezzo dei fatti. L’Europa è al sicuro dal populismo e dai demagoghi, dalla disinformazione e dagli attacchi allo Stato di diritto?». Poi ha fatto gli esempi della campagna referendaria per la Brexit «piena di palesi menzogne e false promesse, dell’incredibile disprezzo del governo polacco per la proprietà del proprio corpo da parte delle donne e dello smantellamento sistematico dello Stato di diritto ungherese da parte di Viktor Orban».

Un altro esponente della destra che appoggia proprio quei regimi criticati dalla Kelle,  l’olandese Derk Jan Eppink (ECR, lo stesso gruppo di Fratelli d’Italia) ha incredibilmente messo in guardia dal lasciare ai giganti della tecnologia o a dei politici il potere di mettere a tacere il dibattito pubblico: «Le grandi aziende tecnologiche abusano della loro posizione dominante. Il loro potere deve essere spezzato». Ma se i democratici sembrano «traumatizzati dopo quattro anni di Trump, […] i nuovi arrivati dovrebbero astenersi dal criminalizzare il dissenso. Sollevare domande scomode è il cuore della democrazia». Però reprimere la libertà di stampa, negare i diritti civili e dei migranti, diffondere a piene mani fake news come fanno gli amici e camerati di  Eppink, non sembra proprio battere all’unisono col cuore della democrazia.

Il tedesco di Di Linke Martin Schirdewan (GUE/NGL) ha ribattuto che «Quattro anni di Trump hanno minato la fiducia nella democrazia, che deve essere ripristinata e rafforzata. Un nuovo presidente americano deve anche segnalare un nuovo inizio nelle relazioni transatlantiche. Le richieste del mio gruppo sono chiare: un ritorno al multilateralismo, una politica comune impegnata nell’azione per il clima, e lavorare insieme per un ordine mondiale pacifico».