Nel 2050 sulla Terra saremo 9,7 miliardi, ma il tasso di crescita sta rallentando

L'India supererà la Cina, la popolazione dell'Africa subsahariana raddoppierà. Italia ed Europa sempre più vecchie

[18 Giugno 2019]

Secondo il rapporto  “The World Population Prospects 2019: Highlights” della Population Division del Department of economic and social affairs (Desa) del Segretariato Onu, «I prossimi 30 anni vedranno aggiungersi alla popolazione mondiale altri 2 miliardi di persone rispetto alla cifra odierna di 7,7 miliardi e, entro la fine del secolo, il pianeta dovrà sostenere intorno a 11 miliardi di persone». Ma il rapporto evidenzia anche che in generale, «Il tasso di crescita della popolazione umana continuerà a diminuire e un numero maggiore di Paesi dovrà adattarsi alle conseguenze dell’invecchiamento della popolazione».

“The World Population Prospects 2019: Highlights”, fornisce una panoramica completa dei modelli e delle prospettive demografiche globali. Il rapporto si basa su stime demografiche dal 1950 ad oggi per 235 Paesi o aree, sostenute da analisi delle tendenze demografiche storiche. La revisione del 2019 include anche proiezioni demografiche per il 2100, che riflettono una serie di risultati plausibili a livello globale, regionale e nazionale.

Il rapporto Onu prevede che entro il 2050 l’India sarà il Paese con il maggiore aumento di popolazione, superando la Cina come il paese più popoloso del mondo, intorno al 2027. L’India e altri 8 Paesi – Nigeria, Pakistan, Repubblica democratica del Congo, Etiopia, Tanzania, Indonesia, Egitto e Stati Uniti d’America – avranno da soli oltre la metà della crescita stimata della popolazione mondiale. In tutto, entro il 2050, praticamente la popolazione dell’Africa subsahariana dovrebbe raddoppiare.

Il Desa Onu sottolinea che «Tuttavia, la crescita in questi Paesi avviene sullo sfondo di un rallentamento del tasso di fertilità globale. Nel 1990, il numero medio di nascite per donna era 3,2. Nel 2019 era sceso a 2,5 nascite per donna e, entro il 2050, si prevede un ulteriore calo di 2,2 parti: un livello di fertilità di 2,1 parti per donna è necessario per evitare il declino della popolazione nazionale nel lungo periodo (in assenza di immigrazione)».

L’Onu ricorda che in realtà la dimensione della popolazione di un numero sempre maggiore di Paesi (a cominciare dalla< vecchissima Italia) è in calo: «Dal 2010, 27 paesi o aree hanno registrato un calo di almeno l’1%, a causa dei tassi di fertilità persistentemente bassi. Tra oggi e il 2050 ci si aspetta che questi cali si espandano in 55 Paesi che vedranno una diminuzione della popolazione dell’1% o che più o quasi la metà di questi subirà un calo di almeno il 10%».

Mentre in molti Paesi sviluppati la popolazione (e l’economia) non è crollata grazie all’arrivo di immigrati, in alcuni Paesi  la diminuzione della popolazione è rafforzata proprio dagli alti tassi di emigrazione e l’Onu evidenzia che «I flussi migratori sono diventati una delle principali ragioni del cambiamento demografico in alcune regioni». Bangladesh, Nepal e Filippine stanno registrando una forte emigrazione derivante dalla domanda di lavoratori/lavoratrici migranti; Myanmar, Siria e Venezuela sono i Paesi con il maggior numero di persone che se ne sono andate e se ne vanno via causa di violenze, insicurezza o conflitti armati. Per i paesi in cui la popolazione sta calando, ci si aspetta che l’immigrazione colmi le lacune, in particolare in Bielorussia, Estonia e Germania. L’Italia, che fa finta di non avere questo problema e che crede di risolverlo con gli appelli a fare figli mentre il welfare familiare è tra i peggiori nell’Europa più ricca, continua a gridare con il suo ministro degli interni che i migranti rubano il lavoro in un Paese di pensionati sempre più anziani e di giovani sempre più rari che, quando hanno competenze elevate (e non solo) spesso sono costretti e emigrare in cerca di un lavoro dignitoso.

Liu Zhenmin, Il vicesegretario generale dellOnu per il Desa, spiega che «Molte delle popolazioni in più rapida crescita si trovano nei Paesi più poveri, dove la crescita demografica comporta ulteriori sfide. Queste sfide includono la lotta per eradicare la povertà e combattere la fame e la malnutrizione, una maggiore uguaglianza e migliorare l’assistenza sanitaria e l’istruzione. Il rapporto fornisce una “roadmap” che indica dove indirizzare azioni e interventi». Una roadmap che il ministro degli interni Matteo Salvini farebbe bene a leggere, anche se dubitiamo che lo farà, visto la sua avversione per l’Onu e per tutto quel che sa di governo mondiale dei problemi globali.

Ma all’Onu non interessano molto i pregiudizi dei Salvini di turno è il Desa sottolinea che «Allo stesso tempo, la crescita sta fornendo opportunità in molte economie in via di sviluppo: recenti riduzioni della fertilità fanno sì che la popolazione in età lavorativa (da 25 a 64) stia crescendo più velocemente rispetto ad altre fasce di età, il che potrebbe migliorare le possibilità di una crescita economica più rapida». Il rapporto raccomanda che «I governi facciano uso di questo “dividendo demografico” per investire nell’educazione alla salute».

Resta il fatto che una popolazione globale di 9,7 miliardi nel 2050 e di 11 miliardi nel 2100 avrà degli impatti sulle risorse rinnovabili e non rinnovabili sulle quali si basano la vita sulla Terra e l’economia umana che non potrà essere affrontato con l’attuale modello di produzione e consumi.

All’impaurito e invecchiato elettorato italiano fanno paura i giovani neri che bussano alle nostre porte (meno i giovani italiani che se ne vanno) il rapporto Onu ricorda che il vero problema per Paesi come il nostro è un altro rispetto alla martellante propaganda leghista: «Entro il 2050 nel mondo una persona su 6 sarà oltre i 65 anni, rispetto all’attuale numero di 1 su 11. Nei prossimi 30 anni, alcune regioni vedranno raddoppiare la quota di anziani, tra cui l’Africa settentrionale, l’Asia e l’America latina. Entro il 2050, un quarto della popolazione in Europa e nel Nord America potrebbe avere 65 anni o più. Si prevede che nei prossimi decenni la percentuale più alta e il numero di persone anziane faranno aumentare la pressione finanziaria su questi Paesi, con un costo più alto della sanità pubblica, delle pensioni e dei sistemi di protezione sociale».

Mentre l’Italia e l’Europa invecchiano, anche se nel mondo complessivamente l’aspettativa di vita aumenterà dai 64,2 anni nel 1990 ai 77,1 anni nel 2050, nei Paesi più poveri continuerà a restare molto più bassa. Attualmente, la vita media di un bambino nato in uno dei Paesi meno sviluppati sarà di circa 7 anni più breve di quella di un bambino nato in un Paese sviluppato. I motivi principali sono gli alti tassi di mortalità infantile e materna, la  violenza e l’epidemia di AIDS che continua a imperversare nei Paesi poveri.