Nuovo massacro di civili nell’est della Repubblica democratica del Congo

Guterres scioccato: aveva appena chiesto al Consiglio di sicurezza di affrontare fragilità e conflitti nei Paesi più poveri

[7 Gennaio 2021]

I miliziani delle Forces démocratiques alliées (ADF) avrebbero massacrato almeno 25 persone nei villaggi di Tingwe, Mwenda e Nzenga, vicino al territorio di Beni, nella provincia del Nord Kivu, nella Repubblica democratica del Congo (Rdc).  Le milizie dell’AFD, attive fin dagli anni ’90, sono solo uno dei numerosi gruppi armati della regione. Le AFD hanno attaccato spesso anche i caschi blu della Monusco e in uno dei peggiori scontri, nel dicembre 2017, hanno perso la vita 15 caschi blu della Tanzania e altri 44 sono rimasti feriti.

Il segretario generale dell’Onu António Guterres «ha condannato fermamente la violenza contro la popolazione civile e chiede che gli autori di queste atrocità siano rapidamente assicurati alla giustizia».  Inoltre, il capo delle Nazioni Unite sollecitato le autorità della Rdc  a «prendere provvedimenti concreti per affrontare le cause del conflitto nell’est del Paese» e ha sottolineato «La determinazione della Mission de l’organisation des Nations Unies en République démocratique du Congo (Monusco) a continuare a fare del suo meglio per garantire la protezione dei civili in conformità con il suo mandato e per sostenere gli sforzi nazionali per consolidare la pace e la stabilità. nel Paese».

La Rdc è il Paese più grande dell’Africa, è grande all’incirca quanto l’intera Europa occidentale, ed è  ricca di risorse naturali. Un Paese poverissimo nel quale l’enorme ricchezza di minerali, terre rare, petrolio e risorse naturali è diventata una maledizione con una guerra che dura da decenni, alla quale partecipano attivamente – per conto delle multinazionali – le potenze africane e bande armate tribali e confessionali. W Quella che gli africani chiamano la terza guerra mondiale e che ha portato a una violenza diffusa e indicibile e a povertà e fame de che ha favorito la diffusione di malattie mortali, tra cui Ebola, ora complicate dalla pandemia di coronavirus.

L’Onu evidenzia che «La situazione nella Rdc orientale, in particolare nelle province del Nord Kivu, del Sud Kivu e dell’Ituri, è estremamente instabile, con scontri tra gruppi armati per il controllo del territorio e delle risorse naturali. I civili hanno sopportato il peso maggiore del conflitto, con migliaia di persone che hanno perso la vita negli ultimi anni».

La notizia del nuovo massacro nella Rdc è arrivato subito dopo che Guterres era intervenur to al Consiglio di sicurezza dell’Onu per esaminare le sfide del mantenimento della pace e della sicurezza nei Paesi fragili o colpiti da conflitti.

Il segretario generale dell’Onu ha detto che « Agendo tempestivamente e preventivamente, impegnandosi strategicamente per affrontare le cause profonde dei conflitti e parlando con una sola voce, il Consiglio può mobilitare il sostegno politico e finanziario della comunità internazionale, mettere in luce aree critiche di bisogno e promuovere l’impegno di attori del conflitto dove necessario».

Ma il capo delle Nazioni Unite ha ricordato ai potenti del mondo (il più potente dei quali in queste ore sta dando un pessimo esempio attaccando la sua stessa democrazia) che «Rompere il ciclo della povertà e dei conflitti richiede il riconoscimento che la pace e lo sviluppo sostenibile sono interdipendenti, promuovendo anche l’inclusione. Garantire pari opportunità, protezione, accesso a risorse e servizi e partecipazione al processo decisionale non sono semplicemente obblighi morali e legali. Sono una condizione necessaria se i Paesi vogliono davvero uscire dalla trappola del conflitto».

In Africa i collegamenti tra conflitto e fragilità sono stati particolarmente evidenti non solo nella Rdc, ma anche nel Corno d’Africa e nel Sahel e Guterres ha evidenziato che «Il cambiamento climatico, il terrorismo, la criminalità organizzata transnazionale e la proliferazione di gruppi armati hanno solo peggiorato la situazione».

Il 2021 si è aperto, il 2 gennaio, con una strage di più di 100 abitanti in un villaggio nel Niger occidentale, compiuto probabilmente da milizie jihadiste che, come i fan di Trump, contestavano le recenti elezioni.

Il presidente del Niger, Mahamadou Issoufou, era tra i leader che hanno partecipato all’incontro virtuale del Consiglio di sicurezza dell’Onu  e ha detto che «La comunità internazionale deve mobilitarsi per aiutare i Paesi del Sahel e del bacino del Lago Ciad ad uscire da questo fragile contesto, in cui le vittime principali sono donne e bambini». Issoufou  ha espresso la speranza che «queste regioni occupino un posto di rilievo nell’agenda del Consiglio di sicurezza».

L’Onu ha collaborato e collabora con l’Unione Africana (UA) e gli organismi regionali per prevenire e risolvere i conflitti e per rafforzare la resilienza dei Paesi, ma Guterres ha ricordato che «Le operazioni di sostegno alla pace dell’UA continuano a richiedere finanziamenti prevedibili e sostenuti»  e ha esortato il Consiglio di sicurezza ad affrontare la questione.

Moussa Faki Mahamat, presidente della commissione dell’UA, ha sottolineato che «La  pandemia di Covid-19 e le sue conseguenze devastanti sulla salute e socio-economiche rappresentano un’ulteriore minaccia per le nazioni fragili. La fragilità degli Stati rimane un grande ostacolo allo sviluppo in Africa, e superare queste sfide è una priorità assoluta per l’Unione africana, e rimane uno dei pilastri della nostra agenda internazionale».

Il capo delle Nazioni Unite ha ricordato agli ambasciatori all’Onu che solo un mese fa aveva co-presieduto la quarta conferenza annuale Onu-UA, «che ha fornito l’opportunità di esprimere ancora una volta il sostegno all’iniziativa dell’UA Silencing the Guns, volta ad affrontare le cause profonde del conflitto in tutto il continente. Il mio appello per un cessate il fuoco globale, va di pari passo con questa iniziativa di punta. Rinnovo il mio appello che rivolgo da mesi a tutti coloro che sono coinvolti nella violenza, di dirigere invece  il fuoco isul nemico comune: il Covid-19».

L’ex presidente della Liberia e Premio Nobel per la Pace, Ellen Johnson Sirleaf, ha detto che nel 2021  «Il dibattito del Consiglio di sicurezza deve portare a nuovi e audaci passi verso la fine del conflitto, degli sfollamenti e della disperazione. Lo scorso anno, le Nazioni Unite hanno commemorato il loro 75° anniversario, un periodo che ha visto il segretario generale sostenere l’azione per il clima e il cessate il fuoco durante la pandemia.  Sebbene l’Agenzia Onu per i rifugiati, UNHCR, celebrerà lo stesso traguardo quest’anno, la stessa continuità della sua esistenza è un segno nella nostra coscienza collettiva. Significa che non abbiamo perseguito la pace, non abbiamo affrontato la fragilità. Le Nazioni Unite e i suoi numerosi organi, in particolare il Consiglio di sicurezza, sono stati istituiti per guidare lo sviluppo globale e l’equità globale.  Le Nazioni Unite devono continuare a rappresentare più della speranza. Devono essere un meccanismo attivo per la pace e per il crescente sostegno per le nazioni fragili che per troppo tempo sono state lasciate indietro».