Gestione rifiuti, l’orizzonte dei distretti circolari per tenere insieme prossimità e concorrenza
Giovedì scorso al Senato si è tenuto un convegno presieduto dal senatore De Priamo che ha riaperto con pragmatismo il cantiere del disegno di mercato per i rifiuti urbani avviati a recupero, ponendo al centro il principio di prossimità come leva da valorizzare e non come freno alla concorrenza.
Il dibattito si è mosso a partire dal principio di prossimità come criterio industriale da premiare e non come ostacolo alla concorrenza chiedendo una sede stabile di coordinamento tra Governo Regioni e operatori per fissare metriche semplici e verificabili chilometri percorsi tonnellate chilometro e CO₂ evitata, e per definire quando e come ricorrere a capacità extra bacino senza derogare alla qualità del servizio e alla trasparenza dei flussi indicando nel distretto circolare l’architrave operativo capace di integrare raccolta selezione piattaforme di riciclo e sbocchi industriali locali con contratti di lungo periodo e standard tecnici misurabili.
Nel corso dei lavori è emerso con nettezza che la competizione non si contrappone alla prossimità ma ne è condizione: se declinata dentro regole trasparenti di qualità del servizio e di tracciabilità dei flussi la prossimità riduce costi ambientali e logistici, rende più prevedibili i tempi autorizzativi e consolida la sicurezza dell’approvvigionamento di capacità impiantistica, mentre la concorrenza correttamente regolata assicura efficienza investimenti e innovazione, evitando rendite di posizione e favorendo la bancabilità dei progetti
Dal fronte tecnico istituzionale Laura D’Aprile – direttrice generale del Mase – ha ricordato come il principio di prossimità sia oggi uno degli assi strategici del Pnfr, pensato per promuovere impianti adeguati e ridurre la dipendenza da trasferimenti extra regionali, e ha sintetizzato la rotta con un messaggio chiaro per l’attuazione del principio di prossimità, per cui è essenziale una rete impiantistica integrata.
Sul piano scientifico, la direttrice generale di Ispra, Maria Siclari, ha rimarcato l’importanza dei dati ambientali come strumento di pianificazione e trasparenza affermando che servono dati aggiornati per verificare la pianificazione regionale. Per Stefano Ciafani, presidente di Legambiente, due sindromi affliggono il Paese: non solo la Nimby ma anche la Nimto, che blocca opere strategiche e la transizione ecologica, perché si teme il conflitto e si rinvia al mandato successivo.
In questa prospettiva prende corpo il concetto di distretto circolare come architrave del nuovo disegno di mercato: un perimetro territoriale funzionale non meramente amministrativo che integri raccolta differenziata, impianti di pretrattamento e selezione per carta, plastiche, organico, piattaforme di riciclo e sbocchi industriali per i materiali prodotti, creando simbiosi tra utility, gestori consorzi di filiera e manifattura locale. Il distretto circolare accorcia le distanze aggrega volumi omogenei, eleva gli standard qualitativi del rifiuto da riciclare e consente contratti di lungo periodo legati a parametri oggettivi di performance riducendo la volatilità dei corrispettivi e promuovendo investimenti in tecnologia e controllo qualità.
Il tavolo proposto dovrà quindi superare l’attuale frammentazione, definendo criteri condivisi per misurare la prossimità in termini di chilometri, tonnellate, CO₂ evitata e coerenza impiantistica del bacino, stabilendo quando e come sia legittimo ricorrere a capacità extra bacino e quali garanzie pretendere sulla qualità del servizio la certezza regolatoria; dovrà accompagnarsi a un set minimo di standard tecnici per gli impianti di selezione e recupero, a obblighi di trasparenza sui flussi e a schemi contrattuali tipo, che incentivino la resilienza dei distretti anche nei picchi stagionali o in caso di fermi non programmati.
Il distretto circolare non è un recinto chiuso ma una piattaforma aperta che premia chi investe in qualità e tracciabilità, ed è in grado di competere oltre il proprio perimetro quando vi siano benefici ambientali ed economici dimostrabili; così la prossimità diventa un criterio industriale e non una bandiera ideologica, orientando le scelte localizzative.
Dal Senato arriva dunque un’indicazione chiara: premiare la prossimità come fattore di sostenibilità e sicurezza del sistema e farne un alleato della concorrenza responsabile, accompagnando le Regioni e i territori nella costruzione di veri distretti circolari capaci di chiudere il ciclo vicino ai luoghi di produzione, creare filiere industriali del riciclo e generare valore per cittadini e imprese, con un quadro di governance che metta al centro misurabilità qualità e trasparenza.