Ecomafia 2019, le storie e i numeri della criminalità ambientale secondo Legambiente

Ciafani (Legambiente): «Lotta all'illegalità? In questi mesi il Governo ha risposto facendo l’esatto contrario, approvando il condono edilizio e il decreto Sblocca cantieri»

[4 Luglio 2019]

Secondo il rapporto “Ecomafia 2019. Le storie e i numeri della criminalità ambientale in Italia” di Legambiente, «nella Penisola continua l’attacco di ecocriminali ed ecomafiosi nei confronti dell’ambiente: ciclo illegale del cemento e dei rifiuti, filiera agroalimentare e racket degli animali sono nel 2018 i settori prediletti dalla mano criminale che continua a fare super affari d’oro».

In realtà, nel 2018 il bilancio complessivo dei reati contro l’ambiente cala, anche se di poco: «Passa dagli oltre 30mila illeciti registrati nel 2017 ai 28.137 reati (più di 3,2 ogni ora) accertati lo scorso anno, soprattutto a causa della netta flessione, fortunatamente, degli incendi boschivi (-67% nel 2018) e in parte alla riduzione dei furti di beni culturali (-6,3%). Diminuiscono inoltre le persone denunciate – 35.104 contro le oltre 39mila del 2017 – così come quelle arrestate, 252 contro i 538 del 2017, e i sequestri effettuati – 10mila contro gli 11.027 del 2017». Ma l’ecomafia sembra guadagnare di più: «L’aggressione alle risorse ambientali del Paese si traduce in un giro d’affari che nel 2018 ha fruttato all’ecomafia ben 16,6 miliardi di euro, 2,5 in più rispetto all’anno precedente e che vede tra i protagonisti ben 368 clan, censiti da Legambiente e attivi in tutta Italia».

Il rapporto evidenzia che «sul fronte dei singoli illeciti ambientali, nel 2018 aumentano sia quelli legati al ciclo illegale dei rifiuti che si avvicinano alla soglia degli 8mila (quasi 22 al giorno) sia quelli del cemento selvaggio che nel 2018 registrano un’impennata toccando quota 6.578, con una crescita del +68% (contro i 3.908 reati del 2017). Un incremento che – aggiungono da Legambiente – si spiega con una novità importante di questa edizione del rapporto Ecomafia: per la prima volta rientrano nel conteggio anche le infrazioni verbalizzate dal Comando carabinieri per la tutela del lavoro, in materia di sicurezza, abusivismo, caporalato nei cantieri e indebita percezione di erogazioni ai danni dello stato, guadagni ottenuti grazie a false attestazioni o missione di informazioni alla Pubblica amministrazione. Nel 2018 lievitano anche le illegalità nel settore agroalimentare, sono ben 44.795, quasi 123 al giorno, le infrazioni ai danni del Made in Italy (contro le 37mila del 2017)e il fatturato illegale – solo considerando il valore dei prodotti sequestrati – tocca i 1,4 miliardi (con un aumento del 35,6% rispetto all’anno)».

In leggera crescita anche i delitti contro gli animali e la fauna selvatica con 7291 reati – circa 20 al giorno – contro i 7mila del 2017. Come già detto, calano invece, grazie a condizioni meteoclimatiche sfavorevoli agli ecocriminali, gli incendi boschivi: un crollo da 6.550 del 2017 ai 2.034 del 2018.

Per Legambiente «anche nel 2018 si conferma l’ottima performance della legge 68/2015 sugli ecoreati, che sin dall’inizio della sua entrata in vigore (giugno 2015) sta stando un contributo fondamentale nella lotta agli ecocriminali, con più di mille contestazioni solo nello scorso anno e un trend in costante crescita (+129%)». Sarebbe però interessante approfondire anche l’altro lato della medaglia, ovvero osservare che fine fanno effettivamente questo tipo di contestazioni: come documenta il report Istat pubblicato lo scorso anno I reati contro ambiente e paesaggio: i dati delle procure, già con l’introduzione del Testo unico ambientale nel 2006 i procedimenti penali sono aumentati del 1300% ma le indagini durano in media 457 giorni, e inoltre il 40% dei casi poi c’è l’archiviazione (che arriva al 77,8% guardando alla legge sugli ecoreati, dati riferiti al 2016)

Il presidente di Legambiente Stafano Ciafani ha detto che «con questa edizione del rapporto Ecomafia e le sue storie di illegalità ambientale vogliamo dare il nostro contributo, fondato come sempre sui numeri e una rigorosa analisi della realtà, per riequilibrare il dibattito politico nazionale troppo orientato sulla presunta emergenza migranti e far sì che in cima all’agenda politica del nostro Paese torni ad esserci anche il tema della lotta all’ecomafie e alle illegalità. Un tema sul quale in questi mesi il Governo ha risposto facendo l’esatto contrario, approvando il condono edilizio per la ricostruzione post terremoto sull’isola di Ischia e nelle zone del cratere del Centro Italia, e il decreto Sblocca cantieri con cui ha allargato le maglie dei controlli necessari per contrastare infiltrazioni criminali e fenomeni di corruzione. Per fortuna si conferma la validità della legge 68 del 2015, che ha inserito i delitti ambientali nel Codice penale, con buona pace dei suoi detrattori che negli ultimi anni hanno perso voce e argomenti per denigrarla. Risultati che dovrebbero indurre a completare la riforma di civiltà inaugurata con la normativa sugli ecoreati: il nostro auspicio è che il Governo e il Parlamento invertano il prima possibile la rotta intrapresa e abbiano il coraggio di continuare il lavoro che nella scorsa legislatura ha visto approvare il maggior numero di norme ambientali di iniziativa parlamentare della storia repubblicana».

Ma questo non toglie che in Italia ci sia una normativa ambientale confusa e contradditoria, che impedisce alle aziende sane di operare secondo norma di legge, lasciando (dunque) mano libera alla criminalità. Criminalità che leggi più repressive non possono sperare di fermare, senza essere accompagnate da una robusta e rapida semplificazione normativa che riesca a rendere praticabile e preferibile l’economia legale a quella illegale. In questo senso sarebbe bene capire meglio il perché dell’aumento dei reati che hanno a che vedere con la gestione dei rifiuti e quanti di questi “reati” siano  legati alle grandi difficoltà – denunciate solo pochi giorni fa proprio durante l’EcoForum organizzato da Legambiente – che vive l’intero settore dell’economia circolare: impianti regolarmente autorizzati a operare bloccati da indagini nell’attesa che venga chiarita l’effettiva presenza di illeciti o meno, posti di lavoro in apnea, difficoltà crescenti nella gestione dei rifiuti che nel mentre cittadini e imprese continuano a produrre. E, soprattutto, il moltiplicarsi di fenomeni Nimto (Not in my terms of office, non durante il mio mandato elettorale) che dalle amministrazioni locali fino al governo nazionale fomenta i casi Nimby (Not in my back yard, non nel mio cortile) presenti sul territorio, impedendo la realizzazione degli impianti necessari lungo l’intera filiera della gestione rifiuti: e se gli impianti necessari non ci sono, l’unico scenario rimanente è quello dell’illegalità. Perseguire gli ecoreati senza realizzare un sufficiente numero di impianti legali evidentemente non paga, come mostrano anche i numeri in crescita censiti da Legambiente.