Le emissioni delle navi creano cambiamenti nelle nuvole misurabili a livello regionale

Un inquinamento che riduce l’effetto serra prodotto dalle stesse emissioni. Ma gli effetti sono difficilmente rilevabili

[9 Aprile 2020]

Una nave portacontainer lascia dietro di sé una scia di fumi di scarico, nuvole “bianche” che possono restare in aria per ore. Questa traccia vaporosa non è solo uno scarico del motore, ma rappresenta un cambiamento per le nuvole che sovrastano mari e oceani, causato dalle piccole particelle inquinanti scaricate nell’aria.
A rivelarlo è lo studio “Substantial Cloud Brightening From Shipping in Subtropical Low Clouds”, pubblicato recentemente su Agu Advances da un team di ricercatori dell’università di Washington – Seattle (UW) e dell’Institut für Atmosphäre und Umwelt della Goethe-Universität Frankfurt am Main, che per primo ha misurato l’effetto di questo fenomeno nel corso degli anni e su scala regionale.
All’UW spiegano che «I dati satellitari su una rotta di navigazione nell’Atlantico meridionale mostrano che le navi modificano le nuvole fino a impedire in media 2 Watt di energia solare di raggiungere ogni metro quadrato di superficie oceanica vicino alla shipping lane». Questo implica che, a livello globale, «i cambiamenti delle nuvole causati da particelle provenienti da tutte le forme di inquinamento industriale bloccano 1 Watt di energia solare per metro quadrato della superficie terrestre, mascherando quasi un terzo del riscaldamento odierno da gas serra».
Il principale autore dello studio, Michael Diamond dell’UW, evidenzia che «Nei modelli climatici, se simuli come è il mondo con le emissioni di zolfo dello shipping e simuli il mondo senza queste emissioni, nei modelli c’è un considerevole effetto di raffreddamento prodotto dai cambiamenti nelle nuvole dovuti al traffico commerciale marittimo. Ma, dato che c’è così tanta variabilità naturale, è stato difficile vedere questo effetto nelle osservazioni del mondo reale».
Il nuovo studio, finanziato dalla NASA e dalla National Science Foundation, utilizza osservazioni che vanno dal 2003 al 2015 realizzate in primavera, la stagione clou, sulla rotta marittima tra Europa e Sudafrica. Questa linea fa anche parte di una trafficatissima rotta marittima tra l’Europa e l’Asia.
Gli scienziati spiegano ancora: «Piccole particelle nello scarico della combustione di combustibili fossili creano “semi” sui quali il vapore acqueo nell’aria può condensarsi nelle goccioline delle nuvole. Più particelle di solfato nell’aria o altro materiale disperse nell’aria portano a nuvole con goccioline più piccole, rispetto alla stessa quantità di acqua condensata in meno goccioline più grandi. Questo rende le nuvole più luminose o più riflettenti».
I precedenti tentativi di misurare questo effetto sulle nuvole da parte delle navi si erano concentrati su luoghi in cui il vento soffia attraverso la rotta di navigazione, per confrontare l’area “pulita” sottovento con l’area “inquinata” a valle. Ma in questo studio i ricercatori si sono concentrati su un’area che era stata precedentemente esclusa: un luogo dove il vento soffia lungo la rotta di navigazione, mantenendo l’inquinamento concentrato in quella piccola area. Lo studio ha analizzato le proprietà delle nuvole rilevate nell’arco di 12 anni utilizzando lo strumento MODIS montato sui satelliti della Nasa e la quantità di luce solare riflessa nella parte superiore dell’atmosfera grazie al gruppo di strumenti satellitari CERES. Gli autori dello hanno confrontato le proprietà delle nuvole all’interno della rotta di spedizione, stimando, sulla base di statistiche provenienti da aree vicine e non inquinate, come sarebbero state quelle stesse proprietà in assenza di traffico navale commerciale. Una coautrice dello studio, la statistica dell’UW Hannah Director, sottolinea che «La differenza all’interno della rotta di shipping era abbastanza piccola da richiedere circa 6 anni di dati per confermare che era reale. Tuttavia, se questo piccolo cambiamento si verificasse in tutto il mondo, sarebbe sufficiente a influenzare le temperature globali».
Una volta che sono stati in grado di misurare l’effetto delle emissioni delle navi sulle radiazioni solari, i ricercatori hanno utilizzato quei dati per stimare l’impatto riflettente sulle nuvole causate da tutto l’inquinamento industriale che ha influenzato il clima in generale.
Mediamente, a livello globale, hanno scoperto cambiamenti nelle nuvole basse causati dall’inquinamento proveniente da tutte le fonti che bloccano 1 Watt di energia solare per m2, rispetto ai circa 3 Watt per m2 intrappolati oggi dai gas serra emessi a loro volta dalle attività industriali. In altre parole, dicono, »Senza l’effetto di raffreddamento delle nuvole seminate dall’inquinamento, la Terra avrebbe già potuto riscaldarsi di 1,5 gradi Celsius (2,7 F), un cambiamento che secondo le proiezioni dell’Intergovernmental panel on climate change avrebbe significativi impatti sulla società. (Per fare un confronto, oggi si stima che la Terra si sia riscaldata di circa 1° C, o 1,8° F, dalla fine del 1800)».
Un altro autore dello studio, Robert Wood del Department of atmospheric sciences dell’UW, penz sa che «Il più grande contributo di questo studio sia la nostra capacità di generalizzare, di calcolare una valutazione globale dell’impatto complessivo dell’inquinamento da solfati sulle nuvole basse».
I ricercatori sono convinti che i risultati dello studio «hanno anche implicazioni per un possibile meccanismo di intervento deliberato sul clima», cioè di geoingegneria, e suggeriscono che «Le strategie per rallentare temporaneamente il riscaldamento globale spruzzando particelle di sale per rendere più riflettenti le nuvole marine ai livelli più bassi, note come schiarimento delle nuvole marine, potrebbero essere efficaci», ma ammettono anche che «Questi cambiamenti potrebbero richiedere anni per essere facilmente osservati».
Diamond conclude: «Quello che questo studio non ci dice affatto è: la luminosità delle nuvole marine è una buona idea? Dovremmo farlo? C’è da fare molta più ricerca per approfondirlo, anche nel campo delle scienze sociali e umanistiche. Lo studio ci dice che questi effetti sono possibili e, su una nota più cautelativa, che questi effetti potrebbero essere difficili da rilevare con sicurezza».