Le nanoplastiche alterano il microbioma intestinale e minacciano la salute umana

Bisogna cambiare le abitudini umane e basare le politiche su decisioni informate sui rischi noti e sulle alternative disponibili

[23 Dicembre 2020]

Viviamo in un mondo invaso dalla plastic e il fatto che sia un materiale lavabile, chimicamente stabile, versatile e polivalente ne ha reso più difficile la regolamentazione e ne ha favorito un utilizzo massiccio che, alla fine, ha prodotto l’attuale situazione di inquinamento planetario da macro, micro e nano plastiche. Infatti, quando si degrada e si trasforma in nanoparticelle, la plastica possiamo trovarla anche nell’acqua che beviamo, nell’aria che respiriamo e in quasi tutto ciò che tocchiamo. E’ così che le nanoplastiche penetrano nell’organismo e producono effetti collaterali.

Lo studio “Insights into nanoplastics effects on human health”, pubblicato su Science Bulletin  da un team di ricercatori spagnoli dell’Universitat Autònoma de Barcelona (UAB) e del Creaf e portoghesi del  Centro do estudos do ambiente e do mar (CESAM) dell’Universidade de Aveiro, ha verificato se le nanoplastiche influenzano la composizione e la diversità del nostro microbioma intestinale e se questo può causare danni alla nostra salute.  All’UAB ricordano che «Questo effetto è riscontrabile sia nei vertebrati che negli invertebrati, ed è stato dimostrato in situazioni in cui l’esposizione è diffusa e prolungata. Inoltre, con l’alterazione del microbioma intestinale si verificano alterazioni nel sistema immunitario, endocrino e nervosa». Quindi, sebbene non si sappia abbastanza sui meccanismi fisiologici specifici, lo studio avverte che «Lo stress per il microbioma intestinale potrebbe alterare la salute degli esseri umani».

Di solito, gli effetti sulla salute dell’esposizione alle nanoplastiche sono stati tvalutati negli animali acquatici come molluschi, crostacei e pesci. Recentemente, l’analisi in vitro, realizzata utilizzando colture cellulari di pesci e mammiferi, ha consentito agli scienziati di analizzare da un punto di vista tossicologico i cambiamenti nell’espressione genica associati alla presenza di nanoplastiche. Gli autori dello studio evidenziano che «La maggior parte dei tratti neurologici, endocrini e immunologici in questi vertebrati sono molto simili a quelli umani, e pertanto alcuni degli effetti osservati in questi modelli potrebbero essere applicati anche agli esseri umani».

Comprendere e analizzare il processo attraverso il quale questi frammenti di plastica penetrano nell’organismo e lo danneggiano è fondamentale, così come lo è determinare con precisione la quantità e la tipologia di nanoplastiche che inquinano l’ambiente. Per questo, ricercatori catalane e portoghesi sottolineano la necessità di studiare ulteriormente i meccanismi e gli effetti specifici sui modelli di cellule umane.

La principale autrice dello studio, Mariana Teles , commenta: «Questo studio non mira a lanciare l’allarme, ma cerca di mettere in guardia sul fatto che la plastica può essere presente in quasi tutto ciò che ci circonda, non si disintegra e noi ne siamo costantemente esposti. Al momento, possiamo solo speculare sugli effetti a lungo termine che questo può avere sulla salute umana, anche se abbiamo già prove in diversi studi che descrivono alterazioni ormonali e immunitarie nei pesci esposti alle  nanoplastiche e che potrebbero essere applicate all’uomo».

Lo studio presenta le principali fonti ambientali attraverso le quali le nanoplastiche entrano nel corpo umano e riassume come sono in grado di penetrare nel corpo: «Ingerendole, occasionalmente inalandole, e molto raramente entrando in contatto con la pelle umana. Una volta ingeriti, vengono escreti fino al 90% dei frammenti di plastica che raggiungono l’intestino. Tuttavia, una parte è frammentata in nanoplastiche che sono in grado, grazie alle loro piccolo dimensioni e alle loro proprietà molecolari, di penetrare nelle cellule e causare effetti dannosi».

Lo studio sottolinea che «Sono state descritte alterazioni nell’assorbimento del cibo, reazioni infiammatorie nelle pareti intestinali, cambiamenti nella composizione e nel funzionamento del microbioma intestinale, effetti sul metabolismo del corpo e capacità di produrlo, e infine, alterazioni nelle risposte immunitarie».

I ricercatori mettono in guardia sulla possibilità che di «Un’esposizione a lungo termine alla plastica, accumulata nel corso delle generazioni, potrebbe lasciare il posto a cambiamenti imprevedibili anche nel genoma stesso, come è stato osservato in alcuni modelli animali».

Il Grup d’Immunologia Evolutiva, IBB-UABteam della Teles  ha recentemente pubblicato su Environmental Sciece: Nano lo studio “Polystyrene nanoplastics accumulate in ZFL cell lysosomes and in zebrafish larvae after acute exposure, inducing a synergistic immune response in vitro without affecting larval survival in vivo” che analizza le conseguenze dell’esposizione a nanoplastiche nel sistema immunitario di un pesce zebra (un piccolo pesce tropicale ampiamente utilizzato come organismo modello per la ricerca). Gli scienziati concludono che «Le nanoplastiche possono accumularsi sia nelle cellule che negli embrioni del pesce zebra, causando inoltre cambiamenti nei livelli dei geni rilevanti per il corretto funzionamento del sistema immunitario dell’animale. Nonostante questo fatto, la capacità degli embrioni di pesce zebra di sopravvivere a un’infezione batterica non è stata influenzata dall’esposizione alle nanoplastiche».

Il team di ricercatori evidenzia comunque la necessità di proseguire la ricerca in questo campo, «dato che la presenza di microplastiche e nanoplastiche nei nostri ecosistemi è una questione ambientale estremamente cruciale che necessita di risposte per capire fino a che punto possano esseci possibili conseguenze».

Il nuovo studio di revisione fa notare che «Sono state testate diverse tecniche per eliminare le nanoplastiche dall’acqua, come la filtrazione, la centrifugazione e la flocculazione delle acque reflue e il trattamento dell’acqua piovana. Sebbene i risultati siano promettenti, sono limitati al trattamento di particelle di plastica più grandi e quindi fino ad oggi non è stata trovata alcuna soluzione efficace per l’eliminazione delle nanoplastiche dall’ambiente».

La Teles conclude: «Per risolvere questo problema dell’inquinamento da plastica, devono cambiare le abitudini umane e le politiche dovrebbero essere basate su decisioni informate sui rischi noti e sulle alternative disponibili. Azioni individuali come l’uso di prodotti più rispettosi dell’ambiente e un aumento degli indici di riciclaggio sono importanti. Le autorità possono promuovere queste azioni a favore dell’ambiente attraverso stimoli economici, come vantaggi fiscali per il riutilizzo della plastica come materia prima industriale, nonché sistemi di deposito delle bottiglie per i consumatori».