Perché la marea nera a Mauritius è così grave: colpite la biodiversità e l’economia

L’armatore giapponese coinvolto in altri incidenti. La nave naufragata non era autorizzata

[13 Agosto 2020]

La quantità di idrocarburi – gasolio ed olio pesante –  fuoriuscita l dalla MV Wakashio, il cargo giapponese ma battente bandiera panamense naufragato sulla barriera corallina di Mauritius, costiere del sud-est delle Mauritius è relativamente poca rispetto alle grandi maree nere che si sono verificate in passato nel mondo, ma tutti gli esperti concordano sul fatto che il danno che farà sarà enorme e di lunga durata».

Intanto, mentre la nave è stata completamente svuotata dal carburante rimasto e  migliaia di volontari cercano di fermare la marea nera, il capitano della Wakashio non ha saputo spigare come abbia potuto sbattere sul paradiso di Mauritius mentre la rotta prevista passava davanti alle coste africane. E’ anche venuto fuori, a quanto scrive l’Agence France Presse (AFP),  che la Mitsui OSK Lines, l’impresa giapponese proprietaria della  Wakashio è già stata coinvolta in diversi incidenti, compresa la marea provocata nel 2006 dalla petroliera Bright Artemis, rimasta danneggiata mentre cercava di soccorrere l’equipaggio di un’altra nave, il che comportò lo sversamento nell’Oceano Indiano di 4.500 tonnellate di greggio,

Nel 2013, sempre nell’Oceano Indiano affondò un portacontainer della Mitsui OSK Lines.

Eppure la storia di questi armatori giapponesi risale addirittura 1878. Avviata come trasporto passeggeri, prima nazionale e poi transatlantico con l’America, l’attività della compagnia di navigazione è sopravvissuta alla Seconda Guerra Mondiale, trasformandosi in cargo per trasportare le auto giapponesi e per importare gas e petrolio in Giappone. Dopo diversi cambi di nome è diventata Mitsui OSK Lines nel 1999 e attualmente gestisce ben 740 navi e impiega più di mille persone.

Ma l’incidente avvenuto a Mauritius, e il pressappochismo e la negligenza che stanno mergendo, potrebbero costare molto caro alla compagnia giapponese. In una conferenza stampa, Akihiko Ono, vicepresidente esecutivo della Mitsui OSK Lines si è profuso in scuse per la marea nera e per «I grandi problemi che abbiamo causato». Ma ci vorranno molto di più che le scuse per far fonte alla rabbia e alla disoerazione che si legge negli occhi della gente di Mauritius di fronte a questa catastrofe che ha colpito il cuore ambientale pulsante della loro isola e che rischia di dare un colpo mortale all’industria turistica già in ginocchio per il Covid-19.

Infatti, a differenza della maggior parte delle precedenti fuoriuscite di idrocarburi in mare aperto, questa è avvenuta vicino a due ecosistemi marini protetti e al Blue Bay Marine Park, una zona umida di importanza internazionale, riconosciuta dalla Convenzione di Ramsar.

I ritardi nell’intervento, dovuti sembra a dissidi burocratico/assicurativi, hanno fatto sì che una fuoriuscita di gasolio e olio pesante tutto sommato modesta e contenibile, penetrasse nel cuore di habitat unici e delicatissimi, con un impatto ambientale che appare già gravissimo.

Come scrive Navin Singh Khadka, corrispondente ambientale di BBC World Service, «Le splendide acque turchesi della laguna blu fuori dal villaggio costiero di Mahébourg a Mauritius, lo sfondo di numerosi film di Bollywood, sono ora macchiate di nero e marrone».

La MV Wakashio, si è incagliata a Pointe d’Esny il 25 luglio e il 6 agosto sono iniziati a fuoriuscire idrocarburi, nessuno era intervenuto per prevenure una marea nera che ora si estende tra la terraferma a Pointe D’Esny e l’Ile-aux-Aigrettes. Solo il 7 agosto, quasi due settimane dopo il naufragio, il governo di Mauritius ha l’emergenza nazionale per l’incidente.

Bruneau Laurette, responsabile mare di Seraph Mauritius – Seraph Protection Group, ha presentato una denuncia contro il capitano e l’equipaggio della Wakashio accusandoli di essere entrati nel territorio di Mauritius senza nessuna autorizzazione e il suo legale Sanjeev Teeluckdharry ha detto che «La dispersione di prodotti tossici può essere considerata come un atto di guerra. Perché, dopo 21 giorni, non abbiamo ancora dei documenti ufficiali che ci informino sui componenti dei prodotti che si trovavano su quella nave».

Laurette ha denunciato anche il ministro della pesca Sudheer Maudhoo e quello dell’ambiente Kavydass Ramano e il direttore dello Shipping, Alain Donat, per «Omissione colpevole».

Si pensa che più di 1.000 tonnellate di carburante siano fuoriuscite dalla nave e finite nella laguna. E’ stata avviata un’enorme operazione di bonifica che si basa soprattutto su centinaia di mauriziani che si sono offerti volontariamente di aiutare a fermare la catastrofe, costruendo panne artigianali fatte di stoffa e fieno e riempite addirittura anche di capelli umani.

Mauritius è un hotspot di biodiversità con un’alta concentrazione di piante e animali unici nella regione. Sunil Mokshananda, un ex stratega di Greenpeace, che si trova su un’isola vicino al sito del naufragio, ha detto alla BBC: «Il vento e le correnti d’acqua non stanno aiutando, stanno portando il petrolio verso le aree che hanno ecosistemi marini vitali».

Secondo la Convention on biological diversity dell’Onu, nel mare di Mauritius vivono 1.700 specie tra cui circa 800 di pesci, 17 di mammiferi marini e due specie di tartarughe, barriere coralline, praterie di fanerogame e boschi costieri di mangrovie rendono le acque mauriziane straordinariamente ricche di biodiversità.

La biologa marina Corina Ciocan dell’università di Brighton, ha sottolineato che «Sono rimaste pochissime aree marine di questo tipo con una biodiversità così ricca sul pianeta. Lì, una fuoriuscita di petrolio come questa avrà un impatto su quasi tutto. Non si tratta solo della chiazza di petrolio causata dalla fuoriuscita che si vede sulla superficie dell’acqua. Ci saranno anche composti solubili dell’olio pesante che si dissolveranno nell’acqua, uno strato simile a una mousse sotto la superficie dell’acqua, e poi residui molto pesanti sul fondale, così l’intero ecosistema marino ne sarà influenzato».

Una maggiori preoccupazioni riguarda le barriere coralline nella laguna che ospitano una biodiversità unica e vibrante che è diventata anche una risorsa turistica grazie alla creazione di aree marine protette.

Secondo la National Oceanic and Atmospheric Administration degli Stati Uniti, circa il 25% dei pesci nell’oceano dipende da barriere coralline sane. Le barriere coralline proteggono le coste dalle tempeste e dall’erosione e i loro  ecosistemi marini sono i principali pilastri del turismo mauriziano, che è una parte importantissima dell’economia del Paese.

Potrebbe bastare quella che sembra una goccia nera nell’immensità dell’Oceano a cambiare il destino di un intero piccolo Paese.