Un disastro ambientale in corso in Kamchatka minaccia il sito Unesco dei Vulcani

La testimonianza e le foto di Greenpeace Russia. Le autorità russe: fenomeno naturale. I bologi: qui c’è un veleno più forte

[6 Ottobre 2020]

Un team di Greenpeace Russia è andato nella remota nella penisola di Kamchatcka, nell’estremo oriente russo, per «raccogliere testimonianze dirette dell’inquinamento del mare, ancora di origine ignota, che sta interessando la spiaggia di Khalaktyrsky e altre baie vicine e che si sta muovendo verso un sito Unesco patrimonio dell’umanità».

Secondo Greenpeace, le foto e i video raccolti dal suo team «mostrano un inquinamento sotto forma di diversi plume (area marina interessata dalla contaminazione) di origine e provenienza ignota, uno dei quali si sta muovendo verso il sito Unesco  “Volcanoes of Kamchatka”». Al momento gli attivisti sono riusciti ad ispezionare le baie a sud di Petropavlovsk-Kamchatsky.

Vasily Yablokov di Greenpeace Russia spiega che «Abbiamo osservato in vari punti una schiuma giallastra sulla superficie del mare. E, oltre a ciò, l’acqua stessa era opaca. In uno dei luoghi ispezionati, abbiamo trovato animali morti. Un certo volume di inquinanti si muove lungo la costa non solo in superficie, ma anche in profondità».

Oggi, i dipendenti della Riserva di Kronotsky, insieme agli specialisti della filiale della Kamchatka dell’Istituto di ricerca russo per la  pesca e oceanografia (KamchatNIRO), hanno riferito che il numero di organismi marini di fondale nella baia di Avacha era diminuito del 90% e un subacqueo professionista che si è unito al team di ispezione  ha detto di aver visto un gran numero di pesci, ricci di mare e altri animali morti. A Capo Nalychevo la visibilità in acqua è praticamente ridotta a zero.

L’ipotesi avanzata subito dalle autorità russe è quella di un fenomeno naturale ma, in un’intervista a Interfax, il biologo Vladimir Rakov, specialista capo del laboratorio di ecotossicologia marina dell’Istituto oceanologico del Pacifico della sezione dell’Estremo Oriente dell’Accademia delle scienze russa, ha messo in dubbio questa versione facendo notare che «La morte degli animali marini non potrebbe essere stata causata dalla fioritura di microalghe tossiche: la fioritura di microalghe tossiche nelle acque fredde della Kamchatka è estremamente rara. Inoltre, solo alcune specie di vita marina sarebbero morte. Probabilmente qui c’è un veleno più forte».

Negli giorni scorsi l’oceano Pacifico che bagna la Kamchatka è stato inquinato in circostanze non ancora chiare: «Le spiagge erano ricoperte di animali marini morti portati a riva dalla corrente e l’acqua ha cambiato colore e densità – denuncia Greenpeace – Dopo le prime verifiche, le autorità locali hanno riferito che l’acqua conteneva una quantità di prodotti petroliferi quattro volte superiore ai limiti massimi consentiti e il fenolo in concentrazione 2,5 volte più alta rispetto ai limiti. Vista la gravità della contaminazione sono già stati avviati diverse indagini, mentre l’ufficio del procuratore generale ha annunciato che sta prendendo il controllo della gestione dell’inquinamento in Kamchatka. Le autorità locali e di vigilanza hanno raccolto campioni per le analisi di laboratorio di cui si attendono i risultati».

Greenpeace chiede al governo russo di «prestare attenzione ai frequenti incidenti e rafforzare le politiche ambientali adottando un programma a lungo termine di trasformazione verde dell’economia russa».