Legambiente sulla proposta del sindaco di Capoliveri di boe intelligenti a Pianosa

Basta con lo scandalo internazionale dell’Area marina protetta dell’Arcipelago Toscano

[23 Agosto 2016]

Le nostre denunce sui furbetti degli yacht ormeggiati o in transito nell’area marina a protezione integrale di Pianosa e sui bracconieri che continuano a derubare tutti di un tesoro di biodiversità,  hanno sollevato un acceso dibattito e, lasciando da parte le fesserie di chi accusa il parco di voler chiedere un’isola che invece l’area protetta ha aperto alle visite a terra e alle immersioni subacquee,  ha fatto scalpore la proposta  del Sindaco di Capoliveri ed ex Commissario del Parco Nazionale,  Ruggero Barbetti, che sulla sua pagina Facebook scrive:  «Apriamo Pianosa alle barche con un sistema controllato di boe a pagamento come per i diving. Pianosa è un bene comune».  Una proposta rilanciata dal Sindaco di Rio nell’Elba  Claudio de Santi che ha scritto a sua volta: «Boe intelligenti a Pianosa, ma anche all’Elba, un sistema appunto “intelligente” per ancoraggi che distribuiscono bene il carico nelle rade, non distruggono la posidonia e fanno incassare qualche soldo».

Quella delle boe intelligenti, per evitare l’ancoraggio selvaggio che vediamo anche all’Elba, è una vecchia proposta di Legambiente che è stata ignorata e lasciata cadere proprio dalle amministrazioni comunali elbane, è quindi un bene che oggi torni in auge e che qualche sindaco la faccia propria.

Barbetti, che avanzò la proposta delle boe intelligenti a Pianosa quando era Commissario del Parco Nazionale,  però una qualche contraddizione per Pianosa la sconta: ora, di fronte agli yacht dei ricchi l’Isola è diventata nuovamente “bene comune”, mentre quest’inverno Barbetti voleva trasformala in un centro di raccolta per migliaia di profughi e proponeva come modello quello  australiano: la deportazione nelle isole di Nauru e Manu, che il Guardian ha rivelato essere dei veri e propri lager, dove i migranti venivano violentati, picchiati e si suicidavano, e che i governi di Nauru e di Papua Nuova Guinea hanno deciso di chiudere.

Le boe “intelligenti”, che sono già abbondantemente utilizzate in altre Aree marine protette, sono certamente meglio di un fallimentare lager per poveri cristi, ma Barbetti e  de Santi  si scordano di aggiungere una cosa: a Pianosa non esiste una vera e propria Area marina protetta e per quanto riguarda l’Elba sono stati proprio i comuni ad aver impedito che se ne potesse solo discutere.  Solo Capraia si è portata avanti con l’istituzione dell’Area marina protetta  con una zonazione che è già stata approvata dal Consiglio regionale. Il Giglio ci sta lavorando per Giannutri.

Come ben sa Barbetti, che è uno dei pochi sindaci favorevoli all’Area marina protetta, le boe per i diving a Pianosa sono state realizzate – dopo un iter infinito – grazie al loro carattere “sperimentale” e all’impegno del Parco Nazionale a monitorare costantemente l’impatto delle immersioni su un mare che probabilmente non ha uguali nel Mediterraneo e che era completamente precluso ad ogni attività prima dell’istituzione del Parco Nazionale dell’Arcipelago Toscano. Se l’area di tutela marina integrale di Pianosa –  assegnata al Parco con un Decreto Ministeriale addirittura successivo al Decreto del Presidente della Repubblica del 1996 che istituisce il Parco Nazionale dell’Arcipelago Toscano –  non diventerà a tutti gli effetti un’Area marina  protetta, sarà difficile far passare le boe per i “poveri  ricchi”  che si lamentano di non poter andare a Pianosa con gli yacht, cosa che, comunque,  non ci sembra proprio una priorità per Pianosa, il suo mare, il suo ambente e per quella economia civile che potrebbe consentire all’Isola di ospitare altre attività economiche compatibili.

Il vero scandalo non sono le multe che devono giustamente pagare i furbetti degli yacht che violano il mare protetto di Pianosa, disposti a pagare sanzioni per loro irrisorie, il vero scandalo è che non sia stata ancora istituita l’Area marina protetta dell’Arcipelago Toscano prevista da una legge del 1982, confermata dalla legge quadro sulle aree protette del 1991 e dalle successive modifiche e che l’Italia si era di fatto impegnata a istituire entro il 2012 con la Convenzione di Barcellona e poi con gli impegni presi nei summit della Convention on biological diversity dell’Onu che prevedono che almeno il 10% del nostro mare sia tutelato da Aree marine protette.

E’ arrivato il momento di sanare lo scandalo internazionale di un Parco Nazionale che ha vincoli a mare ma non una vera e propria area marina protetta. E’ arrivato il momento che il localismo che ha impedito per 34 anni che si facesse l’Area marina protetta dell’Arcipelago Toscano si assuma tutte le responsabilità di una politica arretrata e dannosa. Poi potremo anche parlare delle boe intelligenti per gli yacht a Pianosa.