L’orso M49 catturato in Trentino è scappato, di nuovo

Catturato già nel luglio 2019 e fuggito dall’area faunistica del Casteller, dopo 289 giorni di libertà è stato rinchiuso di nuovo. Fino a stanotte

[27 Luglio 2020]

La storia dell’orso M49, il più ricercato del Trentino, si fa sempre più incredibile. Considerato problematico perché ha causato danni economici ad attività produttive, favoriti dalla mancata adozione di strumenti di prevenzione adeguati, è stato catturato per due volte e per due volte è riuscito a fuggire. L’ultima stanotte.

A darne notizia è direttamente la Provincia autonoma di Trento: «L’orso nel corso della notte è riuscito a superare la barriera elettrica e, raggiunta l’ultima recinzione, ha divelto la rete elettrosaldata piegando l’inferriata dello spessore di 12 millimetri fino a ricavarne un’apertura sufficiente per scivolare all’esterno. Ad accorgersi dell’accaduto è stato il personale di guardia del recinto che, nonostante il fatto sia accaduto al di fuori del campo coperto dalle telecamere, ha notato come il segnale del radiocollare ad un certo punto partiva dall’esterno del recinto. Sono state immediatamente disposte le procedure per ricostruire i movimenti dell’animale e per localizzarlo. Al momento risulta fermo in un’area della Marzola che i forestali stanno presidiando».

Non è la prima volta che l’orso M49 – appartenente a una specie protetta sia da Direttive internazionali che da leggi nazionali (Legge 157/92) – riesce ad evadere. Catturato già nel luglio 2019 per poi venire trasportato nell’area faunistica del Casteller, a Trento Sud, da lì è riuscito a fuggire dopo poche ore. Dopo 289 giorni di libertà e dopo essere stato avvistato anche in Veneto,  era ritornato in Trentino e a fine aprile 2020 è finito di nuovo al Casteller. Adesso, dopo soli tre mesi l’orso M49 è tornato nei suoi boschi.

Il Wwf commenta la notizia chiedendo una nuova occasione in natura per M49, chiamato Papillion per la sua capacità di scappare dai luoghi di detenzione in cui era rinchiuso, con un monitoraggio intensivo dei suoi spostamenti, oggi possibile grazie al radiocollare di cui è dotato l’animale, che consenta di tracciare i suoi movimenti e prevenire eventuali situazioni di rischio. E ribadisce la necessità di investire energie e risorse nella prevenzione dei danni e nella corretta informazione, per favorire in modo concreto la convivenza con l’uomo ed evitare il ripetersi di simili episodi in futuro.

«M49 non ha mai mostrato comportamenti potenzialmente pericolosi per le persone – argomentano dal Panda nazionale – e lo stesso PACOBACE (Piano d’Azione interregionale per la conservazione dell’orso bruno sulle Alpi centro-orientali) prevede in primo luogo, nel caso di orsi che provocano danni ripetuti a patrimoni, anche ipotesi di gestione alternative alla captivazione, come la cattura con rilascio allo scopo di spostamento e/o radiomarcaggio. La seconda fuga di M49, oltre all’inadeguatezza dei protocolli di sicurezza messi in atto dalla PAT in questo frangente, dimostra come la natura si può conservare, ma non ingabbiare o controllare. L’orso è una specie protetta sia da Direttive internazionali che da leggi nazionali (Legge 157/92), e gli interventi di cattura e captivazione devono rispettare alcune fondamentali condizioni di necessità e proporzionalità, che mancavano in passato e mancano tutt’oggi, al fine di garantire tanto le attività umane sul territorio quanto la conservazione di una specie chiave per gli ecosistemi».