«Per FCA la crisi è iniziata prima del Covid. A causa di scelte poco lungimiranti è arrivata tardi nella corsa per la rivoluzione elettrica»

Finanziamenti a FCA e mobilità elettrica, T&E Kyoto Club: «Le case automobilistiche stacchino la spina alle auto fossili»

«Qualsiasi finanziamento o garanzia pubblica richiesta da FCA sia vincolato alla creazione di un’industria automobilistica italiana robusta, moderna e lungimirante»

[26 Maggio 2020]

Secondo lo studio “Can electric cars beat the COVID crunch?” appena pubblicato da Transport & Environment (T&E),  «Nel 2019 l’industria e i governi dell’Unione hanno stanziato 60 miliardi di euro per la produzione di veicoli elettrici, 19 volte di più rispetto al 2018 e contendendo la leadership globale alla Cina».

In questo quadro, in merito alla questione del prestito di 6,3 miliardi di euro chiesto da FCA e garantito dallo Stato italiano, per T&E, il principale gruppo di ONG in Europa che si batte per la mobilità sostenibile, e Kyoto Club, associazione italiana che si occupa di clima e membro di T&E,  «Il prestito richiesto da FCA deve essere vincolato ad investimenti in veicoli elettrici e green. Qualsiasi finanziamento o garanzia pubblica richiesta da FCA sia vincolato alla creazione di un’industria automobilistica italiana robusta, moderna e lungimirante. Questo significa supportare la produzione di veicoli a zero emissioni in Italia, creando contemporaneamente posti di lavoro verdi in casa».

Secondo il rapporto, che quantifica gli investimenti di industria automotive e governi su auto elettrica in Ue nel 2019. «Non ci sono dubbi: il mercato dei veicoli elettrici gode di ottima salute, e l’aumento degli investimenti nello scorso anno ha generato un boom senza precedenti delle vendite dei veicoli elettrici in Europa nei primi mesi del 2020». Complessivamente, nel 2019 l’industria e i governi dell’Unione hanno stanziato 60 miliardi di euro per la produzione di veicoli elettrici e batterie in Europa. Si tratta di una somma 19 volte più grande rispetto ai soli 3,2 miliardi di euro garantiti in Europa due anni fa, quando le case automobilistiche europee investivano in Cina. Un traguardo che è stato reso possibile grazie alla spinta regolatoria degli obiettivi Ue relativi alle emissioni di CO2 delle auto nuove, entrati in vigore quest’anno (il famoso target Ue dei 95gr/km) che ha di fatto obbligato l’industria ad investire nella mobilità elettrica in Europa».

E i risultati di una strategia, contro la quale le case automobilistiche – a iniziare dalla FIAT/FCA – si sono opposte in ogni maniera, si vedono: «Ad oggi le case europee hanno investito 3,5 volte più in Europa che in Cina in auto elettriche e batterie e l’Europa è sulla buona strada per riprendersi la leadership globale dell’industria automotive».

Secondo T&E, «Ogni tipo di aiuto post-covid deve capitalizzare su questi investimenti. Il successo nel mercato dell’auto elettrica è oggi la politica industriale dell’Europa e i decisori politici devono fare la loro parte, condizionando i piani di salvataggio al sostegno di una ripresa verde che dia la priorità alla produzione di veicoli del futuro come richiesto dal Green Deal europeo».
FCA nel 2019 ha investito oltre 1,7 miliardi di euro nelle fabbriche in Italia per la produzione di veicoli ibridi plug-in e veicoli elettrici, come la nuova versione della Fiat 500e. Ed è proprio alla vigilia del lancio del nuovo modello 500e che l’azienda presieduta da John Elkann ha chiesto un prestito a tasso agevolato di 6,3 miliardi di euro, garantito dallo stato.  Secondo T&E si tratta di «Un aiuto statale che deve essere vincolato ad una green and just transition dell’industria italiana dell’automobile».

Veronica Aneris, la responsabile di Transport & Environment per l’Italia, fa notare che «Per FCA la crisi è iniziata prima del Covid. A causa di scelte poco lungimiranti è arrivata tardi nella corsa per la rivoluzione elettrica. Ad oggi è l’unico produttore auto dell’Unione a non aver ancora immesso sul mercato alcun veicolo elettrico. Questo, insieme alla delocalizzazione della produzione fuori dal Paese, ha considerevolmente indebolito la competitività dell’industria italiana. Se ora FCA chiede l’intervento dello Stato, in cambio si deve impegnare a traghettare l’Italia nel nuovo scenario dell’automotive europeo, assicurando il know how e la competitività del nostro paese e della nostra forza lavoro in quella che rappresenta una delle principali rivoluzioni industriali del secolo. Deve smettere di sprecare soldi nello sviluppo di nuovi modelli endotermici e capitalizzare sugli investimenti recenti. I fondi pubblici vanno vincolati all’impegno dell’azienda a sviluppare una filiera della catena di valore dei veicoli elettrici in Italia, per garantire posti di lavoro verdi in casa e un’industria italiana sana e robusta negli anni a venire».
T&E e Kyoto Club sottolineano che «FCA dovrebbe impegnarsi ad incrementare la produzione in Italia di modelli a zero emissioni prevista per il 2023, ottenere il supporto del governo per la creazione di una gigafactory italiana per la produzione di celle di batterie, destinare il budget Ricerca e Sviluppo alla catena di valore dei veicoli elettrici».

Per Gianni Silvestrini, direttore scientifico di Kyoto Club, «Sono positive la norme del DL Rilancio approvato dal Governo, ora in discussione in Parlamento che prevedono l’incremento del Fondo per l’acquisto di autoveicoli elettrici ed ibridi con 300 mln aggiuntivi nel 2020/2021 e lo stanziamento di 20 milioni per la Creazione di un polo di eccellenza per la ricerca e l’innovazione nel settore automotive a Torino, che vanno nella giusta direzione. Negativo invece il comma 7 dell’articolo 200 che prevede la possibilità per il Piano di rinnovo degli autobus di acquistare veicoli diesel, decisamente in contrasto con il Piano di contrasto ai mutamenti climatici e la decarbonizzazione».
T&E conclude: «Per consentire all’Europa di guidare la mobilità elettrica globale, i legislatori dell’Ue dovrebbero rivedere al rialzo gli obiettivi di riduzione della CO2 per le auto al 2030. l’Ue dovrebbe inoltre garantire che a partire dal 2035 possano essere venduti in Europa solamente i modelli a emissioni zero».