La roadmap di Greenpeace per rendere i trasporti europei a emissioni net zero entro il 2040

Niente soldi a chi inquina. Meno auto e arei fossili, più treni e bici e percorsi a piedi e trasporto pubblico

[14 Settembre 2020]

Greenpeace Belgique ha commissionato a NewClimate Institute 2020 e Climact 2020 il rapporto ” A radical transformation of mobility in Europe: Exploring the decarbonisation of the transport sector by 2040 – Explorative scenario and related policy packages”che disegna la roadmap per rendere settore europeo dei trasporti a emissioni nette zero entro il 2040.

Secondo l’organizzazione ambientalista «La transizione delineata dallo studio è coerente con i tempi indicati dalla comunità scientifica per contrastare l’emergenza climatica ed è in grado di dare il proprio contributo per limitare l’aumento medio della temperatura globale entro 1,5 gradi centigradi. Il rapporto descrive come l’Ue potrebbe alimentare i trasporti attraverso le energie rinnovabili, evitare i biocarburanti e ridurre significativamente la sua quota di emissioni di gas serra, trasformando il modo in cui le persone e le merci si muovono».

Mentre nell’Ue le emissioni di gas serra degli altri settori hanno rallentato, quelle dei trasporti Ue hanno continuato a salire. Nel 2017, le emissioni legate ai trasporti sono aumentate del 28% rispetto al 1990 e i trasporti erano responsabile del 27%delle emissioni totali dell’UE, con cifre molto simili anche in Italia.

La roadmap presentata da Greenpeace si basa sia su leve di natura tecnologica che sistemica. «Le prime  – spiegano gli ambientalisti – includono l’elettrificazione rapida del settore e l’aumento dell’efficienza dei trasporti, mentre i cambiamenti a livello sistemico che vengono suggeriti comprendono la riduzione della domanda di trasporto, il passaggio ad alternative sostenibili e il bando totale della circolazione dei motori a combustione interna – cioè alimentati con diesel, benzina o gas – entro il 2040».

Federico Spadini, campagna trasporti di Greenpeace Italia, evidenzia che «La responsabilità del settore dei trasporti in Europa non si limita alla quantità di emissioni di gas serra e di inquinamento atmosferico prodotta. Sulla scia della crisi post-pandemia, in alcuni Paesi d’Europa, le compagnie aeree, le case automobilistiche e le compagnie di navigazione stanno licenziando i propri lavoratori con grande rapidità, nonostante stiano ricevendo cospicui finanziamenti pubblici che dovrebbero essere utilizzati a favore della collettività.  A Ue e governo italiano chiediamo di dare priorità, nella ripartenza post-Covid, a persone, ambiente e diritti dei lavoratori, invece che al profitto delle aziende. E di agire per garantire che la mobilità sia realmente sostenibile e accessibile a tutti».

Lo studio prevede elementi essenziali della transizione come il miglioramento delle infrastrutture per la mobilità ciclistica e pedonale nelle città; investimenti significativi e continui in ferrovie, treni e autobus; l’eliminazione dei voli a corto raggio e lo stop di tutti gli investimenti nel settore dei trasporti ad alta intensità di carbonio, come nuovi aeroporti e infrastrutture stradali ad alte prestazioni.

Secondo Greenpeace, le misure necessarie per decarbonizzare il settore dei trasporti entro il 2040 sono: Terminare le vendite di nuovi veicoli alimentati a diesel, benzina e a gas, compresi gli ibridi, al più tardi entro il 2028, e fermare gradualmente la circolazione di tutti i veicoli con motore a combustione interna in Europa entro il 2040 (nelle grandi città il divieto della circolazione di questi veicoli deve essere stabilito molto prima, a iniziare da quelli diesel). Ridurre il parco veicoli leggeri del 27 per cento entro il 2030 e del 47 per cento entro il 2040, rispetto ai livelli del 2015. Aumentare il tasso di occupazione e di utilizzo di tutti i restanti veicoli leggeri per passeggeri rispettivamente del 25 per cento e del 20 per cento tra il 2020 e il 2050. • Ridurre l’utilizzo di veicoli privati dall’attuale 62 per cento del totale al 42 per cento nelle grandi aree urbane (con una riduzione ancora più significativa nei centri urbani) e dall’attuale 79 per cento al 68 per cento nelle aree non urbane entro il 2040. Diminuire la domanda di mobilità del 12 per cento entro il 2040 rispetto ai livelli preCovid (escluso il trasporto aereo, la cui diminuzione dovrà essere maggiore). • Ridurre il numero di autocarri sulle strade europee dagli attuali 6 milioni a 3,6 milioni entro il 2040, e al contempo raddoppiare l’utilizzo della navigazione interna e del trasporto ferroviario dal 29 per cento al 58 per cento entro il 2040. Limitare l’uso dei cosiddetti “e-fuels” (carburanti sintetici prodotti da elettricità) a quelli prodotti da energia rinnovabile e a modalità di trasporto che non hanno alternative valide, come l’aviazione. Ridurre del 33 per cento il numero totale di chilometri volati per passeggero. Tale riduzione potrebbe essere necessariamente più elevata qualora i combustibili sintetici da rinnovabili non riuscissero a soddisfare tutta la domanda. Ridurre entro il 2040 il consumo di energia nei trasporti di superficie, nel trasporto merci e nell’aviazione del 63 per cento rispetto al 2015».

Dal 15 ottobre 2020 al 30 aprile 2021, tutti i governi Ue dovranno infatti presentare alla Commissione europea i piani nazionali di resilienza e ripresa post Covid-19. In Italia è al momento in corso una discussione proprio per definire gli interventi da includere nel piano. Molte delle misure nazionali contenute nel rapporto potrebbero essere adottate in questo contesto.

Per gli ambientalisti «I prossimi piani di ripresa e la strategia della Commissione europea per una mobilità intelligente e sostenibile dovrebbero includere una serie di regolamenti e decisioni sui finanziamenti, per dare il via alla trasformazione del settore dei trasporti in Europa». Per questo Greenpeace presenta le sue e richieste di Greenpeace ai decisori politici:

Transizione verde e giusta per il trasporto e niente soldi per chi inquina. I soldi per la ripresa dell’Ue derivano da fondi pubblici e i leader politici europei dovrebbero garantire che non vadano a finanziare i grandi inquinatori come l’industria aeronautica e le case automobilistiche. Si dovrebbe adottare una lista di esclusione ambientale che definisca quali attività non devono essere sovvenzionate nei piani di recupero. Il salvataggio delle compagnie aeree e delle altre industrie inquinanti dovrebbe essere subordinato al rispetto delle misure regolamentari per allineare l’Ue all’obiettivo dell’Accordo di Parigi di limitare il riscaldamento globale a 1,5 gradi centigradi. Sono necessari investimenti nazionali e comunitari significativi per la riqualificazione e la formazione dei lavoratori impiegati nei settori del trasporto basato sui combustibili fossili.

Treni più numerosi e migliori per tutti. La Commissione europea e i governi dell’Ue devono investire in modo significativo in una rete solida di nuovi treni diurni e notturni accessibili (anche nei prezzi) in tutta Europa. L’Ue deve migliorare i treni tra Paesi confinanti, rimuovendo gli ostacoli fra gli operatori e armonizzando il sistema ferroviario, i biglietti e gli orari, tutelando al contempo i diritti dei passeggeri che attraversano i confini.

Meno aerei nei cieli europei. La Commissione europea ha già pianificato una revisione dell’esenzione dall’imposta sul cherosene nell’ambito della direttiva sulla tassazione dell’energia prevista per il 2021. Questa deve anche facilitare un’equa applicazione del principio “Chi inquina paga” attraverso tasse su voli e carburante, per indurre un taglio della domanda di trasporto aereo. → La Commissione europea e i paesi Ue devono attuare un divieto immediato dei collegamenti aerei a corto raggio, specialmente dove c’è una valida alternativa a basse emissioni che sia inferiore alle sei-otto ore di viaggio, e devono smettere di esentare i voli dalle tasse che invece ricadono sulle altre modalità di trasporto.

La fine dei veicoli a combustibili fossili. La Commissione europea prevede di rivedere gli standard di emissione di CO2 per le auto e i furgoni entro giugno 2021. Ma è necessario che vada oltre e proponga un divieto europeo di vendita di auto e furgoni alimentati a diesel, benzina e gas – compresi gli ibridi – il prima possibile e al più tardi entro il 2028, spostando tutte le rimanenti vendite a nuovi veicoli elettrici con batterie leggere. Anche i governi nazionali dovrebbero mettere fine alla vendita di tutti i nuovi veicoli alimentati da combustibili fossili – compresi gli ibridi – al più tardi entro il 2028.

Meno auto e più bici, spostamenti a piedi e trasporto pubblico. Le autorità locali e i governi nazionali devono riprogettare la mobilità urbana per dare priorità al trasporto pubblico e agli spostamenti a piedi e in bicicletta, investendo nelle infrastrutture necessarie. Per contribuire ad accelerare la transizione, la Commissione europea dovrebbe adottare misure appropriate, ad esempio collegando l’accesso ai fondi Ue all’attuazione di piani di mobilità conformi all’Accordo di Parigi sul clima. L’Ue dovrebbe aumentare i finanziamenti e gli investimenti per soluzioni di mobilità interconnesse (che comportano un utilizzo efficiente di diverse modalità di trasporto per uno stesso spostamento), più pulite e accessibili a tutti.

Stop a nuovi aeroporti e autostrade. I governi nazionali e locali devono annullare i progetti di espansione di autostrade e aeroporti, e il bilancio dell’Ue non deve incoraggiare la loro espansione in Europa, per evitare di rimanere ulteriormente intrappolati in modalità di trasporto ad alta intensità di carbonio. Tra il 2016 e il 2019, la Banca Europea per gli Investimenti (BEI) ha investito 14,65 miliardi di euro nell’espansione di strade e aeroporti. Nell’ambito della sua tabella di marcia per il clima prevista per la fine del 2020, la BEI dovrebbe vietare qualsiasi investimento per l’aumento della capacità di autostrade e aeroporti.

Spadini conclude: «La partita per decarbonizzare i trasporti si gioca su più livelli, e abbiamo bisogno di ogni contributo possibile. Da parte delle istituzioni europee, dei governi nazionali e degli amministratori locali», continua Spadini. «Finora, in Italia, le iniziative a supporto della mobilità sostenibile sono state troppo timide. Occorre aumentare coraggio e ambizione se vogliamo davvero rivoluzionare il settore dei trasporti. Il piano per l’utilizzo del cosiddetto “Recovery fund” sarà un grande banco di prova per il governo».