Per la riduzione della mobilità, il lockdown da Covid-19 ha funzionato

Uno studio italiano basato sul tracciamento anonimo dei dati telefonici

[11 Giugno 2020]

Lo studio “The relationship between human mobility and viral transmissibility during the Covid-19 epidemics in Italy”, realizzato dal  KDD-Lab, laboratorio congiunto tra Cnr e Università di Pisa, insieme con WINDTRE, l’Istituto Superiore di Sanità, la Fondazione Bruno Kessler e altri centri di ricerca italiani ed internazionali, ha analizzato «la relazione tra la mobilità dei cittadini e la diffusione del Covid-19, nel periodo da Gennaio a Maggio 2020, in tutte le regioni italiane». il team di scienziati ha confrontato in particolare «la riduzione dei flussi di mobilità, stimati da dati telefonici anonimizzati, e l’evoluzione dell’Rt, il numero medio di infezioni generate da un individuo infetto, stimato retrospettivamente».

Secondo Dino Pedreschi dell’università di Pisa, «Questo studio, condotto nell’ambito delle attività della task force Covid-19 “data-driven” del ministro per l’Innovazione Tecnologica e la digitalizzazione, dimostra l’importanza dei big data sulla mobilità umana per affinare la nostra comprensione della dinamica delle epidemie».

Fosca Giannotti dell’Istituto di Scienza e Tecnologia dell’ Informazione (Cnr-Isti), aggiunge: «L’analisi di questi dati consente di ragionare sull’efficacia delle scelte politiche circa gli interventi di contenimento, aiutando le autorità sanitarie regionali e centrali a monitorare l’epidemia man mano che la situazione evolverà, nei prossimi mesi».

Al’università di Pisa sottolineano che «Dai dati, emerge una relazione molto forte tra la diminuzione dei flussi di mobilità tra le regioni italiane e l’Rt tra l’11 e il 16 marzo, quando il Paese ha iniziato il confinamento (lockdown). Durante questa settimana, la curve di mobilità e quella del contagio si sono sovrapposte. Alla fine di questa settimana, il Paese ha raggiunto un nuovo regime di mobilità “stabile”, circa al 40% del livello di pre-confinamento».

In un’ulteriore analisi, il gruppo di ricercatori ha osservato «una correlazione tra il numero di giorni al di sopra della soglia epidemica prima della riduzione della mobilità (il “ritardo” del lockdown rispetto all’inizio del contagio) e il numero totale di infezioni SARS-CoV-2 confermate per 100k abitanti, mostrando quindi indirettamente l’efficacia del lockdown e degli altri interventi nel contenimento dell’epidemia».

Lo studio riassume tutto nel  grafico a dispersione che pubblichiamo e che nell’asse orizzontale descrive il numero di giorni tra la prima volta Rt >1e l’inizio del confinamento. L’asse verticale descrive l’incidenza cumulativa di infezioni SARS-CoV-2 confermate per 100k abitanti (dal 15 maggio 2020). La dimensione dei cerchi è proporzionale al numero totale di casi positivi nel periodo.

Ad esempio, la riduzione della mobilità in Lombardia è iniziata circa 32 giorni dopo il primo giorno in cui Rt >1 , portando al maggior numero di casi positivi per abitante in Italia. Allo stesso modo, per altre regioni gravemente colpite dal virus, come la Liguria, l’Emilia-Romagna e il Piemonte, la riduzione della mobilità è iniziata, rispettivamente, circa 32 e 38 giorni dopo il primo giorno in cui Rt >1.

Le regioni centro-occidentali del nord, si trovano al di sopra della linea di regressione tratteggiata, nella parte in alto a destra del grafico. Le regioni sotto questa linea, nella parte in basso a destra del grafico, sono state più efficaci delle regioni sopra la linea nel contenere il contagio, nonostante il ritardo nel blocco di 30 giorni o più, come Veneto, Lazio e Toscana. Questo fatto può essere spiegato da diversi fattori, tra cui l’efficacia della sorveglianza epidemica, l’intensità della strategia di test e tracciamento adottata, la capacità di contenimento dei focolai e anche il numero assoluto di casi nel momento in cui Rt >1 salta sopra 1.