Il piano nazionale di Delrio può essere la premessa di una ciclorivoluzione nel nostro paese

Una rete nazionale di piste ciclabili e il Grab di Roma nella legge di Stabilità

Legambiente: «è una svolta epocale per la ciclabilità in Italia»

[12 Ottobre 2015]

Il ministro delle Infrastrutture e trasporti Graziano Delrio, all’indomani  della riunione informale dei ministri dei trasporti dell’Ue in Lussemburgo, ha detto di voler introdurre nella legge di stabilità un fondo per realizzare un sistema di piste ciclabili in tutta Italia e il Grande raccordo anulare in bici (GRAB) a Roma.

I ministri europei hanno approvato la  “Dichiarazione di Lussemburgo”, che invita la Commissione Europea a includere nel suo programma di lavoro lo sviluppo di una Strategia europea per la mobilità ciclistica e Delrio ha espresso il sostegno dell’Italia alla proposta presentata: «Siamo favorevoli alla Dichiarazione di Lussemburgo. Come governo e come amministratori pubblici siamo consapevoli di quanto la bicicletta contribuisca alla vivibilità delle città  e che sia importante sostenere queste politiche anche come mezzo efficiente di trasporto, non solo per umanizzare le città. La bicicletta permette la vivibilità, la riappropriazione della città. L’aria della città rende liberi è un motto antico e i vantaggi della bicicletta rendono le nostre città più libere. E’ importante la dichiarazione che viene proposta,  la direzione giusta per la Commissione affinché all’interno degli strumenti attuali individui una strategia per le biciclette. L’esperienza italiana è insoddisfacente, nonostante ci siano città che, seguendo le esperienze avanzate dei modelli nordici, abbiano raggiunto standard elevati, fino al 30% di spostamenti in bicicletta».

Delrio a Lussemburco ha illustrato i lavori in corso in Italia per migliorare la situazione complessiva della ciclabilità: «Per un piano nazionale occorre avere le stesse attenzioni che si ebbero negli anni ’50 per le auto: rendere più sicure le strade, dedicare infrastrutture specifiche e aree sosta alle bici, per realizzare servizi dedicati e di interscambio con altri mezzi di trasporto. Oltre alle infrastrutture urbane stiamo lavorando per sostenere una rete ciclabile nazionale per una mobilità cicloturistica. Un piano a cui va unito il nuovo Codice della strada, in approvazione, volto a garantire più sicurezza, oltre al sostegno agli spostamenti casa-scuola e casa-lavoro: misure a cui il Governo dà il proprio contributo. Supportiamo quindi la Dichiarazione e speriamo che questo interesse continui a restare nell’agenda nei prossimi mesi».

Secondo Legambiente «Sarebbe una vera ciclorivoluzione».  Che «può finalmente dare un impulso decisivo alla mobilità nuova nel nostre Paese creando importanti ricadute per l’economia, l’ambiente, la salute, la qualità della vita».

Edoardo Galatola, responsabile sicurezza e ufficio legislativo della Federazione italiana amici della bicicletta (FIAB), spiega che la “Carta di Lussemburgo” «è una dichiarazione di intenti ed un piano attuativo che indica la bicicletta come mezzo di trasporto che deve essere riconosciuto come paritario rispetto alle altre modalità da tutti gli Stati membri. Necessita anzi di una corsia preferenziale per gli innumerevoli vantaggi che presenta in un contesto europeo; tra questi sicuramente il contributo di innovazione, i benefici per l’ambiente ed il clima, quelli per la salute degli utenti, ma anche della collettività nel suo complesso e non ultimo il contributo occupazionale ed i vantaggi per l’economia. Dal punto di vista della pianificazione si indica la necessità di integrare il sistema del trasporto ciclistico nei sistemi di trasporto nazionali ed europei. La rete deve essere prevista a livello internazionale, nazionale, regionale e locale. Viene inoltre indicata la necessità di individuare un referente comunitario che si occupi di coordinare e verificare l’attuazione degli obiettivi (commissario con delega/struttura). Analoga necessità è prevista per gli Stati membri. I referenti nazionali e comunitari dovranno poi coordinarsi anche nella gestione dei finanziamenti che verranno previsti».

Alberto Fiorillo, responsabile aree urbane di Legambiente e coordinatore del progetto GRAB, sottolinea che «Per un piano nazionale della ciclabilità  occorre avere le stesse attenzioni che si ebbero negli anni ’50 per le auto. Questa, a dire il vero, è una frase di Delrio, ma la faccio volentieri mia perché sintetizza bene quello che c’è da fare: considerare la ciclabilità come una delle opere pubbliche utili di cui il Paese ha bisogno e ragionare, come sta facendo il resto d’Europa, sull’enorme valore economico e ambientale degli spostamenti in bici e sulle ricadute positive per la salute e per la qualità della vita di un diverso stile di mobilità. E un fondo nazionale per la ciclabilità nella legge di stabilità rende non solo stabili, ma anche cogenti questo obiettivi».

Legambiente è convinta che «Bisogna curare le città e il nostro Paese dal morbo dell’auto a tutti i costi, dal traffico, dalla congestione, dall’insicurezza stradale. E il GRAB – come altri progetti interessanti in giro per l’Italia dalla Puglia, alla Toscana, alla Pianura Padana – offre proprio una via di uscita a questa patologia, proponendo un uso diverso dello spazio urbano e del territorio, rigenerando e valorizzando le aree attraversate, restituendo qualità e bellezza ai luoghi che lo spostamento motorizzato ha reso respingenti e inospitali. E stimola inoltre un intervento più ampio e articolato teso a rendere più sicure le strade, a dedicare infrastrutture specifiche per le bici, a realizzare servizi dedicati e di interscambio con altri mezzi di trasporto».

Per Fiorillo, «L’Italia è pronta alla volata. Basta guardare il gruppo di Comuni già in fuga dove almeno un quarto dei cittadini pedala ogni giorno (a Pesaro, Bolzano, Reggio Emilia o Ferrara), basta osservare i numeri del cicloturismo dove sono state fatte scelte e investimenti ad hoc (come in Alto Adige o in Toscana), basta guardare al successo nazionale e internazionale che ha riscosso l’idea di realizzare il GRAB a Roma pedonalizzando finalmente l’Appia Antica e creando un circuito che unisca tanti luoghi di interesse della Capitale e permetta un legame stretto tra centro e bordi. Insomma, gli italiani stanno già usando le loro bici come un grimaldello a pedali per suggerire uno stile di mobilità alternativo al predominio culturale e fisico – unico al mondo – dell’auto privata che ha plasmato per mezzo secolo lo sviluppo delle infrastrutture e delle aree urbane. Oggi le più avanzate città del mondo non sono più autocentriche, ma autofree: per raggiungerle dobbiamo solo spingere sui pedali».