I rischi politici e regolatori sono tra i principali fattori che frenano gli investimenti sulla green economy
Prezzi dell’energia ancora troppo alti, volatilità dei mercati e una forte dipendenza dai combustibili fossili: è questa la fotografia emersa dal Tech Day – Energia per il futuro: la forza della Transizione, organizzato da UniCredit in collaborazione con KPMG. L’appuntamento ha riunito esperti, imprese e investitori per fare il punto sullo stato del sistema energetico italiano e sulle prospettive di investimento in un contesto di grande incertezza.
Secondo le elaborazioni di KPMG sui dati del Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica, nel 2023 i consumi finali di energia in Italia hanno raggiunto i 107.666 ktep. Petrolio e prodotti petroliferi hanno inciso per il 37,5 per cento, il gas naturale per il 27,9 per cento, le rinnovabili e i bioliquidi per il 22,3 per cento, l’energia elettrica per il 10,6 per cento e le altre fonti, tra cui calore derivato, rifiuti non rinnovabili e combustibili solidi, per l’1,8 per cento. Sul fronte della produzione elettrica, il mix italiano è composto per il 45 per cento da rinnovabili – con il 16 per cento di idroelettrico, il 12 di fotovoltaico, il 9 di eolico, il 6 di bioenergie e il 2 di geotermico – mentre il restante 55 per cento proviene ancora da fonti tradizionali, in larga parte gas naturale, che da solo copre oltre l’80 per cento del fabbisogno fossile.
La struttura del mercato elettrico, fortemente legata al prezzo del gas, espone l’Italia a oscillazioni continue. Dal gennaio 2021 al luglio 2025 il Prezzo Unico Nazionale dell’elettricità ha registrato un andamento altalenante, passando da 88 euro a megawattora a picchi di 543 euro toccati nell’agosto 2022, mentre il PSV del gas naturale ha seguito una traiettoria simile, con impennate dovute alla crisi russo-ucraina, alla riduzione delle forniture e alla sostituzione del gas russo con il GNL statunitense e le importazioni dall’Algeria. I dati confermano che nel triennio 2022-2024 il costo medio all’ingrosso dell’energia in Italia è stato superiore del 35-50 per cento rispetto a quello registrato nei principali paesi europei, con un 2025 segnato da una forte variabilità mensile, da un minimo di 63 euro a megawattora in marzo a un massimo di 304 in agosto.
Nonostante il quadro sfidante, gli investimenti in transizione energetica sono in rapida accelerazione. Lo studio Energy Transition Investment Outlook: 2025 and beyond, realizzato da KPMG su 1.400 dirigenti senior di 36 paesi, evidenzia che il 72 per cento degli investitori ha destinato risorse all’efficienza energetica negli ultimi due anni, il 64 per cento ha puntato sulle rinnovabili e sulle tecnologie a basse emissioni, il 56 per cento ha investito in sistemi di accumulo e infrastrutture di rete, mentre il 54 per cento ha scelto il settore dei trasporti e delle infrastrutture correlate. Tuttavia, i combustibili fossili non scompaiono dal panorama, rimanendo centrali non solo per sostenere la domanda, ma anche per garantire la sicurezza energetica durante la fase di transizione.
Il sondaggio mette in luce come i principali fattori di spinta agli investimenti siano rappresentati dai rendimenti finanziari attesi, dalla possibilità di diversificare i portafogli, dalla compliance regolatoria e dalla gestione dei rischi, accanto allo sviluppo tecnologico e all’influenza degli stakeholder. A pesare, al contrario, sono soprattutto i rischi politici e regolatori, la volatilità di mercato, le incertezze sulle performance tecnologiche e i costi operativi, elementi che rendono più complesso l’afflusso di capitali e inducono gli investitori a richiedere rendimenti maggiori a fronte di rischi elevati.
Per le imprese la transizione si traduce in un percorso articolato in più fasi: dall’analisi del proprio stato di fatto e del bilancio delle emissioni alla definizione di obiettivi strategici e leve di decarbonizzazione, fino al disegno di modelli di governance, alla pianificazione delle risorse e alla successiva implementazione dei piani di trasformazione. Cruciali sono anche le attività di monitoraggio, di reporting e di coinvolgimento degli stakeholder, elementi necessari per consolidare la fiducia degli investitori e rafforzare il posizionamento competitivo sul mercato.
In questo scenario, la finanza agevolata gioca un ruolo determinante. Strumenti come il Recovery and Resilience Facility europeo, il Conto Termico nazionale e il programma Transizione 5.0 rappresentano leve essenziali per sostenere le imprese nella riduzione delle emissioni e nell’adozione di soluzioni innovative.
Il messaggio che arriva da Torino è chiaro: la transizione energetica non è più un obiettivo distante fissato per il 2050, ma una realtà operativa che impone decisioni immediate. Per le imprese italiane, che si trovano a fronteggiare costi energetici tra i più alti d’Europa e un mercato condizionato da fattori geopolitici e tecnologici, investire oggi in efficienza, rinnovabili e innovazione significa non solo contribuire alla sostenibilità ambientale, ma anche salvaguardare la propria competitività e la possibilità di restare protagoniste in un’economia globale sempre più selettiva.
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