Posti di lavoro, entrate fiscali, risparmi: ecco perché conviene riportare la produzione fotovoltaica in Europa
Il Net-Zero Industry Act (Nzia) è stato introdotto dall’Unione europea per ottenere un quadro normativo volto a rafforzare la competitività dell’industria e delle tecnologie comunitarie fondamentali per la decarbonizzazione. Ora la principale associazione del settore fotovoltaico in Europa, la SolarPower Europe, ha pubblicato un nuovo studio in collaborazione con il Fraunhofer Institute for Solar Energy Systems (Ise), rivelando che il divario di costo tra i moduli conformi al Net-Zero Industry Act e quelli importati dalla Cina può essere ridotto a meno del 10% con le giuste politiche.
Il rapporto, dal titolo “Reshoring Solar Module Manufacturing to Europe” (“Ritorno della produzione di moduli solari in Europa”), evidenzia il rischio che, senza misure aggiuntive, le disposizioni del Nzia potrebbero sostenere la diversificazione della catena di approvvigionamento solare senza dare impulso ai produttori solari europei, poiché rimane una differenza di costo significativa - da 2,2 a 5,8 €ct/Wp (coefficiente di temperatura per Watt di picco) - tra i moduli conformi al Nnzi prodotti nell’Ue e quelli conformi al Nzia prodotti al di fuori dell’Ue.
Il completo reshoring della catena del valore del fotovoltaico è più costoso nell’immediato, viene sottolineato dai ricercatori, ma offre maggiori benefici macroeconomici a lungo termine. Il report, nel dettaglio, stima che riportando la produzione di componenti e pannelli solari in Europa dalla Cina consentirebbe di ottenere fino a 2.700 posti di lavoro e 66,4 milioni di euro di entrate fiscali e sociali annuali per GWp/a (global warming potential, potenzia di riscaldamento globale per anno).
Walburga Hemetsberger, amministratrice delegata di SolarPower Europe, spiega: «Questo nuovo rapporto sottolinea che, con le giuste politiche, l’Europa può fornire in modo competitivo 30 GW di produzione solare entro il 2030, creando migliaia di posti di lavoro locali e costruendo una catena di approvvigionamento solare resiliente e innovativa che mantenga il valore economico qui a casa nostra. Per raggiungere l’obiettivo del 2030, l’Ue e gli Stati membri devono agire rapidamente. Senza interventi, l’Europa rischia di perdere le restanti capacità industriali e tecnologiche nel settore solare».
Il report offre come punto di partenza un’analisi del divario dei costi e una simulazione dell’impatto che avrebbero le opportune politiche comunitarie dalla quale emerge che produrre un modulo solare in Europa con celle solari fabbricate nell’Ue costa circa 10,3 €ct/Wp in più rispetto alla produzione dello stesso modulo in Cina. Il divario deriva dai costi più elevati delle attrezzature (+40%), degli edifici e delle strutture (+110%), della manodopera (+280%) e dei materiali (+50%). Di conseguenza, tali impianti solari di pubblica utilità costano circa 60,8 €ct/Wp rispetto ai 50,0 €ct/Wp di un sistema cinese, il che si traduce in un costo livellato dell’energia elettrica (Lcoe) superiore del 14,5% per i moduli di produzione europea. Ciò fornisce un’indicazione incoraggiante che i prodotti di produzione Ue rientrano già nel limite del 15% dei costi aggiuntivi previsto dalle regole d’asta del Net-Zero Industry Act.
Tuttavia, la relazione rileva appunto una differenza di costo significativa (da 2,2 a 5,8 €ct/Wp) tra i moduli conformi alla Nzia fabbricati nell’Ue e quelli conformi fabbricati al di fuori dell’Ue. I criteri di resilienza del Net-Zero Industry Act possono quindi diversificare le catene di approvvigionamento dei moduli e aumentare le importazioni da altre parti del mondo, ma senza ulteriori misure politiche, il reshoring della produzione dell’Ue potrebbe non essere realizzato.
Fondamentalmente, il rapporto rivela che il divario di costo tra i prodotti solari fabbricati in Europa e quelli importati dalla Cina può essere ulteriormente ridotto a meno del 10% con il giusto mix di politiche, come la combinazione di programmi Capex e Opex, sia per i produttori di energia solare che per gli sviluppatori di progetti, con un sostegno basato sulla produzione (ad esempio, modelli di successo esistono negli Stati Uniti (Ira) e in India (programmi Pli), ipotizzando che gli impianti solari raggiungano una capacità di 3-5 GW.
Il rapporto rileva che il sostegno all’industria richiede da 1,4 a 5,2 miliardi di euro all’anno per raggiungere l'obiettivo di 30 GW per la produzione solare europea entro il 2030, con un recupero dei costi fino al 39% attraverso benefici macroeconomici (appunto fino a 2.700 posti di lavoro e 66,4 milioni di euro di entrate fiscali e sociali annuali per GWp/a).
Oltre a fornire quest’analisi e questi dati il rapporto presenta anche due raccomandazioni per i decisori politici europei. La prima è quella di istituire un regime di sostegno basato sui risultati a livello dell’Ue per la produzione di energia solare, combinando sovvenzioni, prestiti e strumenti di riduzione del rischio per coprire sia i costi di investimento che quelli operativi. La seconda raccomandazione è di attuare programmi politici Nzia in tutti gli Stati membri, compresi i punti bonus “Made in Ue” nei programmi di sostegno per i tetti e negli appalti pubblici.