Referendum anti-trivelle, partecipa anche la Sardegna

Legambiente: «Ottima e importante notizia»

[23 Settembre 2015]

Anche la Regione autonoma della Sardegna ha aderito al referendum anti-trivelle offshore e Vittorio Cogliati Dezza, presidente nazionale di Legambiente, non nasconde certo la sua soddisfazione: «Finalmente arriva dalle regioni una posizione chiara e a favore dei territori. Il via libera del consiglio regionale della Sardegna sulla proposta di un referendum abrogativo anti-trivelle, che si va ad aggiungere a quello già espresso dalla Basilicata, dalle Marche, dalla Puglia e dal Molise nei giorni scorsi, è un’ottima e importante notizia. In questo modo si raggiungono, infatti, le condizioni minime, ovvero cinque consigli regionali, previste dall’articolo 75 della Costituzione per poter presentare dinnanzi alla Corte di Cassazione la richiesta di un referendum abrogativo per gli articoli dello “Sblocca Italia” che autorizzano nuove trivellazioni. Ma soprattutto con il voto favorevole dei cinque consigli regionali si lancia un segnale politico chiaro, visto che fino ad ora il Governo non ha mai accolto le istanze del territorio di fermare le estrazioni petrolifere in mare e a terra. Ci auguriamo che nei prossimi giorni arrivi anche il via libera delle altre regioni che mancano all’appello e che hanno calendarizzato la discussione in consiglio (Sicilia, Abruzzo, Veneto, Calabria, Campania e Liguria) per aumentare così il pressing sull’Esecutivo».

Le Regioni dvono sbrigarsi perché i quesiti devono essere presentati alla Corte di Cassazione entro il 30 settembre, quando il quadro delle Regioni che avranno deliberato di aderire all’iniziativa sarà completo. COgliati Dezza sottolinea che «In questa partita anti-trivelle è, inoltre, fondamentale che vi sia un impegno concreto da parte delle amministrazioni a chiedere fin da subito una moratoria che blocchi qualsiasi autorizzazione relativa alle attività di prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi. Sono stati diversi, infatti, negli ultimi mesi i pareri positivi rilasciati dai ministeri competenti alle richieste delle compagnie petrolifere. Il Governo si renda conto che con la sua politica a favore delle fonti fossili va contro a ciò che chiedono i cittadini».

Se le giunte regionali che si oppongono alla politica energetica petrolifera del governo Renzi sono quasi tutte a guida PD, il  fronte anti-trivelle sta crescendo anche all’interno di quel partito: Alessandro Bratti, presidente nazionale Ecologisti Democratici e deputato PD, ha chiesto di «Fermare le trivellazioni ed avviare una seria riflessione sulla strategia energetica del nostro Paese» e ha aggiunto: «Se il presente e il futuro è legato alle rinnovabili e all’efficienza energetica, come spesso è stato sottolineato dal Governo anche attraverso l’approvazione di atti conseguenti,  vale ancora la pena trivellare mari e suolo per estrarre idrocarburi?. Risulterebbe più significativo ed utile rivedere una strategia energetica nazionale di fatto non discussa in Parlamento, anche alla luce delle condizioni che oggi investono il mercato degli idrocarburi. Anche perché gli esperti, da più fronti, sottolineano la poca rilevanza strategica delle risorse nazionali di gas e petrolio. Sarebbe davvero un bel segnale se il Governo con coraggio assumesse la decisione di fermare le trivellazioni e avviasse una riflessione larga coinvolgendo le Regioni e tutti gli attori economici ed istituzionali per definire un percorso per arrivare ad una reale e efficace revisione della Strategia energetica nazionale».

Bratti si riferisce ai dati riproposti da Legambiente che ricorda che «Le riserve certe di petrolio presenti sotto i mari italiani sono però assolutamente insufficienti a dare un contributo energetico rilevante al nostro Paese, ma a fronte di questi quantitativi irrisori di greggio – che basterebbero a soddisfare il fabbisogno energetico italiano per appena 8 settimane – si stanno ipotecando circa 130mila kmq di aree marine mettendo a rischio settori economici importanti come il turismo e la pesca. La vera politica energetica da seguire è quella delle fonti rinnovabili e dell’efficienza energetica, non quella delle fonti fossili che tra l’altro sono tra le cause dei cambiamenti climatici».

La pensa così anche Ermete Realacci, presidente PD della Commissione ambiente della Camera,  che dice che «Con il petrolio a meno di 50 dollari al barile e la prospettiva di ulteriori ribassi non ha alcun senso cercarlo nei nostri mari. Anche con le garanzie ambientali migliori che sono offerte dalla legislazione italiana non è nell’interesse del Paese. Forse verrà un futuro in cui sarà necessario porsi il problema ma ora la cosa migliore è proporre una moratoria e mi auguro che il governo lo faccia. L’Italia non è un emirato petrolifero di serie B, ma un grande Paese manifatturiero che punta su qualità, innovazione, bellezza, green economy».