Inchiesta sui rifiuti a Livorno, l’operazione “Dangerous trash” vista dall’Arpat

Il governatore Enrico Rossi annuncia che «la Regione si costituirà parte civile a difesa della comunità toscana»

[15 Dicembre 2017]

In data 14 dicembre 2017 presso la Procura della Repubblica di Firenze si è tenuta una conferenza stampa per rendere noti i primi esiti dell’attività investigativa coordinata dai Carabinieri Forestali dal nome “Dangerous trash” ed a cui ha preso parte anche ARPAT insieme al’Agenzia delle Dogane e alla Capitaneria di Porto.

L’attività è stata delegata dalla DDA della Procura della Repubblica di Firenze e i reati contestati sono quello di attività organizzata per il traffico illecito di rifiuti (art. 260 Dec. lgs. 152/2006) ed associazione a delinquere (art. 416 cp), a cui si aggiunge la truffa aggravata ai danni della Regione Toscana.

A seguito dell’operazione sono state sequestrate nel territorio livornese importanti realtà imprenditoriali operanti nel settore del trattamento e smaltimento dei rifiuti, 6 persone si trovano agli arresti domiciliari e 5 sono destinatarie di altre misure interdittive.

L’attività investigativa, che ha impegnato gli operatori di polizia giudiziaria per ben due anni, dal 2015, ha verificato che presso le imprese incriminate giungevano rifiuti, anche di tipo speciale pericoloso, come toner, filtri di motori con presenza di olio, contenitori contaminati da vernici, stracci imbevuti di sostanze pericolose, ecc, accompagnati da formulario e con CER per lo più corretto. Questi rifiuti venivano poi sottoposti ad operazioni di trattamento, per lo più fittizie, se non proprio insesistenti, perdendo così, in modo fraudolento, la connotazione di pericolosità con conseguente assegnazione di nuovo codice rifiuto (CER), naturalmente non pericoloso.

Questi rifiuti venivano sottoposti a miscellazione con altri rifiuti e poi destinati allo smaltimento in discarica come rifiuti non pericolosi o perfino re-immessi in processi produttivi come materia prima seconda o trattati come merci.

ARPAT ha supportato l’attività dei Carabinieri Forestali in varie occasioni, dalla fine del 2015 ad oggi, in particolare nel territorio della provincia di Livorno:

  • svolgendo interventi/sequestri su mezzi che trasportavano i rifiuti in entrata/uscita dagli impianti investigati;
  • effettuando campionamenti, analisi e classificazione di pericolosità dei rifiuti trasportati che hanno permesso l’accertamento della reale natura degli stessi;
  • realizzando accertamenti tecnici in relazione alla tracciabilità dei rifiuti, che hanno evidenziato il fenomeno del cosiddetto “giro bolla” (l’impossibilità di poter risalire, attraverso le registrazioni obbligatorie previste dalla vigente normativa, alla composizione dei carichi, il passaggio attraverso impianto intermedi per “trattamento” non giustificabile).

In sintesi ARPAT ha effettuato campionamenti di 5 carichi costituiti da rifiuti classificati con CER 190203 (miscugli di rifiuti composti esclusivamente da rifiuti non pericolosi) e CER191212 (altri rifiuti prodotti dal trattamento meccanico dei rifiuti) , dichiarati non pericolosi, transitati dagli impianti RA.RI e Lonzi, con destinazione finale presso la discarica REA Impianti.

Dagli accertamenti tecnico-analitici compiuti da ARPAT, vista la classificazione “merceologica” delle miscele e gli esiti relativi alle analisi chimiche, si è concluso che i miscugli di rifiuti costituenti i carichi sequestrati erano classificabili, contrariamente a quanto indicato dalle aziende, come “Rifiuti speciali pericolosi”. Sulla base di tali verifiche si confermava, quindi, il reato di trasporto illecito di rifiuti pericolosi in assenza di formulario, prospettato dal Corpo Forestale dello Stato.

Nel corso della Conferenza stampa è stato evidenziato come ingenti guadagni, per le imprese coinvolte,  provenissero dalla tassazione agevolata (ecotassa), di cui potevano beneficiare dichiarando falsamente di trattare rifiuti non pericolosi. Per questo è stata contestata anche l’attività di truffa aggravata verso la Regione Toscana. In sostanza, con la modifica del codice CER le imprese coinvolte pagavano minori tasse alla Regione e ciò consentiva loro di stare sul mercato con prezzi più vantaggiosi, svolgendo un’attività di concorrenza sleale verso le altre imprese e di danno alla collettività, nel suo complesso.

L’attività di investigazione fin qui svolta ha consentito di tracciare i percorsi effettuati da questi rifiuti, che giungevano nella nostra Regione anche da altri territori del Paese. Al momento non si ipotizza il coinvolgimento delle organizzazioni mafiose e non è neppure possibile determinare, con certezza, se i clienti, cioè le imprese che conferivano i rifiuti, fossero coscienti di quanto accadesse successivamente al conferimento stesso. Tutto ciò sarà, naturalmente, oggetto di ulteriori indagini che sono ancora in corso.

Infatti, le ultime attività svolte dall’Agenzia sono state effettuate il 13 e 14 dicembre; nel primo giorno, durante l’ispezione ordinaria della RA.RI, azienda soggetta ad autorizzazione integrata ambientale (AIA), sono stati effettuati accertamenti tecnici relativamente alla gestione dei rifiuti ed al campionamento di flussi in uscita (campionati rifiuti trattati nell’impianto di inertizzazione). Nella giornata del 14 dicembre, invece, l’attività ordinaria è stata interrotta ed il personale ARPAT del Dipartimento di Livorno  è stato presente in campo a supporto dei Carabinieri Forestali per l’esecuzione di ulteriori accertamenti tecnici.

In particolare sono stati fermati quattro camion destinati alla ditta RA.RI e alla Lonzi, in quanto, ad una “ispezione visiva” il relativo carico risultavano sospetto. Per due di questi si è provveduto al completo svuotamento e al campionamento, per una verifica della corrispondenza a quanto dichiarato nel formulario di accompagnamento. Le analisi chimiche dei carichi campionati inizieranno nei prossimi giorni presso i laboratori di ARPAT.

di Arpat – Agenzia regionale per la protezione ambientale della Toscana