Ispra presenta l’Annuario dei dati ambientali: l’Italia è un paese di frane

Non solo: ogni 5 mesi viene cementificata una superficie pari a quella del Comune di Napoli

[17 Luglio 2013]

Nel solo 2012 le frane censite all’interno dell’Annuario dei dati ambientali Ispra 2013 sono state in Italia circa 487.000, interessando un’area pari al 6,9% del territorio italiano. La popolazione esposta a fenomeni franosi ammonta così a 987.650 abitanti, ed  è stato inoltre stimato che le persone esposte ad alluvioni sono 6.153.860: ossia, circa un cittadino su dieci.

L’allarme che aleggia sul territorio italiano è così ancora una volta il dato che suscita il maggiore scalpore all’interno dell’11esimo Annuario presentato dall’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale. Un allarme che continua da sin troppo tempo. Ispra, in collaborazione con il Sistema agenziale, ha sviluppato un sistema di monitoraggio puntuale che rappresenta la più significativa collezione di dati a livello nazionale, poiché ha ricostruito l’andamento del consumo di suolo dal secondo dopoguerra a oggi. In Italia, infatti,  sono stati consumati, in media, 7 m2 al secondo per oltre 50 anni; oggi il consumo di suolo raggiunge gli 8 m2 al secondo. In pratica, ogni 5 mesi viene cementificata una superficie pari a quella del Comune di Napoli e ogni anno una superficie pari alla somma di quelle dei Comuni di Milano e Firenze.

L’altra faccia della medaglia è rappresentata dai dati sulla superficie boscosa italiana, anch’essa in aumento. Secondo gli ultimi dati disponibili raccolti da Ispra (anno 2010) il coefficiente di boscosità si attesta al 36%, ben più alto di quel 28,8% registrato nel 1985. Una buona notizia per i polmoni verdi del Paese, ma un pessimo segnale per l’agricoltura, in quanto un contributo importante alla crescita della superficie boscata è dato dall’espansione delle foreste sulle aree abbandonate dall’agricoltura. Fenomeno, questo, condizionato dalla crisi del settore agricolo, e strettamente legato al progressivo abbandono della cura di un territorio – quello italiano – fortemente antropizzato ormai da millenni. e dalle politiche comunitarie.

Le principali linee d’analisi dell’Annuario Ispra ripercorrono così un quadro pressoché noto, e fornendo il contributo forse più prezioso nel mettere in chiara evidenza gli inscindibili ponti di collegamento che legano il nostro sistema economico a quello ecologico, passando dalla sfera sociale. Riportando i dati sulle emissioni totali di gas ad effetto serra, ad esempio, l’Istituto sottolinea un’ulteriore diminuzione della quantità emessa in atmosfera, ma la principale causa di questa tendenza è da ricercare nell’impatto della crisi economica, che ha duramente colpito il nostro sistema industriale (e il nostro modo di vivere la mobilità privata), piuttosto che in virtuosi processi di innovazione in prodotti e processi economici.

Lo stesso è possibile affermare per quanto riguarda la produzione di rifiuti urbani, che secondo i dati Ispra nel 2012 ha raggiunto poco meno di 30 milioni di tonnellate, diminuendo del 4,5% rispetto al 2011. La produzione nazionale pro capite passa da 528 kg/abit. nel 2011 a 504 kg/abit. nel 2012. In questo caso l’analisi si sofferma però soltanto sugli urbani appunto, trascurando gli speciali: una mancanza rilevante, dal nostro punto di vista, in quanto quest’ultima tipologia di rifiuti rappresenta una dimensione all’incirca quattro volte più ampia dei rifiuti urbani.

L’analisi dei dati Ispra evidenzia inoltre che, nel 2011, il 42,1% dei rifiuti urbani prodotti è stato avviato allo smaltimento in discarica. La discarica è, dunque, la forma di gestione più diffusa, anche se – finalmente una buona notizia – non più prevalente; nell’insieme, infatti, le altre tipologie di recupero, trattamento e smaltimento rappresentano oltre la metà dei rifiuti annualmente prodotti (57,9%). L’Ispra sottolinea infine come cresca la raccolta differenziata che, nel 2012, tocca il 39,9% della produzione totale di rifiuti urbani, ancora non sufficiente a raggiungere né l’obiettivo del 2011 (60%) né quello previsto per il 2012 (65%).Un’analisi ancor più sconfortante se si considera come questi regni – come di consueto, in ambito rifiuti – una gran confusione. Oltre al diffuso errore che sovrappone i dati sulla raccolta differenziata a quelli sul riciclo si affianca l’endemico handicap italiano che vede la mancanza di un metodo standard di contabilizzazione (misurazione) delle RD, per cui ogni regione in Italia conta i rifiuti urbani raccolti secondo propri criteri, senza validazione (unica eccezione la Toscana)  e/o certificazione, svuotando le statistiche d’ambito di buona parte di significato.

Si tratta di un pesante deficit statistico che il nostro Paese si trascina dietro da anni, mentre la qualità di questi dati dovrebbe rappresentare una priorità per chi ha a cuore un’efficace politica industriale per il Paese. «Al di là dei dati problematici – commenta infatti Ermete Realacci, presidente della commissione Ambiente, territorio e lavori pubblici della Camera, intervenendo questa mattina alla presentazione dell’Annuario dei dati ambientali – il rapporto dell’Ispra è uno strumento conoscitivo utile e prezioso perché dalle politiche ambientali passa il futuro del nostro sistema produttivo. Proprio le politiche ambientali, infatti, hanno in questi anni spinto le nostre imprese più competitive a investire in innovazione, bellezza, qualità, green economy. E sono proprio le imprese che hanno investito in tecnologie e prodotti ‘verdi’, come dimostrano i dati di una recente indagine di Symbola e Unioncamere, quelle che meglio competono sui mercati globali: il 37,4% delle imprese green vanta presenze sui mercati esteri, contro il 22,2% delle altre. Le politiche ambientali qualificano il nostro sistema produttivo e sono politiche che aiutano il Paese ad uscire dalla crisi. Ma politica e istituzioni – sottolinea Realacci – devono dare certezze».