La parola dell’anno è microplastica (VIDEO)

Un grosso problema diffuso in tutto il mondo che non è ancora entrato in molti vocabolari

[31 Dicembre 2018]

La Fundación del Español Urgente – Fundéu BBVA – paragonabile alla nostra Accademia della Crusca – ha nominato Microplástico (microplastica), parola dell’anno 2018. E’ la sesta occasione in cui la Fundación del Español Urgente, promossa dall’Agencia Efe e BBVA, designa la parola dell’anno, scelta tra i termini che sono stati più presenti nell’informazione durante gli ultimi 12 mesi e che sono anche interessanti dal punto di vista linguistico.

Nel 2013 la parola spagnola dell’anno era stata escrache (più o meno sputtanamento), nel 2014 selfi (selfie), nel 2015 refugiado (rifugiato), nel 2016 populismo e nel 2017 aporofobia (poverofobia). Quest’anno lo staff della Fundación ha optato per microplastica: «Un termine che pone l’accento sulla presa di coscienza riguardo a uno dei più grandi problemi ambientali tra quelli che affronta l’umanità. Le microplastiche sono piccoli frammenti di plastica (meno di cinque millimetri), che vengono  già prodotti con queste dimensione per essere utilizzati nei prodotti per la pulizia e l’igiene, o che si frammentano da una plastica più grande (borse della spesa, contenitori di tutti i tipi …) durante il suo processo di decomposizione. La loro presenza nella sabbia delle spiagge, negli organismi degli animali, nel sale marino che consumiamo e perfino nell’acqua che beviamo  ha fatto scattare l’allarme e ha obbligato a mettere in atto misure per ridurre il consumo di plastiche monouso, responsabile un buona parte del problema».

La parola microplastica non compare ancora in molti dizionari spagnoli, ma la  Fundación del Español Urgente ne ha consigliato l’introduzione e alla fine l’ha scelta tra le altre candidate a parola dell’anno 2018: VARsobreturismoprocrastinararanceldataísmo e nacionalpopulismo.

Javier Lascuráin, coordinatore generale della Fundéu BBVA, spiega come si è giunti a questa scelta: «Quando, qualche anno fa, venimmo a sapere dell’esistenza di un’enorme isola di plastica nel mezzo dell’Oceano Pacifico, capimmo che avevamo davanti a noi un problema enorme… ma distante. Oggi la contaminazione da plastica degli ecosistemi marini appare sotto forma di minuscole particelle, spesso non rilevabili a occhio nudo, ma che non sono più solo in una parte remota dei mari. Ora è molto vicina, pericolosamente vicino: nel pesce che mangiamo, nel sale con cui lo insaporiamo, nella sabbia innocente con cui giochiamo sulla spiaggia, nel nostro corpo… E’ la microplastica: il termine che nel Fundéu BBVA abbiamo scelto come parola dell’anno 2018 e che ci aiuta a capire meglio la dimensione e la prossimità di un problema che non è secondario. Gli esperti calcolano che ogni anno sversiamo circa 8 milioni di tonnellate di plastica in  mare, un’enorme quantità di rifiuti che non è solo un pericolo per la vita degli animali marini.

Numerosi studi dimostrano che i pezzi più piccoli in cui la nostra spazzatura di plastica viene decomposta vengono ingeriti dal pesce e, nel caso di quelli più piccoli, anche dal plancton che costituisce la base della catena alimentare marina».

Bethany Jorgensen, una ricercatrice del Civic Ecology Laboratory della Cornell University di New York, ha detto a EFE: «Mangiamo plastica? Sì, e lo beviamo anche. Si trova nei pesci, nelle cozze, negli altri molluschi, nel pescato, ma troviamo microplastiche e microfibre anche nei sistemi di distribuzione dell’acqua, sia dal rubinetto che in bottiglia. Abbiamo trovato microplastiche anche nella birra».

Uno studio dell’Umweltbundesamt, l’Agenzia federale per l’ambiente dell’Austria e della Medizinische Universität Wien  ha trovato campioni di microplastiche nelle feci umane. Lascuráin  evidenzia che «Sebbene gli effetti di queste particelle sulla nostra salute siano ancora sconosciuti, la notizia è molto preoccupante, soprattutto se teniamo conto del fatto che, anche se smettessimo di produrre plastica domani (che ovviamente non accadrà), l’enorme ammontare accumulato in i nostri oceani ci costringerebbero a gestire questo problema per secoli. Se decidiamo di adottare l’atteggiamento comprensibile di cercare i colpevoli di questo immenso casino, sicuramente non dobbiamo andare lontano, perché siamo tutti noi che abbiamo messo insieme ogni giorno un po’ alla volta questo piccolo e grande nemico  con le nostre peggiori abitudini consumistiche: acquistare prodotti confezionati singolarmente insieme a prodotti di plastica assemblati in un contenitore più grande, e li portiamo a casa nostra in sacchi dello stesso materiale. La plastica è il bicchiere in cui beviamo caffè, il bastoncino che utilizziamo per girarlo, le cannucce con cui beviamo bibite, i bastoncini con cui ci puliamo le orecchie … Oggetti che usiamo solo una volta, un spesso solo per pochi secondi e che sono perfettamente sostituibili con altri realizzati con materiali non inquinanti.

Possiamo argomentare (anche se suona più come una scusa) che il nostro ritmo di vita, le grandi aziende e il loro inesorabile marketing ci spingono verso quel tipo di consumo. Ma a un certo punto, e deve essere il più presto possibile, quel circolo vizioso dovrà essere interrotto».

Lascuráin conclude: «Finora gli allarmi sono già scattati e molte istituzioni hanno iniziato a intervenire. Paesi come il Cile sono in prima linea nelle politiche per eliminare la plastica monouso. In Spagna e in altre nazioni, da mesi, i rivenditori sono stati costretti a far pagare i sacchetti di plastica per scoraggiarne il consumo. E pochi giorni fa l’Unione europea ha raggiunto un accordo politico per ridurre l’inquinamento marino causato dalle materie plastiche monouso: dal 2021 in poi, bicchieri, piatti e posate e cannucce in plastica saranno banditi nell’Ue, così come cotton fioc, bastoncini per palloncini, contenitori di polistirolo espanso utilizzati nei fast food… Ma al di là delle regole e delle leggi, sembra ovvio che, allo stesso modo in cui la somma di milioni di atteggiamenti individuali ha creato un grosso problema, sarà anche la somma di milioni di gesti di ognuno di noi che contribuirà a risolverlo. Perché, in questo caso, le soluzioni, come il problema e come le parole che usiamo per nominarle, appartengono a tutti».

Videogallery

  • «Microplástico», palabra del año 2018

  • Microplástico: pequeños fragmentos para un gran problema