"Il 'chi inquina paga', principio sacro e ampiamente condiviso, è un principio che va declinato"

La Tari al tempo del Covid-19: mancato gettito da 1.3 a 2.5 miliardi di euro

Brandolini (Utilitalia): aziende resilienti e flessibili, ma bisogna tener di conto di questo deficit e di quello infrastrutturale

[17 Luglio 2020]

Mancate entrate da 1.3 e 2.5 miliardi di euro. A tanto ammonta il “deficit” del blocco del pagamento della Tari conseguente dell’emergenza Covid-19. Numeri di Utilitalia (la Federazione delle imprese di acqua ambiente e energia) che, attraverso il suo vicepresidente Filippo Brandolini nel corso del webinar ‘Rifiuti: il metodo tariffario e i provvedimenti in fase Covid-19’, servono a lui per sottolineare come, pur in assenza di queste ingenti risorse, il sistema “le imprese di gestione dei rifiuti” abbiano comunque “garantito nel periodo dell’emergenza sanitaria i servizi di igiene ambientale con continuità e in sicurezza”. Ma che di questi mancati introiti “vogliamo tenerne conto”.

Le aziende –  spiega sempre Brandolini durante l’evento organizzato da Arera per mettere a fuoco le ultime novità in tema Tari partendo dall’analisi dell’evoluzione del metodo tariffario sui rifiuti alla luce dei recenti provvedimenti approvati durante l’emergenza da coronavirus – “Hanno dimostrato di essere resilienti e flessibili in base alla modifica della domanda da parte dei territori o per le ordinanza delle regioni”, ma “la cosa che ci ha sorpreso è che spesso la discussione sul tema dei rifiuti si è concentrata, in un quadro generale di difficoltà, sulla necessità di dover tagliare i corrispettivi o i costi delle nostre imprese; ma i costi delle nostre imprese sono per l’80-90% rigidi, non comprimibili, quanto meno in tempi brevi. Arera ha preso provvedimenti opportuni che hanno garantito anche flessibilità al sistema. Ma Arera non può intervenire sul problema finanziario; è necessario che ci sia un intervento del governo quando interverrà sui fondi per i Comuni con un’indicazione specifica sulla Tari”.

Per il vicepresidente della Federazione “l’ordine delle priorità in questa emergenza deve essere rivisto e tra questi anche alcuni approcci. Il ‘chi inquina paga’, principio sacro e ampiamente condiviso, è un principio che va declinato; nel senso che sicuramente una parte del servizio è legato alla produzione dei rifiuti ma bisogna tener presente anche che una parte del servizio è proprio di quel territorio (in analogia con i servizi a rete) e viene comunque garantito anche se un utente non ne usufruisce in un determinato periodo”.

“Vedevamo già anni fa, come vediamo ora in modo ancora più convinto, la regolazione come aspetto centrale per il settore – aggiunge Brandolini -, un ente terzo che potesse favorire lo sviluppo in termini industriali e contribuire a colmare in alcune aree del Paese i gap impiantistici. E’ evidente che non basta soltanto il sistema regolatorio”.

Ed eccoci all’altro tema sempre di attualità e strettamente legato proprio alla corretta gestione del ciclo integrato dei rifiuti: ovvero la cronica mancanza di impianti sul territorio nazionale. Una situazione che, al di là di quella che è la narrazione sulla raccolta differenziata dei rifiuti che è assai diversa dalla realtà, sta mettendo in crisi – con l’aggravante dell’emergenza Covid – anche i Comuni, che debbono gestire le proprie aziende di servizi pubbliche utilizzando solo il gettito della Tari e che hanno spese aggravate dal ben noto deficit infrastrutturali.

“E’ necessario – conclude quindi Brandolini – avere sul territorio nazionale ambiti territoriali che in qualche modo favoriscano innanzitutto la razionalizzazione delle governance e quindi l’aggregazione delle gestioni, in modo da superare frammentazioni e gestioni in economia, così come è necessaria una Strategia nazionale sui rifiuti per il nostro Paese”.