Una persona potrebbe ingerire ogni anno tra 14.000 e 68.000 particelle di microplastica dalla polvere e dall’aria

Microplastiche nei gamberi, ma non influiscono sulla loro salute o sulla nostra

Studio dell’università di Barcellona: le quantità osservate non rappresentano alcun pericolo per il consumo di gamberi viola

[23 Luglio 2020]

Secondo lo studio “A closer look at anthropogenic fiber ingestion in Aristeus antennatus in the NW Mediterranean Sea: Differences among years and locations and impact on health condition”, pubblicato su Environmental Pollution da un team di ricercatori dell’Universitat Autònoma de Barcelona (UAB) e dell’Institut de Ciències del Mar, «Nonostante la presenza di microplastiche nei gamberi rossi, le quantità osservate non implicano alcun effetto sulla loro salute», confermando così i risultati di altri studi che dimostrano che le microplastiche non rappresentano alcun pericolo per il consumo umano.

Il gruppo di ricerca salut d’ecosistemes i animals aquàtics (SEAaq) dell’UAB ha analizzato se le microplastiche che contaminano il Mediterraneo penetrano anche nel corpo dei gamberi viola (Aristeus antennatus) e quali effetti provocano sulla loro salute e sul consumo umano. Lo studio è stato condotto in tre zone di pesca al largo della costa catalana di Girona, Barcellona e il Delta dell’Ebro, a Tarragona, nel 2017 e 2018. Alcuni di questi campioni, quelli di Barcellona, ​​sono stati confrontati con altri di oltre 10 anni fa, per vedere come in un decennio sono cambiate le concentrazioni di microplastiche.

I ricercatori catalani dicono che «I risultati sono chiari, 3 gamberi su 4 analizzati contengono fibre antropogeniche nel loro tratto digestivo. Di questi, circa la metà ha una buona parte delle fibre a spirale che formano grovigli all’interno dello stomaco».

In un campione specifico, i gamberi pescati nell’area prima della capitale catalana Barcellona, presentavano fino a 30 volte più fibre sintetiche rispetto ad alcune delle altre aree studiate.

»Ora – dicono i ricercatori – confrontando i risultati del 2007 con quelli del 2017 e del 2018, non vi è una chiara tendenza verso un aumento dell’abbondanza di queste fibre, sebbene la composizione sia cambiata, diminuendo la presenza di polimeri acrilici e aumentando quelli del poliestere, in linea con le tendenze dei consumatori».

Per quanto riguarda gli effetti di queste fibre sulla salute dei gamberi, lo studio dimostra che «Anche quelli con grovigli di dimensioni considerevoli mantengono i loro indici di condizione corporea e non si osservano alterazioni istopatologiche dei tessuti negli organi studiati, nemmeno nella cuticola. o l’epitelio digestivo a diretto contatto con le fibre artificiali. Lo studio non ha rilevato alcun effetto o correlazione coerente di queste fibre sulla condizione dei gamberi, che sono considerati in buona salute».
La principale autrice dello studio, Ester Carreras-Colom  del Departament de Biologia Animal, Vegetal i Ecologia de la UAB, spiega che «Probabilmente i gamberi si liberano di tutte le fibre ingerite e accumulate grazie alla muta dell’esoscheletro che si svolge ogni determinato periodo di tempo, il che potrebbe spiegare perché, nonostante l’abbondanza di fibre trovate in alcuni individui, presentano ancora un buon stato di salute».

Per quanto riguarda gli effetti sulla salute delle persone, i ricercatori ritengono che «Il consumo di gamberi è lungi dall’essere un inquinante preoccupante. Altri studi dimostrano che l’ingestione di microplastiche attraverso i gamberi è minima rispetto al quantità di fibre che possono raggiungerci attraverso altri percorsi, come l’utilizzo di imballaggi in plastica o l’inquinamento ambientale, le fibre sintetiche che si staccano dagli indumenti e anche quelle presenti nella polvere e che inevitabilmente possono anche finire sul nostro piatto». Uno studio realizzato nel Regno Unito ha stimato che una persona potrebbe ingerire ogni anno tra 14.000 e 68.000 particelle di microplastica dalla polvere e dall’aria, una cifra molto più alta rispetto alle 22 fibre identificate in media nei gamberi.

La Carreras conclude. «Presto sarà la volta di scoprire se i comuni pesci in commercio nelle pescherie che consumiamo e provenienti dalle nostre coste, come la triglia di fango (Mullus barbatus) o l’acciuga (Engraulis encrasicolus), seguono lo stesso percorso».