Nel 2040 la plastica negli oceani potrebbe triplicare o essere ridotta dell’80%, dipende dalle scelte che faremo

Per ridurre fortemente l’afflusso di plastica in mare bisogna passare dall’attuale cambiamento progressivo a uno sistemico

[24 Luglio 2020]

Lo studio “Evaluating scenarios toward zero plastic pollution”, pubblicato su Science da un team di ricercatori internazionale è alla base del rapporto “Breaking the Plastic Wave Thought Partners: A Comprehensive Assessment of Pathways Towards Stopping Ocean Plastic Pollution”, pubblicato dal Pew Charitable Trusts e SYSTEMIQ con il contributo delle università di Oxford e Leeds e della Ellen Macarthur Foundation e di Common Sea.

Il rapporto presenta un modello unico nel suo genere del sistema globale delle materie plastiche. «E’ una roadmap basata sull’evidenza – spiegano a SYSTEMIQ  – che descrive come ridurre radicalmente l’inquinamento da plastica degli oceani entro il 2040 e dimostra che esiste un percorso completo, integrato ed economicamente attraente per ridurre notevolmente i rifiuti di plastica che entrano nel nostro oceano».

Allo studio hanno partecipato 17 esperti guidati da Winnie Lau del Pew Charitable Trusts che hanno esaminano il problema dell’inquinamento da plastica e che sottolineano che «Lo scopo di questo lavoro è di aiutare a guidare i policymakers, gli executives delle industrie, gli investitori e i leader della società civile attraverso un territorio altamente contestato, spesso povero di dati e complesso».

A meno che non vengano intraprese azioni a livello mondiale, Entro il 2040 sono destinate a entrare nel nostro ambiente – sia a terra che nell’oceano –  circa 1,3 miliardi di tonnellate di plastica sono destinate al nostro ambiente entro il 2040,

Intervistato da BBC News, uno degli autori dello studio, Costas Velis dell’università di Leeds, ha definito questa cifra «sconcertante», ma ha aggiunto che «Abbiamo la  tecnologia e l’opportunità per arginare la marea. Questa è la prima valutazione completa di come potrebbe essere il quadro tra 20 anni. E’ difficile immaginare una quantità così grande, ma se potessimo immaginare di stendere tutta quella plastica su una superficie piana, coprirebbe l’area del Regno Unito 1,5 volte. E’ complesso [da calcolare] perché la plastica è ovunque e, in ogni parte del mondo, è diversa in termini di come viene utilizzata e gestita».

Evidenziando il legame sistemico tra una migliore progettazione e riutilizzo della plastica, una migliore economia del riciclo e maggiori incentivi alla raccolta, lo studio e il rapporto affrontano proprio il tema centrale per la sfida affrontata in “Breaking the Plastic Wave”: come applicare il concetto di economia circolare, insieme a una maggiore riduzione e sostituzione della plastica e una migliore gestione dei rifiuti, in modo da affrontare urgentemente questa grave sfida ambientale.

A SYSTEMIQ fanno notare che «Il modello è già stato applicato a livello nazionale in Indonesia nell’ambito della collaborazione pubblico-privata National Plastic Action Partnership . Questo modello può anche essere aggiornato dalle parti interessate su base continuativa per informare le soluzioni al problema dell’inquinamento da plastica».

I passaggi richiesti dai ricercatori includono: ridurre la crescita della produzione e del consumo di plastica;  sostituire la plastica con carta e materiali compostabili;  progettare prodotti e imballaggi pensando al loro riciclo;  aumentare i livelli di raccolta dei rifiuti nei Paesi a reddito medio/basso e sostenere il settore della “raccolta informale”; costruire impianti per lo smaltimento del 23% della plastica che non può essere riciclata  ridurre le esportazioni di rifiuti di plastica. Ma Velis spiega che «Anche se venissero intraprese tutte le azioni possibili, il modello ha mostrato che nei prossimi due decenni ci sarebbero stati 710 milioni di tonnellate in più di rifiuti di plastica nell’ambiente».

I ricercatori evidenziano che «Il problema dell’inquinamento da plastica nell’oceano è stato creato durante la durata di una vita e abbiamo motivo di credere che possa essere risolto entro una generazione o prima. Ma una soluzione del genere richiede che leader politici, policymakers, business executives e investitori passino da un cambiamento progressivo a un cambiamento sistemico. Tra le nostre scoperte, una è particolarmente netta: sull’attuale traiettoria, che chiamiamo Business-as-Usual, i flussi annuali di plastica verso l’oceano potrebbero quasi triplicare entro il 2040. Inoltre, anche se tutti gli attuali impegni del settore e del governo venissero rispettati, in uno scenario Business-as-Usual , il mondo vedrebbe una riduzione dei tassi annuali di inquinamento da plastica che fluisce nell’oceano solo del 7%. Tuttavia, dimostriamo anche che se il mondo dovesse applicare e investire con fermezza in tutte le tecnologie, le pratiche di gestione e gli approcci politici attualmente disponibili – tra cui riduzione, riciclaggio e sostituzione della plastica – tra 20 anni si otterrebbe una riduzione dell’80% circa da l’attuale traiettoria nell’afflusso di plastica nell’oceano. E le nuove soluzioni raccomandate in questo rapporto fornirebbero ai consumatori gli stessi servizi che la plastica offre oggi – a un costo inferiore per la società».

Non esiste un “proiettile d’argento” per risolvere il problema della plastica. Ma lo studio ha messo in evidenza un problema spesso trascurato: nel Sud del mondo circa 2 miliardi di persone non hanno accesso a una corretta gestione dei rifiuti. «Devono semplicemente sbarazzarsi di tutta la loro spazzatura, quindi non hanno altra scelta che bruciarla o buttarla via. E, nonostante svolgano un ruolo importante nella riduzione dei rifiuti globali di plastica, i circa 11 milioni di raccoglitori di rifiuti – persone che raccolgono e rivendono materiali riutilizzabili nei Paesi a basso reddito – spesso non hanno i diritti di lavoro di base e condizioni di lavoro sicure.  I raccoglitori di rifiuti sono gli eroi non celebrati del riciclo, senza i quali la massa di plastica che entra nell’ambiente acquatico sarebbe notevolmente maggiore. Le  politiche per sostenerli e rendere il loro lavoro più sicuro sono una parte vitale per risolvere questo problema».

Winnye Lau conclude; «La plastica è diventata onnipresente sugli scaffali dei supermercati e nelle nostre case. Dagli alimenti imballati alle bottiglie usa e getta fino alle microsfere nei prodotti per l’igiene, è ampiamente utilizzata come imballaggio o nei prodotti perché è versatile, economico e conveniente. Ma questa comodità ha un prezzo. I rifiuti di plastica stanno entrando nell’oceano a una velocità di circa 11 milioni di tonnellate all’anno, danneggiando la vita marina e danneggiando gli habitat. Come siamo arrivati ​​a questo? Abbiamo prodotto grandi quantità di prodotti in plastica e abbiamo adottato poche misure per regolarne l’utilizzo o gestirne adeguatamente lo smaltimento. “Breaking the Plastic Wave”, un’analisi globale che utilizza modellistica unica nel suo genere, dimostra che possiamo tagliare i flussi annuali di plastica nell’oceano di circa l’80% nei prossimi 20 anni applicando soluzioni e tecnologie esistenti. Nessuna singola soluzione può raggiungere questo obiettivo; piuttosto, smorzeremo l’ondata della plastica solo intraprendendo azioni immediate, ambiziose e concertate».