Edo Ronchi non ci sta e prepara l’addio. Rimodulati i tempi per il risanamento

Riva, state sereni: col decreto del governo all’Ilva chi inquina non paga

Gli 1,8 miliardi della famiglia non saranno resi disponibili per la bonifica

[11 Luglio 2014]

C’hanno provato a far diventare l’acciaieria dell’Ilva come il manifesto di quelli che vogliono scegliere, o l’ambiente (e la salute), o il lavoro. Poi guardi all’ultima tappa di un dramma che dura da ormai da anni – o da decenni, se si pensa all’Italcementi – e scopri che ambientalisti e sindacati metalmeccanici sono schierati fianco a fianco: entrambi contestano il decreto appena varato dal governo Renzi. Dall’ultimo Consiglio dei ministri è uscito un comunicato stampa appena per la pubblica consultazione (nessun testo ufficiale, come ormai di prassi), ma le reazioni sono già scintille. Il subcommissario all’ambiente dell’Ilva, Edo Ronchi, può ormai dirsi un ex. Aveva chiesto di rilanciare, di poter rivestire un ruolo di vero e proprio commissario – con conseguente capacità di spesa per il risanamento ambientale dell’acciaieria –, ma il decreto approvato ieri sembra chiudere a quest’ipotesi, e Ronchi appare deciso a lasciare il suo ruolo per manifesta contrarietà di visioni. «Dopo l’incomprensibile nomina del commissario Gnudi – commenta amaro di Stefano Ciafani, vice presidente nazionale di Legambiente – ora questo decreto approvato dal Governo, all’acqua di rose rispetto alla bozza iniziale: ma la famiglia Riva siede in Consiglio dei ministri?». Il nodo del conflitto, ancora una volta, sono i soldi. Ermete Realacci, presidente della commissione Ambiente della Camera e deputato Pd, premette che «la versione finale del decreto sull’Ilva va ovviamente letta con grande attenzione, ma ciò che è apparso sugli organi di informazione non è rassicurante. Non è chiaro perché non si è dato corso alla legge attualmente in vigore che prevede che le risorse per il risanamento ambientale, pari ad almeno 1.800 milioni di euro, possano essere prelevate anche dai beni sequestrati alla famiglia Riva. Se non sono garantiti risorse, tempi  e responsabilità certi sul risanamento ambientale, che non può essere assolutamente separato dal futuro produttivo dell’impianto». Realacci non manca di sottolineare inoltre che «l’annunciata rinuncia del sub-commissario ambientale Edo Ronchi rappresenta un pessimo segnale», e tira una bomba sul futuro dello stesso decreto governativo: «Non credo che il Parlamento possa convertire nella versione attuale il provvedimento». Ma lo sdegno stavolta è trasversale al mondo degli ambientalisti. «I Riva e Federacciai dettano e i ministri Guidi e Galletti diligentemente eseguono – commentano caustici gli esponenti di Green Italia Roberto Della Seta e Francesco Ferrante – Il decreto varato dal governo sull’Ilva certifica che non verrà usato nemmeno un euro dei fondi sequestrati alla  proprietà dell’azienda siderurgica, che per i prossimi due anni l’acciaieria potrà derogare alle prescrizioni ambientali e si è messo il sub commissario alle tematiche ambientali nella condizione di non disturbare il manovratore. Il combinato disposto di tutto ciò è uno schiaffo alla città di Taranto e alle sofferenze dei suoi cittadini. Il decreto prevede che entro il 30 luglio 2015 sia attuato solo l’80% delle misure ambientali in scadenza a quella data, e dunque in quel rimanente 20% si annida la scappatoia che permetterà all’Ilva di continuare a inquinare, derogando alle prescrizioni più importanti e impattanti». Oltre a rimodulare le tempistiche del risanamento ambientale, peggiorandole, il decreto rende dunque indisponibili anche le risorse della famiglia Riva. L’unica concessione riguarda la possibilità di applicare la prededuzione ai finanziamenti che l’Ilva chiederà alle banche, ma è davvero troppo poco. Non ci siamo – commenta all’Agi Marco Bentivogli, segretario nazionale della Fim Cisl – non è questo il provvedimento che serve all’Ilva. Ci ritroviamo con un provvedimento che, bene che vada, permetterà solo di gestire i prossimi mesi, consentendo probabilmente di pagare stipendi ai dipendenti e lavori delle imprese. Il governo mostra di navigare a vista, delegando i problemi e le scelte a chi comprerà tra qualche tempo l’azienda». C’è da domandarsi, però, chi si pensa avrà voglia di comprarsi un’impresa enorme che ha ormai perso la sua strada all’interno della spietata competizione internazionale sull’acciaio. «C’è bisogno di un rilancio dell’azienda – ribadisce Bentivogli – partendo dall’applicazione del piano ambientale». Lavoro e ambiente non solo possono avanzare pari passo, ma devono. Se non riescono a coordinare le proprie esigenze, nell’Italia di oggi prima o poi l’azienda precipita, com’è precipitata l’Ilva. Cercasi disperatamente visione industriale e di governo per rialzarsi.