Molti di questi microrganismi sono più prevalenti in popolazioni non occidentalizzate che in occidente probabilmente come conseguenza del processo di industrializzazione

E’ dell’università di Trento il più ricco catalogo dei batteri del corpo umano: oltre 150.000

Scoperto e classificato un gran numero di batteri e archeobatteri del microbioma umano

[18 Gennaio 2019]

Cell ha pubblicato lo studio di metagenomica computazionale “Extensive unexplored human microbiome diversity revealed by over 150,000 genomes from metagenomes spanning age, geography, and lifestyle” che rende nota la scoperta e la classificazione di «un grande numero di batteri e archeobatteri finora sconosciuti, che costituiscono il microbioma umano. Molti di questi microrganismi sono più prevalenti in popolazioni non occidentalizzate che in occidente probabilmente come conseguenza del processo di industrializzazione»

Il team guidato dall’UniTrento  – Nicola Segata con Edoardo Pasolli, Francesco Asnicar, Serena Manara, Moreno Zolfo, Nicolai Karcher, Federica Armanini, Francesco Beghini, Paolo Manghi, Adrian Tett, Paolo Ghensi (Università di Trento) in collaborazione con Maria Carmen Collado (National Research Council, Valencia), Benjamin L. Rice (Harvard University, Cambridge), Xochitl C. Morgan (University of Otago), Christopher Quince (University of Warwick) e con Casey DuLong, Christopher D. Golden e Curtis Huttenhower (Harvard T.H. Chan School of Public Health, Boston e The Broad Institute, Cambridge) – sottolinea che si tratta del «Più ricco catalogo di batteri e archeobatteri umani mai compilato finora e l’individuazione di molte specie microbiche intestinali e orali comuni nella popolazione mondiale ma finora mai osservate». Segata aggiunge: «Abbiamo individuato e catalogato geneticamente un grande numero di batteri e archeobatteri che costituiscono il microbioma umano, ma che finora non erano mai stati analizzati o descritti. Questo permette ora di caratterizzare una frazione sostanziale del microbioma che era rimasta finora “nascosta”. Abbiamo anche osservato molti microrganismi presenti prevalentemente in popolazioni non occidentalizzate e che in occidente sono solo raramente identificati. Probabilmente questo è una conseguenza del complesso processo di industrializzazione».

Dallo studio arriva la conferma che «Anche i batteri, dunque, come altre forme viventi, evolvono e vengono selezionati con il cambiare dell’ambiente, dell’alimentazione e dello stile di vita e in alcuni casi rischiano di estinguersi». Il team di ricerca internazionale si è messo sulle tracce di alcuni di questi batteri con uno studio che è un intreccio di genomica, microbiologia e big data. Lo studio ha impegnato per oltre due anni ricercatori e ricercatrici del Dipartimento Cibio dell’Università di Trento assieme a studenti e studentesse della laurea magistrale in Quantitative and Computational Biology dell’ateneo ed è frutto di una collaborazione internazionale nella quale hanno avuto un ruolo rilevante docenti di Harvard che studiano popolazioni non occidentalizzate del Madagascar.

Segata, che nelle sue ricerche si occupa del microbioma umano, spiega: «E’ quell’insieme di batteri, virus, funghi e parassiti che si trovano in particolare nell’intestino, nella bocca, sulla pelle e nell’apparato genitale. Il microbioma, con cui le cellule umane vivono in simbiosi, svolge funzioni cruciali per il corpo, dal metabolismo all’attività sull’asse intestino-cervello, dalla protezione diretta contro organismi patogeni alla regolazione del sistema immunitario. Si è dimostrato che il microbioma ha un ruolo nell’insorgenza di alcuni tumori e nel successo della immunoterapia contro il cancro».

La metagenomica  è l’approccio del suo team allo studio del microbioma analizzando il suo contenuto genetico: «Da una goccia di saliva, tampone cutaneo o grammo di feci estraggono il DNA di tutti i microrganismi presenti, lo sequenziano con le macchine ad alta precisione di cui è dotata l’Università di Trento. Con speciali super-computer analizzano poi il DNA sequenziato per ricostruire composizione e dinamiche del microbioma», si legge in un comunicato di UniTrento.l.

Segata entra nei particolari  della ricerca: «Con questo studio che è frutto del lavoro di tutto il team multidisciplinare a CIBIO che comprende microbiologi, statistici, e informatici, abbiamo individuato quasi 5 mila specie che catalogano gli oltre 154 mila genomi ricostruiti e descrivono il microbioma umano al variare di età, distretto corporeo, dieta, malattia. Ogni individuo possiede fino a diverse centinaia di queste specie. Una grossa frazione di queste 5 mila specie (il 77%) erano precedentemente sconosciute. Alcune di queste specie sono molto prevalenti nella popolazione e la loro scoperta è la base di partenza per poter testare il loro ruolo in malattie autoimmuni, gastro-intestinali, e oncologiche. Per arrivare a questi risultati abbiamo analizzato una mole di dati estremamente grande e diversificata per provenienza geografica, stile di vita, età. In tutto abbiamo analizzato 9428 campioni da tutti i continenti». E sulla scoperta di un “nuovo” batterio evidenzia che «La specie sconosciuta più comune, che abbiamo chiamato “Cibiobacter qucibialis”, è il settimo organismo intestinale più prevalente nella popolazione e l’abbiamo individuata ricostruendo più di 1800 genomi. Questa specie potrà essere di grande importanza per la comprensione delle funzioni del microbioma umano e come sfruttarlo in biomedicina».

La ricerca è stata finanziata principalmente da due progetti europei: MetaPG (dall’ERC per Nicola Segata) e DiMeTrack (Marie Skłodowska-Curie Actions per Edoardo Pasolli). Il supporto dei finanziamenti europeo è stato fondamentale e ha permesso, tra l’altro, l’accesso open access all’articolo. Tutti i software utilizzati/sviluppati sono Open Source, approccio collaborativo e senza barriere alla ricerca nel quale il laboratorio crede molto.

Studenti e studentesse della laurea magistrale in Quantitative and Computational Biology (QCB) hanno partecipato attivamente a un filone della ricerca durante il corso di Computational Microbial Genomics. Il nome del batterio “Candidatus Cibiobacter qucibialis” deriva appunto dalla combinazione dei nomi del Dipartimento e della laurea magistrale (CIBIO e QCB).

Per finire Segata sottolinea le differenze tra popolazioni: «Ci siamo soffermati sulle popolazioni non occidentalizzate che non hanno cioè accesso alle diete ad alto contenuto di grassi, agli antibiotici e altri medicinali e sottoposte a condizioni igieniche differenti. Molti nuovi microrganismi scoperti nelle popolazioni non occidentalizzate tendono a non essere più identificabili nelle nostre popolazioni occidentali. Il lavoro ha quindi posto i presupposti per studiare queste specie e capire se possano essere legate all’aumento di malattie autoimmuni, allergie e malattie complesse del mondo occidentale. Pensiamo anche che sia necessario cercare di coltivare e conservare queste specie che, in futuro, si potrebbe pensare di provare a reintrodurre nelle popolazioni occidentalizzate».