I ricercatori dell’Università di Pisa dal Dalai Lama, per studiare meditazione e coscienza

«La collaborazione di meditatori avanzati ci darà la possibilità di incrociare l’esperienza in prima persona con l’osservazione dei correlati neuronali»

[6 Febbraio 2020]

L’Università di Pisa si conferma un Ateneo d’eccellenza per lo studio che gli effetti della meditazione ha sull’attività cerebrale e, più in generale, per la comprensione di quel “problema difficile” che è la natura della coscienza: Angelo Gemignani e Ciro Conversano del dipartimento di Patologia chirurgica, medica, molecolare e dell’area critica, insieme a Bruno Neri del dipartimento di Ingegneria dell’informazione hanno infatti appena concluso una missione presso il Kalachakra Institute for Meditation di Dharamsala, in India, durante la quale hanno avuto anche la possibilità di essere ricevuti dal Dalai Lama nella sua residenza privata per presentare i loro studi.

«La collaborazione con il Kalachakra Institute for Meditation ci darà la possibilità di incrociare l’esperienza in prima persona con l’osservazione dei correlati neuronali, in particolare, con lo studio dei tracciati elettroencefalografici registrati nel corso delle sessioni di meditazione (la cosiddetta neurofenomenologia di Francisco Varela) – spiegano i ricercatori – A questo fine la collaborazione di meditatori avanzati, in grado di generare, in maniera precisa e ripetibile, stati di coscienza non ordinari, precisamente codificati nell’ambito della secolare tradizione della scuola di appartenenza, costituisce un valore aggiunto prezioso e insostituibile per la ricerca in oggetto. Nella fattispecie, la collaborazione col Khalachakhra Institute consentirà di lavorare con meditatori avanzati che praticano alcune tecniche esoteriche, tramandate solo per via orale da maestro a discepolo, che permetterebbero di accedere al controllo del rapporto mente/corpo e quindi di indagare quello che il filosofo australiano David Chalmers ha definito col termine “hard problem” (il problema difficile)».

Uno spazio significativo della missione è stato dedicato alle possibili applicazioni alla riduzione dello stress cronico (o distress) e all’incremento del benessere interiore, di alcune tecniche di training mentale, quali i protocolli basati sulla mindfulness, nate e sviluppatesi nell’alveo delle pratiche contemplative del buddismo tibetano; è stato però il confronto tra gli aspetti esperenziali e quelli osservabili in maniera oggettiva il principale argomento dei numerosi colloqui che si sono sviluppati nel corso della settimana di permanenza a Dharamsala. Il Dalai Lama, che è stato a colloquio coi ricercatori pisani per oltre 90 minuti, ha chiesto di essere informato sul progresso delle loro ricerche e ha fornito preziosi suggerimenti per una migliore comprensione delle tecniche e degli effetti delle principali pratiche contemplative tipiche del buddismo tibetano.

Un filone di ricerca dunque perfettamente in linea con quello maturato fin dai tempi del “The Mindscience of Reality” Symposium del 2017, nel corso del quale l’Univesità di Pisa aveva conferito al Dalai Lama la laurea magistrale honoris causa in Psicologia clinica e della salute.

Uno dei temi del Symposium era stato, infatti, quello del recupero dell’esperienza in prima persona quale elemento irrinunciabile e irriducibile per una comprensione dei fenomeni di coscienza, che non si limiti allo studio dei soli correlati neuronali. Uno degli elementi caratterizzanti l’attività di ricerca è stato, fin dal 2016, con la firma della convenzione con l’Istituto Lama Tzong Khapa di Pomaia e poi nel 2018 con l’Università Tibetana di Sera Jey, il coinvolgimento di istituzioni che affondano le loro radici nella tradizione plurimillennaria dello studio della coscienza sia sul fronte teorico che su quello esperenziale.