L’evoluzione può essere la causa dell’alto rischio di cancro negli esseri umani?

La maggior parte delle persone non produce più la proteina Siglec-12, ma alcuni di quelli che lo fanno hanno un doppio rischio di cancro avanzato

[11 Dicembre 2020]

Rispetto agli scimpanzé, i nostri cugini evolutivi più prossimi, noi esseri umani siamo particolarmente inclini a sviluppare carcinomi avanzati – il tipo di tumori che includono tumori alla prostata, al seno, ai polmoni e al colon-retto – anche in assenza di fattori di rischio noti, come la predisposizione genetica o l’uso di tabacco.

Il recente studio “Human‐specific polymorphic pseudogenization of SIGLEC12 protects against advanced cancer progression”, pubblicato su FASEB BioAdvances da un team di ricercatori statunitensi guidati dalla School of Medicine dell’università della California – San Diego e del Moores Cancer Center aiuta a spiegare perché e suggerisce che la colpa potrebbe essere almeno in parte di una mutazione genetica evolutiva unica nel’uomo.

L’autore senior dello studio, Ajit Varki, distinguished professor alla School of Medicine  dell’UC San Diego e al Moores Cancer Center, spiega che «A un certo punto durante l’evoluzione umana, il gene SIGLEC12 – e più specificamente, la proteina Siglec-12 che produce come parte del sistema immunitario – ha subito una mutazione che ha eliminato la sua capacità di distinguere tra “sé” e i microbi invasori, quindi per il corpo è stato necessario sbarazzarsene- Ma non è completamente scomparso dalla popolazione: sembra che questa forma disfunzionale della proteina Siglec-12 sia diventata canaglia e ora è diventata un problema per la minoranza di persone che ancora la producono».

Gli altri asutori dello studio sono: Shoib S. Siddiqui, Michael Vaill, Raymond Do, Naazneen Khan, Andrea L. Verhagen, Gen-Sheng Feng dell’UC San Diego; Wu Zhang, Heinz-Josef Lenz dell’University of Southern California; Teresa L. Johnson-Pais, Robin J. Leach dell’University of Texas Health Science Center; Gary Fraser, Charles Wang della Loma Linda University.

Ajit Varki, che è anche condirettore del Glycobiology Research and Training Center e del Center for Academic Research and Training in Anthropogeny, ha condotto lo studio insieme al team di Nissi Varki, professore di patologia alla School of Medicine dell’UC San Diego ed è così che, esaminando campioni di tessuto normale e canceroso, i ricercatori hanno scoperto che «Circa il 30% delle persone che ancora producono proteine ​​Siglec-12 corrono più del doppio del rischio di sviluppare un cancro avanzato durante la loro vita, rispetto alle persone che non possono produrre Siglec -12».

All’UC San Diego spiegano che «Normalmente, i geni che codificano tali proteine ​​disfunzionali vengono eliminati dal corpo nel tempo e circa due terzi della popolazione umana globale ha smesso di produrre la proteina Siglec-12. Laddove il gene è ancora presente negli esseri umani, è stato a lungo ritenuto di non rilevanza funzionale e ci sono stati pochissimi studi di follow-up nei due decenni da quando è stato scoperto». Ma gli scimpanzé hanno continuato a produrre Siglec-12 funzionante.

Quando il team di Nissi Varki ha deciso di rilevare la Siglec-12 nei campioni di tessuto non canceroso utilizzando un anticorpo, circa il 30% dei campioni è risultato positivo, come previsto dalle informazioni genetiche. Al contrario, la maggior parte dei campioni di cancro avanzato delle stesse popolazioni era positiva per la proteina Siglec-12.

Studiando una diversa popolazione di pazienti con cancro del colon-retto in stadio avanzato, i ricercatori hanno scoperto che oltre l’80% aveva la forma funzionale del gene Siglec-12 e quei pazienti avevano un esito peggiore rispetto alla minoranza di pazienti che ne erano privi.

Secondo Nissi Varki, «Questi risultati suggeriscono che la minoranza di individui che possono ancora produrre la proteina sono a rischio molto maggiore di avere un cancro avanzato».

I ricercatori hanno anche convalidato le loro scoperte nei topi introducendo cellule tumorali progettate per produrre Siglec-12 e dicono che «I tumori risultanti sono cresciuti molto più velocemente e hanno attivato molti percorsi biologici noti per essere coinvolti nei tumori avanzati, rispetto alle cellule tumorali di controllo senza Siglec-12 funzionante».

Ajit Varki è un consulente scientifico di Mablytics Inc., una startup biotecnologica che sta sviluppando farmaci immunoterapici diretti contro questo nuovo bersaglio di Siglec nei tumori solidi. Mablytics ha anche finanziato una collaborazione di ricerca correlata con l’UC San Diego guidata da Nissi Varki e lo scienziato dice che, per quanto riguarda i risultati del nuovo studio, «Questa informazione è importante perché potrebbe essere sfruttata per diagnosi e trattamenti futuri».

Il team ha proceduto fin da subito speditamente sviluppando un semplice test delle urine che potrebbe essere utilizzato per rilevare la presenza della proteina disfunzionale e, aggiunge  Ajit Varki, «Potremmo anche essere in grado di utilizzare anticorpi contro Siglec-12 per somministrare selettivamente chemioterapie alle cellule tumorali che trasportano la proteina disfunzionale, senza danneggiare le cellule non cancerose».