Prolungata del 500% la durata della vita del verme nematode C. elegans, è come se un uomo vivesse 400 – 500 anni

Identificati i percorsi cellulari responsabili dell'estensione della durata della vita in buona salute

[20 Gennaio 2020]

Gli scienziati del MDI Biological Laboratory, in collaborazione con ricercatori del  Buck Institute for Research on Aging di Novato, in California e dell’Università di Nanchino in Cina, hanno identificato «percorsi cellulari sinergici per la longevità che amplificano la durata della vita di cinque volte nel Caenorhabditis elegans», un verme nematode lungo circa un millimetro e utilizzato come modello nella ricerca sull’invecchiamento perché condivide molti dei suoi geni con gli esseri umani perché la sua breve durata di vita, sole 4 o 4 settimane consente agli scienziati di valutare rapidamente gli effetti degli interventi genetici e ambientali per prolungare la durata della vita in buona salute. Secondo il team di ricercatori, «L’aumento della durata della vita sarebbe l’equivalente di 400 o 500 anni per una vita umana».

La ricerca si basa sulla scoperta di due dei principali percorsi che governano l’invecchiamento in C. elegans e, dato che «questi percorsi sono “conservati”, nel senso che sono stati tramandati agli umani attraverso l’evoluzione – spiegano ancora gli scienziati – sono stati oggetto di intense ricerche». Attualmente si stanno sviluppando proprio dei farmaci che prolungano la durata della vita sana che alterando questi percorsi e gli scienziati de, MDI Biological Laboratory sono convinti che «La scoperta dell’effetto sinergico apre le porte a terapie antietà ancora più efficaci. La nuova ricerca utilizza un doppio mutante nel quale i pathways dell’insulina (IIS) e TOR sono stati geneticamente modificate. Poiché l’alterazione dei pathways IIS produce un aumento del 100% della durata della vita e l’alterazione del pathway TOR produce un aumento del 30%. il doppio mutante dovrebbe vivere il 130% in più. Ma invece, la sua durata di vita è stata amplificata del 500%».

Hermann Haller, MD, presidente del MDI Biological Laboratory, aggiunge che «Nonostante la scoperta nel C. elegans dei percorsi cellulari che regolano l’invecchiamento, non era chiaro come questi percorsi interagiscano. Aiutando a caratterizzare queste interazioni, i nostri scienziati stanno aprendo la strada a terapie tanto necessarie per aumentare la durata della vita sana per una popolazione in rapido invecchiamento».

Secondo Jad Rollins del MDI Biological Laboratory, principale autore insieme a Jianfeng Lan dell’università di Nanchino del recente studio “Translational Regulation of Non-autonomous Mitochondrial Stress Response Promotes Longevity”, pubblicato su Cell Reports dal team di ricercatori statunitensi e cinesi, «L’estensione sinergica è davvero selvaggia. L’effetto non è uno più uno uguale due, è uno più uno uguale a cinque. I nostri risultati dimostrano che nulla in natura esiste a vuoto; per sviluppare i trattamenti anti-invecchiamento più efficaci, dobbiamo guardare alle reti di longevità piuttosto che ai singoli percorsi».

L’interazione sinergica può anche spiegare perché gli scienziati non sono stati in grado di identificare un singolo gene responsabile della capacità di alcune persone di vivere straordinariamente a lungo senza mostrare le principali malattie legate all’età fino a poco prima della loro morte.

Lo studio si concentra su come è regolata la longevità nei mitocondri, gli organelli della cellula responsabili dell’omeostasi energetica. Negli ultimi dieci anni un crescente numero di prove ha suggerito un legame causale tra disregolazione mitocondriale e l’invecchiamento. In futuro il lavoro del team di Rollins si concentrerà nel chiarire ulteriormente il ruolo dei mitocondri nell’invecchiamento.

Un altro autore dello studio, Pankaj Kapahi del Buck Institute, conclude: «La scoperta dell’interazione sinergica potrebbe portare all’uso di terapie combinate, ciascuna delle quali influisce su un percorso diverso, per prolungare la durata della vita umana sana nello stesso modo in cui le terapie combinate vengono utilizzate per curare il cancro e l’HIV».