Scoperti ceppi ancestrali di tubercolosi nella regione dei Grandi laghi africani

In Rwanda il test per la resistenza alla Rifampicina dà troppi falsi risultati

[10 Giugno 2020]

Grazie all’utilizzo del nuovo test molecolare Deeplex-MycTB, so no stati isolati in isolati in pazienti est-africani due eccezionali ceppi di tubercolosi che somigliano alle forme multi-resistenti della malattia.

Lo studio “A sister lineage of the Mycobacterium tuberculosis complex discovered in the African Great Lakes region”, pubblicato su Nature Communications da un team di ricercatori guidato da Jean Claude Semuto Ngabonziza, del Laboratoire national de référence pour la tuberculose di Kigali, in Rwanda, e dal Centre d’infection et d’immunité de Lille (CNRS/Inserm/Institut Pasteur, Université de Lille/CHU de Lille) evidenzia che »questi ceppi appartengono a un lignaggio batterico ancora sconosciuto, apparentemente limitato alla regone del Grandi Laghi africani. Le analisi dei genomi mostrano che questo lignaggio è nato da un ramo ancestrale, prima del punto di connessione comune a tutti gli altri lignaggi dei ceppi comuni di tubercolosi finora conosciuti. Questa scoperta rafforza l’ipotesi di un’origine nell’Africa orientale del bacillo della tubercolosi, che rimane la principale causa di morte per origine infettiva, e fornisce ulteriori indizi molecolari sull’evoluzione verso uno stile di vita patogeno».

Con circa 1,5 milioni di decessi all’anno, la tubercolosi resta la malattia infettiva più mortale del mondo. La Rifampicina è il trattamento più efficace contro la tubercolosi, però non per tutti i ceppi ed è importante sapere, il più presto possibile, se un ceppo che ha infettato un paziente è resistente a questo antibiotico.

Proprio di questo si è occupato un team internazionale guidato sempre da Ngabonziza . ha pubblicato su The Lancet Microbe lo studio “Prevalence and drivers of false-positive rifampicin-resistant Xpert MTB/RIF results: a prospective observational study in Rwanda”.

Nell’ultimo decennio, il test Xpert MTB/RIF ha permesso una diagnostica della resistenza alla Rifampicina molto più facile e rapida  e diagnosticare precocemente la tubercolosi resistente ala Rifampicina quando i batteri sono ancora poco numerosi ha portato a una diminuzione dei decessi per questa malattia che nei paesi in via di sviluppo è ancora devastante e che ha ricominciato a presentarsi anche nei Paesi sviluppati, come l’Italia, dove era ben presente fino agli anni ‘70.

Grazie allo screening di un numero maggiore di pazienti con il test Xpert MTB/RIF e alle attività comunitarie in relazione a persone con sintomi lievi o assenti, uno degli autori dello studio, Claude Semuto, che sta facendo un dottorato all’Institut de Médecine Tropicale (IMT) e ricercatore del Laboratoire national de référence pour la tuberculose di Kigali, ha scoperto un grave problema: «La metà dei pazienti a cui è stata diagnosticata la resistenza alla Rifampicina aveva effettivamente una tubercolosi sensibile alla Rifampicina e ha ricevuto un trattamento senza questo antibiotico a causa della falsa diagnosi. In questo caso si tratta di un trattamento di “seconda linea” che era più lungo e con una composizione più tossica». Semuto ha identificato questa falsa resistenza nell’espettorato dei pazienti con pochi batteri e dice che «Il software Xpert interpreta erroneamente un legame insufficiente con il DNA come prova di resistenza. Dal 3 gennaio 2020 e sulla base di questo risultato, il programma nazionale di controllo della tubercolosi del Rwanda ha modificato il suo algoritmo diagnostico. Ora i pazienti con pochi batteri a cui è stata diagnosticata la resistenza alla Rifampicina saranno sottoposti a ulteriori test per confermare o escludere la resistenza alla Rifampicina prima di ricevere una terapia appropriata. Oggi, i pazienti rwandesi con tubercolosi ricevono un trattamento di seconda linea solo quando ne hanno davvero bisogno.

Semuto conclude: «Spero che i ricercatori Impegnati nella lotta contro la tubercolosi in altri Paesi controllino con urgenza se questo problema di false diagnosi di resistenza si verifica anche da loro».