Decreto Legge “Rilancio”, Italia Nostra: rischiamo il condono perpetuo

De Falco: Si tratta di un condono perenne perché sarà sufficiente adattare gli strumenti urbanistici alla bisogna

[11 Maggio 2020]

Esaminato il Decreto Legge “Rilancio” attualmente in via di approvazione al Consiglio dei Ministri, Italia Nostra contesta due disposizioni in materia di abusivismo edilizio che rischiano di generare effetti devastanti.

La prima introduce l’art. 36 bis al testo del dPR  n. 380 del 2001. Esso prevede che attraverso l’approvazione di “Piani Attuativi di Riqualificazione Urbana” si inglobino e si sanino abusi edilizi. In effetti tali piani sono già previsti dall’art. 29 della legge n.47 che introdusse il condono nel 1985, norma pressoché ovunque disapplicata. La novità è che la disposizione sino ad oggi vigente della L. 47 è riferibile agli abusi sanabili eseguiti fino al 31 dicembre 1993 e oggetto di istanza di condono. Se il testo rimanesse quello attuale, qualsiasi abuso, anche quello fatto stamattina, o peggio, domani mattina, purché inserito nei futuri “Piani Attuativi di Riqualificazione Urbana”, risulterà sanabile. Infatti il testo non pone alcuna scadenza temporale, ragion per cui il condono edilizio diventa di fatto perpetuo, applicabile anche agli abusi futuri. Da come configurata, quindi, la “semplice” norma introdurrebbe di fatto un condono tombale perché i comuni saranno liberi di interpretare come sospesi tutti i contenziosi amministrativi pendenti e futuri con gli abusivisti, nelle more della redazione dei piani attuativi previsti dal Decreto Legge.

La seconda disposizione intende modificare l’estensione attuale del menzionato art. 36.  Se prima per rientrare nella sanatoria era necessario che  l’intervento risultasse conforme alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente sia al momento della realizzazione dell’abuso che al momento della presentazione della domanda di sanatoria, adesso basterà la sola condizione che l’intervento risulti conforme alla disciplina urbanistica ed edilizia vigente al momento della presentazione della domanda.

Passiamo “dalla padella alla brace”. Se la prima norma introdotta si maschera almeno dietro la solita foglia di fico della rigenerazione urbana, la seconda concede carta bianca ai Comuni a prescindere.

Si tratta in entrambi i casi di un condono perenne perché sarà sufficiente adattare gli strumenti urbanistici alla bisogna, attraverso la redazione di piani di rigenerazione urbana o l’aggiornamento dei piani regolatori, i quali potranno prendere atto di quanto edificato abusivamente nel tempo. In pratica il piano regolatore diventerà un catasto nel quale registrare le libere iniziative di chi ha speculato sul territorio e di chi continuerà a farlo. L’urbanistica si trasformerà nel mercato delle vacche. La politica mercanteggerà le sanatorie sine die e la corruzione avrà più ampio respiro.

Sconforta la sintetica illustrazione dell’utilità della proposta, che fa tornare in mente quelle giustificative delle tre precedenti leggi sui condoni: “L’intervento proposto non comporta oneri a carico della finanza pubblica. Con l’intento di dare certezza agli investimenti sul territorio nazionale e rilanciare l’edilizia sulla base della positiva esperienza della Regione Emilia Romagna”. Lo Stato conferirebbe, viceversa, la certezza a investimenti già operati utilizzando fondi e lavoro neri, quali quelli che caratterizzano i lavori abusivi, senza alcuna eccezione, sempre e ovunque sul territorio nazionale.

Siamo certi che sia questa la sburocratizzazione di cui ha bisogno la Nazione, dopo il Covid 19, per rilanciare gli investimenti e l’edilizia?

di Luigi De Falco, vice presidente nazionale di Italia Nostra