Etiopia, l’esercito spara sui manifestanti: 100 morti nelle proteste contro la “grande Addis Abeba”

Il regime tigrino teme un’alleanza tra gli ex nemici Oromo e Amhra

[10 Agosto 2016]

Secondo Amnesty International, «Almeno 97 manifestanti sono stati uccisi in Etiopia tra il 6 e il 7 agosto, quando le forze di sicurezza hanno aperto il fuoco contro proteste pacifiche nelle regioni di Oromia e di Amhara», ma le vittime secondo alcune fonti potrebbero essere più di 100.

Amnesty sottolinea che « Il massacro peggiore è avvenuto a Bahir Dar il 7 agosto, con 30 manifestanti uccisi. Centinaia di persone sono state arrestate e sarebbero trattenute in centri di detenzione non ufficiali, a rischio di tortura. I manifestanti erano scesi in strada per chiedere riforme politiche, giustizia e ripristino dello stato di diritto. Le forze di sicurezza etiopiche ricorrono regolarmente all’uso eccessivo della forza per ridurre al silenzio il dissenso. Nella regione di Oromia si susseguono proteste pacifiche dal novembre 2015, quando il governo ha reso noto il progetto di un nuovo piano regolatore che ingloberebbe parte delle terre degli Oromo nella capitale Addis Abeba. La situazione nella regione di Amhara è precipitata dal 12 luglio 2016, quando le forze di sicurezza hanno cercato di arrestare il colonnello Demeka Zewdu, uno dei leader del Comitato per l’identità e l’autodeterminazione del Wolqait, per presunti reati di terrorismo. Il Wolqait è un distretto della regione del Tigré che, prima della rivoluzione del 1991, faceva parte della regione di Ahmara. Da 25 anni sono in corso proteste per la reintegrazione del Wolqait nella regione di Ahmara».

Radio France International (Rfi) conferma: «Il governo etiope è nella bufera. Le manifestazioni del 6 e 7 agosto scorsi, duramente represse, in effetti testimoniano un vento di contestazione senza precedenti contro il Fronto democratico rivoluzionario (Eprdf), il Partito al potere, già indebolito dalla scomparsa del suo leader stirico Meles Zenawi nel 2012».

Queste stragi di oppositori sembrano davvero la più grave crisi che si sia mai trovato ad affrontare l’attuale regime, che continua ad essere ad egemonia e verso il quale cresce l’insofferenza di molte delle etnie che formano il complicato mosaico dell’Etiopia.

Nello Stato dell’Oromia le proteste sono iniziate nel 2015 proprio contro il piano che prevede un allargamento di Addis Abeba con espropri di massa di contadini in maggioranza di etnia oromo, maggioritaria in Etiopia ma storicamente tenuta ai margini della società. Dopo ue mesi di manifestazioni, il progetto della grande Addis Abeba era stato sospeso, ma era diventato comunque il catalizzatore della frustrazione del popolo oromo  che denuncia il dominio dei tigrini sulla vita politica ed economica dell’Etiopia.

E’ per questo che, malgrado la feroce repressione, la protesta contro il regime autoritario amico dell’Italia e dell’Occidente è sempre più forte e diffusa. Rfi sottolinea che «La novità è che in queste ultime settimane gli Amhara, che costituiscono la seconda etnia dell’Etiopia, hanno a loro volta organizzato delle manifestazioni per reclamare un’apertura politica nel Paese». Inoltre gli Amhara esprimono solidarietà agli Oromo e questo rischia di mettere in forse l’egemonia della minoranza tigrina, che basa gran parte del suo potere proprio sull’antagonismo storico tra le due etnie principali. «Il regime etiope sarebbe indebolito da una eventuale alleanza tra i due – dice Rfi – Ensemble, Amhara e Oromo rappresentano il 60% della popolazione del Paese. Il regime teme un’alleanza etnica inedita».

Awol Allo, della London school of economics, spiega che «Non c’è uno  ma due movimenti di protesta. Il principale è quello degli Oromo, loro manifestano contro la marginalizzazione e le persecuzioni delle quali sono vittime storicamente e soprattutto in questi ultimi 25 anni. Il secondo movimento di protesta, condotto dagli Amhara, è molto più recente. Questi ultimi, formano il secondo gruppo etnico in Etiopia. Storicamente, hanno diretto il Paese fino a che il Fronte di liberazione del popolo tigrino non ha preso e il potere e sono stati rilegati in secondo piano. Tradizionalmente, questi due gruppi etnici sono sempre stati avversari, ma – e questo è lo sviluppo più significativo di queste ultime settimane – si è vista esprimersi una crescente forma di solidarietà tra Amhara e Oromo. La coalizione al potere ha sempre fatto di tutto per attizzare l’antagonismo tra i due popoli, per affermare il suo potere. E il fatto che ormai possano dire “Siamo le vittime dello stesso sistema”  sottolinea la cattiva governance e l’oppressione, è qualcosa che può cambiare la situazione».

Quindi le attuali proteste vengono da lontano e il “Piano di sviluppo integrato di Addis Abeba” è solo la goccia che ha fatto traboccare un  vaso colmo di rabbia, frustrazione e repressione. «Gli oromo non ci hanno visto un progetto di sviluppo – spiega ancora Allo – ma uno strumento politico destinato a svuotare la periferia di Addis Abeba da ogni presenza o riferimento culturale all’identità Oromo. Il Piano è temporaneamente sospeso, ma gli Oromo sono convinti che la politica di espropriazione e di  sfollamento delle popolazioni  oromo proseguirà».