Prato avrà il suo Central Park all’interno delle mura

[11 Novembre 2016]

Il Parco centrale di Prato, 3 ettari nell’area del vecchio ospedale della Misericordia e Dolce, si farà. La giuria internazionale ha assegnato il primo premio al progetto del gruppo OBR Paolo Brescia e Tommaso Principi con Michel Desvigne Paysagiste e Alberto Romeo Intertecno. Il Parco, uno degli obiettivi del programma di mandato del sindaco di Prato Matteo Biffoni, dovrebbe essere realizzato entro il maggio 2019, fine della consigliatura.

La vicenda del Parco centrale di Prato inizia nel 2002 quando si decide di costruire il nuovo ospedale nella periferia. L’area del vecchio ospedale, 39mila mq all’interno delle mura, interessava al Comune e la Regione, proprietaria, era disposta a cederla in cambio di 43 milioni, un cofinanziamento per la costruzione del nuovo ospedale. Così stabiliva l’accordo del 2005 tra Regione, Asl e Comune guidato da una giunta di sinistra.

Nel 2009, quando i lavori per il nuovo ospedale non erano ancora partiti, l’accordo viene ereditato dalla nuova giunta di centrodestra che per difficoltà economiche non può onorarlo. In contrasto con la Regione, propone comunque di riutilizzare il vecchio ospedale per il Polo oncologico pratese, un’idea sostenuta da molti che ritengono uno spreco demolire un ospedale funzionante.

Nello stesso tempo il Comune manda avanti le trattative con la Regione e giunge vicino ad un accordo non oneroso: la Regione si sarebbe accontentata di un cambio di destinazione d’uso dell’area per residenze e commercio, in modo da poter ricavare dalla vendita 20-25 milioni per far fronte alle spese del nuovo ospedale.

Anche se una parte dell’area sarebbe rimasta a parco, l’accordo non piace agli ambientalisti (Legambiente, Wwf e Italia nostra) che coordinati da Marco Monzali costituiscono un Comitato per il parco pubblico. La proposta viene subito dopo appoggiata dal Pd pratese guidato da Biffoni.

Senza che l’accordo con la Regione si sia concretizzato, si arriva alle elezioni amministrative del 2014. Il parco urbano diviene uno dei punti forti della campagna elettorale di Biffoni che nel maggio 2014 vince e diviene sindaco di Prato.

Nell’ottobre 2014 Biffoni rinegozia con la Regione l’accordo del 2005. L’importo da corrispondere scende a 12 milioni (dei quali 5 dalla Provincia) in cambio di una parte dell’area di 32mila mq, mentre i restanti 7mila mq, con edifici da ristrutturare e vendere, rimane alla Asl che si accolla l’onere della demolizione del vecchio ospedale.

Un buon compromesso che permette al Comune di venire in possesso dell’area e di bandire, a fine 2015, il concorso internazionale per il “Parco Centrale di Prato” conclusosi nell’ottobre 2016 con la dichiarazione del vincitore. Del progetto Monzali dice “troppo freddo e concettuale”, ma per gli ambientalisti è comunque una vittoria.

Il progetto vincitore, un parco manifesto della contemporaneità, è organizzato in maniera semplice e facilmente comprensibile. Di forma allungata (circa 300×100 metri) è chiuso tra le mura a sud, lungo le quali corre una vasca, e un padiglione a nord quasi paralleli fra di loro. Ortogonali ai due stanno delle siepi sfalsate, alte 4 metri che riprendono la trama degli orti preesistenti e della centuriazione romana su cui si basa la morfologia del centro storico di Prato.

Le alberature sono solo le poche preesistenti. Perciò nella parte centrale occupata dal vecchio ospedale non ve ne sono e il parco appare come un prato alternato da superfici pavimentate dai confini rigorosamente squadrati dal quale emergono come muri verdi le siepi, “opprimenti” secondo Monzali, le uniche strutture vegetali deputate a mantenere un po’ d’ombra nei periodi estivi.

Il dominio dell’angolo retto lascia un po’ perplessi e mette in luce un formalismo e un rigore geometrico che spinge i progettisti a paragonare siepi e prospettive col giardino italiano del Rinascimento, come ad esempio quello di Villa Medici a Roma citato da Desvigne dove però le siepi sono alte al massimo 2 metri.

Ma più che a un giardino rinascimentale teso alla costruzione di una “terza natura”, sintesi armoniosa di arte e natura, qui siamo piuttosto di fronte a un giardino minimalista che toglie alla natura tutto quello che viene considerato orpello per riportarla a forme essenziali come i parallelepipedi delle siepi. Quasi un’astrazione delle forme della città-fabbrica, che richiederanno una costante opera di manutenzione per rimanere simili a quello che i rendering propongono.

Nel complesso ne esce fuori una sorta di giardino quasi metafisico, esposizione di opere d’arte contemporanea, simile a un quadro di De Chirico, concepito per la contemplazione, più che per l’uso quotidiano. Molta della forza attrattiva del parco è affidata al padiglione, un edificio di 3mila mq, con giardino pensile, dove, oltre bar, ristorante e palestra, sono previste attività legate all’arte e alla creatività.

Per confronto si può osservare il progetto terzo classificato a pari merito, di Benedetta Tagliabue, un giardino in cui la natura e la biodiversità imperano. Qui tutto sembra molto più accogliente. Forse più complesso nella realizzazione, non si richiama alla centuriazione, ma fatto per essere abitato e non contemplato.

Ovviamente ci si augura che il progetto vincitore venga realizzato nei tempi previsti. Del resto Desvigne dice che si tratta di un progetto non finito, modificabile a piacimento. Anche ascoltando il parere degli abitanti, si potranno piantare altri alberi, ridurre l’altezza delle siepi le cui proporzioni non convincevano lo stesso Desvigne. Poi non bisogna dimenticare la natura che riprenderà il suo posto scomponendo, con qualche erbetta bricconcella, la perfetta ma anche un po’ fredda ortogonalità del progetto.

di Ferdinando Semboloni