Certificazione benessere animale: male la prima. A rischio gli obiettivi e la corretta informazione ai cittadini

CIWF, Essere Animali, LAV e Legambiente chiedono a Patuanelli e Speranza le bozze dei documenti relativi alle certificazioni per aprire rapidamente un confronto politico di merito

[16 Febbraio 2021]

Ieri Accredia, l’Ente italiano di accreditamento, ha organizzato il primo dei 4 incontri on line, promossi dai ministeri della salute e delle politiche agricole, alimentari e  forestali, con i rappresentanti della società civile, delle Regioni, delle imprese e degli organismi di certificazione, per presentare il “Sistema di Qualità Nazionale per il Benessere Animale – SQNBA” introdotto con il DL 34/2020 convertito con modificazioni dalla Legge 77/2020.

Ad Accredia dicono che «La discussione si propone come confronto aperto sulle sfide e sulle problematiche a cui va incontro l’allevamento di animali da reddito, così come il resto del comparto agro-zootecnico, le cui condizioni si sono fatte negli anni più complesse e difficili da affrontare. I problemi legati alla produzione e ai rischi sanitari risultano sempre più interconnessi, rendendo di fatto necessario un approccio integrato tra tutti gli attori coinvolti. La collaborazione è volta a definire, attraverso un Decreto Interministeriale, uno schema base di produzione di carattere nazionale per rafforzare la sostenibilità ambientale, economica e sociale delle produzioni di origine animale, favorire un recupero di competitività della fase allevatoriale, migliorare la sostenibilità dei processi produttivi e garantire la trasparenza nei confronti dei consumatori».

Ma, dopo aver partecipato alla presentazione online, CIWF, Essere Animali, LAV e Legambiente hanno espresso forte preoccupazione: «Chiediamo ai Ministri Stefano Patuanelli e Roberto Speranza di aprire rapidamente un confronto politico di merito per evitare che questo processo, finora per nulla trasparente, tradisca le aspettative di milioni di cittadini e fallisca l’obiettivo di accompagnare efficacemente la transizione del sistema allevatoriale italiano in tema di benessere animale».

Secondo le associazioni, «Durante l’incontro, infatti, nonostante sia stato chiesto a più riprese dalle Associazioni italiane che si battono per il benessere animale e la corretta informazione ai cittadini, non sono state condivise le bozze dei documenti che descrivono le condizioni richieste agli allevamenti per essere certificati in tema di benessere animale, un evidente problema di trasparenza nel processo di scrittura degli standard che sono in attesa di essere approvati con decreto interministeriale. Un obiettivo fortemente voluto anche dal Consiglio dell’Unione europea che, ribadendo che il benessere degli animali è una questione che riveste grande importanza per i cittadini europei, ha chiesto alla Commissione europea che nell’introdurre a livello UE un marchio relativo al benessere animale si tenga conto del loro intero ciclo di vita».

CIWF, Essere Animali, LAV e Legambiente criticano con forza «Il progetto nazionale presentato ieri, solo con generiche slide, invece ha evidenziato elementi che destano fortissima preoccupazione: ad esempio, per la certificazione dei suini al coperto, l’unica presentata, non sono state considerate le scrofe e i suinetti e questo implica che la carne di suino etichettata con il claim “benessere animale” potrà derivare da scrofe allevate in gabbia, e da suinetti che hanno subito la limatura dei denti, un’operazione molto dolorosa. Si tradirebbe così il proposito dichiarato di inserire il metodo di allevamento in etichetta, perché i consumatori non potranno neanche sapere se i prodotti acquistati con il logo benessere animale arrivano da scrofe allevate in gabbia oppure no».

Inoltre, secondo animalisti e ambientalisti, l’impianto generale del progetto proposto da Accredia e dai ministeri, «Prevede per i suini solo due livelli, uno al chiuso e uno all’aperto, non favorendo in alcun modo la transizione graduale dei milioni di maiali allevati nei sistemi intensivi verso sistemi più attenti al benessere animale, anzi danneggerebbe scelte allevatoriali di minor impatto sugli animali (come ad esempio scrofe allevate senza gabbie e con molto più spazio per gli animali). Manca del tutto, nel progetto nazionale, la certificazione con più livelli al chiuso cosa che consentirebbe a tutti gli allevatori, ognuno partendo dal proprio livello, di progredire anche grazie, come da noi fortemente richiesto, a finanziamenti pubblici della PAC e del PNRR dedicati alla transizione».

Le 4 associazioni concludono: «La presentazione di ieri potrà essere considerata un primo passo positivo solo se sarà seguita dalla completa condivisione delle bozze dei documenti, finora redatti al chiuso dei ministeri, in un’ottica di trasparenza e accesso necessari per l’effettiva partecipazione della società civile e se almeno le principali osservazioni, pratiche e di buon senso, prodotte dalle Associazioni saranno tenute in debito conto. La certificazione nazionale volontaria per il benessere animale dovrà impedire operazioni di greenwashing e ancor più che siano finanziate mere operazioni di maquillage di allevamenti intensivi; con i soldi dei cittadini derivanti dalla Politica Agricola Comune e dal Next Generation EU la certificazione dovrà invece efficacemente aiutare le scelte consapevoli dei cittadini e degli allevatori che vogliono impegnarsi per accrescere il benessere degli animali».