Covid-19: il ministro Speranza sospende le attività degli allevamenti di visoni

LAV: «E’ come se si fosse vietata la vendita degli ombrelloni da spiaggia, nei mesi invernali!»

[23 Novembre 2020]

Il ministro della Salute, Roberto Speranza ha firmato un’ordinanza che dispone «La sospensione delle attività degli allevamenti di visoni su tutto il territorio italiano fino alla fine del mese di febbraio 2021 quando verrà effettuata una nuova valutazione sullo stato epidemiologico. La misura aggiunge l’infezione da SARS CoV-2 nei visoni d’allevamento all’elenco delle malattie infettive e diffusive degli animali soggette a provvedimenti sanitari secondo il “Regolamento di polizia veterinaria (D.P.R. 8 febbraio 1954, n. 320)”».

In un comunicato il ministero spiega che «Pur essendo il numero degli allevamenti in Italia molto ridotto rispetto ad altri paesi europei si è valutato di seguire il principio della massima precauzione in osservanza del parere espresso dal Consiglio Superiore di Sanità».

La Lega Antivivisezione (LAV) ha realizzato una mappatura (degli allevamenti di visoni presenti in Italia e dice che «Aattualmente sono attivi 8 allevamenti con oltre 66.000 visoni l’anno. La Lombardia ha la popolazione più alta di visoni nei 3 allevamenti in provincia di Brescia (Calvagese della Riviera, con 7.000 visoni) e Cremona (Capergnanica 3.500 e Capralba, 26.000). In Emilia Romagna ci sono 2 strutture a Ravenna (frazione San Marco, 10.000) e ForlìCesena (Galeata, 2.500). In Veneto altri 2 allevamenti a Padova (Villa del Conte, 10.000) e Venezia (Scorzè, 1.000). Un allevamento anche in Abruzzo in provincia de L’Aquila (Castel di Sangro, 1.500)».

Secondo l’ordinanza, «In caso di sospetto di infezione, le autorità locali competenti dispongono il sequestro dell’allevamento, il blocco della movimentazione di animali, liquami, veicoli, attrezzature e l’avvio di una indagine epidemiologica. In caso di conferma della malattia, i visoni dell’allevamento sono sottoposti ad abbattimento».

Un’ordinanza che non è piaciuta alla LAV: «I pericoli di trasmissione del letale virus dai visoni agli umani, e di depotenziamento degli effetti dei futuri vaccini, a causa delle varianti che si diffondono dagli allevamenti degli animali per pellicce, resteranno presenti nel nostro Paese. Il Ministro della Salute, Roberto Speranza, infatti, sulla base di un insufficiente rapporto del Consiglio Superiore di Sanità, ha firmato un’Ordinanza che vieta per tre mesi l’allevamenti di visoni, ma i tre mesi, fino a febbraio prossimo, sono quelli durante i quali il normale ciclo di “produzione” dei visoni è di fatto fermo. In pratica a è come se si fosse vietata la vendita degli ombrelloni da spiaggia, nei mesi invernali!»

Secondo gli animalisti, «questo nonostante, grazie ad una intensa attività di “indagine amministrativa”, la LAV abbia scoperto e reso pubblico che in Italia, già nel mese di agosto il virus SARSCoV-2 era entrato in almeno un allevamento in Lombardia, nella provincia di Cremona. Due i campioni positivi rilevati con i test diagnostici condotti dopo che un operatore era risultato malato di Covid-19. Sempre la LAV ha poi diffuso la notizia di una terza positività a novembre, probabilmente ancora una volta in Lombardia, mentre lo scorso 6 novembre ha pubblicamente denunciato l’ulteriore rischio di formazione di serbatoi del coronavirus, diffondendo filmati che documentano violazioni alle minime norme di biosicurezza da parte degli operatori negli allevamenti, finalizzate proprio ad evitare l’introduzione del virus, e quindi il contagio dei visoni».

La LAV conclude: «Per tutelare animali e salute pubblica, l’unico provvedimento utile da adottare è il definitivo divieto d’allevamento di visoni, come deciso da decine di Paesi europei già da diversi anni, – ad esempio Regno Unito, Austria e Germania – che quindi non hanno problemi di diffusione del virus da queste strutture, o grandi Paesi produttori come Danimarca e Olanda nei quali sono avvenuti contagi fra i visoni, e fra visoni ed esseri umani, che con i loro Organismi sanitari e veterinari non hanno avuto dubbi nel proporre e mettere in pratica lo stop definitivo a questo tipo di allevamenti».