La gestione delle risorse ittiche funziona: è giunto il momento di applicarla in modo più ampio

La pesca più insostenibile del mondo è quella praticata nel Mediterraneo e Mar Nero

[8 Giugno 2020]

Secondo il nuovo rapporto “The State of World Fisheries and Aquaculture”(SOFIA).della Fao, «Il consumo mondiale di pesce ha raggiunto il nuovo record di 20,5 chilogrammi pro capite all’anno e nel prossimo decennio è destinato ad aumentare ulteriormente, evidenziando il suo ruolo fondamentale per la sicurezza alimentare e nutrizionale globale. Lo sviluppo sostenibile dell’acquacoltura e la gestione efficace delle risorse ittiche sono fondamentali per mantenere questi trend.

SOFIA è ricco di dati relativi alla pesca e indica specie, regioni e tipo di cattura (in mare aperto o allevamento) e ne emerge che «Secondo le stime nel 2018 la produzione ittica globale ha raggiunto circa 179 milioni di tonnellate, con un valore di prima vendita totale stimato in 401 miliardi di dollari. I prodotti da acquacoltura rappresentano il 46% della produzione totale e il 52% del pesce destinato al consumo umano. La Cina è di gran lunga il principale produttore, sostenuta dal suo avanzato settore dell’acquacoltura, che dal 1991 ha prodotto più cibo di allevamento acquatico rispetto al resto del mondo».

La produzione ittica globale nel 2018 è stata di 179 milioni di tonnellate, con 84,4 milioni di tonnellate provenienti dalla  pesca di cattura in mare, 12 milioni di tonnellate, un record assoluto, dalla pesca di cattura in acque dolci, 82,1 milioni di tonnellate, nuovo massimo storico dall’acquacoltura. I Fiumi con maggiore produzione di pesca da cattura nell’entroterra: Mekong, Nilo, Ayeyarwady, Yangtze

La produzione destinata al consumo umano è arrivata a 156 milioni di tonnellate e 59,5 milioni di persone impiegate nel settore primario della pesca e dell’acquacoltura, il 14% delle quali sono donne, La regione con il maggior numero di pescatori e piscicoltori è l’Asia con l’85% del totale, mentere i mari del mondo sono solcati da 4,56 milioni di pescherecci, 3,1 milioni dei quali nella sola Asia, pari al 68% della flotta globale. I pescherecci a motore di lunghezza inferiore ai 12 metri sono l’82%,

IL 38% della produzione ittica globale rientra nel commercio internazionale e le esportazioni di prodotti ittici raggiungono i 164 miliardi di dollari. La Cina è il primo produttore ed esportatore di pesce del mondo. Oceania, America Latina e Caraibi e Paesi asiatici in via di sviluppo sono esportatori netti di i pesce, mentre l’Africa è un importatore netto in termini di volume ma un esportatore netto in termini di valore.

La pesca più insostenibile è quella praticata nel Mediterraneo e Mar Nero (62,5% di stock sovrasfruttati), nel Pacifico sudorientale (54,5%), nell’Atlantico sudoccidentale (53,3%).

SOFIA dice anche che «Nel 2030 la produzione ittica totale è destinata ad arrivare a 204 milioni di tonnellate, un incremento del 15% rispetto al 2018, con la quota dell’acquacoltura in crescita rispetto all’attuale 46%. Tale crescita è pari a circa la metà dell’aumento registrato nei 10 anni precedenti, il che si traduce in un consumo annuo di pesce che si prevede raggiungerà i 21,5 chilogrammi pro capite entro il 2030».

Presentando il rapporto, il direttore generale della Fao, Qu Dongyu, ha evideniayo che «Il pesce e i prodotti ittici sono considerati non solo tra gli alimenti più sani del pianeta, ma anche tra quelli con minor impatto sull’ambiente naturale”, sottolineando che devono svolgere un ruolo più centrale in tutti i livelli delle strategie mirate alla sicurezza alimentare e alla nutrizione.  Il rapporto SOFIA contiene prove sempre più evidenti che, se da un lato la gestione efficace delle risorse ittiche porta al solido ripristino degli stock ittici, dall’altro la mancata implementazione di queste misure minaccia il loro contributo alla sicurezza alimentare e ai mezzi di sussistenza. I motivi alla base dei fallimenti della sostenibilità sono complessi e richiedono soluzioni tagliate su misura».

L’acciuga è stata la specie più importante per la pesca marittima, sostenuta dalla forte ripresa della produzione in Perù e Cile, seguiti dal merluzzo giallo dell’Alaska e dal tonnetto striato. La pesca di cattura nell’entroterra – notevole fonte di cibo per molti paesi con limitazioni alimentari – ha raggiunto il livello più alto mai registrato, pari a 12 milioni di tonnellate. Il consumo di pesce rappresenta un sesto del consumo di proteine animali della popolazione mondiale e oltre la metà in Paesi come Bangladesh, Cambogia, Gambia, Ghana, Indonesia, Sierra Leone, Sri Lanka e diversi Piccoli Stati Insulari in via di sviluppo.
Secondo l’analisi di benchmark del rapporto SOFIA, «Circa il 34,2% degli stock ittici viene pescato a livelli biologicamente non sostenibili. Questa percentuale è troppo elevata e non sta migliorando a livello globale, anche se è bene sapere che il 78,7% di tutto il pesce sbarcato proviene da stock biologicamente sostenibili. Inoltre, i trend relativi alla sostenibilità di molte delle principali specie stanno migliorando».  Le catture di tutte le specie di tonno hanno raggiunto il livello massimo – circa 7,9 milioni di tonnellate nel 2018 – e due terzi di questi stock vengono pescati a livelli biologicamente sostenibili, «Un incremento di ben il 10% in soli due anni – fa notare il rapporto – che conferma l’efficacia di una gestione accurata delle risorse ittiche in un settore caratterizzato da materia prima di alto valore e notevole sovraccapacità di alcune flotte di pescherecci».  Per ha detto Manuel Barange, direttore del Dipartimento pesca e acquacoltura della Fao, si tratta di un «miglioramento, frutto dei contributi di molti parti interessate, attesta l’importanza della gestione attiva per raggiungere e preservare la sostenibilità biologica, e serve a sottolineare quanto sia urgente replicare tali approcci nella pesca e nelle regioni dove i sistemi di gestione sono insufficienti”, Non sorprende che l’argomento sostenibilità sia particolarmente delicato nelle zone colpite da fame, povertà e conflitti, per le quali non c’è alternativa per soluzioni sostenibili».
Il rapporto SOFIA si basa su informazioni precedenti al Covid-19, ma, come sottolinea Qu Dongyu «I dati che fornisce stanno già aiutando la Fao a rispondere con soluzioni tecniche e interventi mirati per la pesca e l’agricoltura che sono tra i settori maggiormente colpiti dalla pandemia.

Il rapporto ha una sezione dedicata alle iniziative di sostenibilità svolte in occasione del 25° anniversario del Codice di condotta per la pesca responsabile, e sottolinea inoltre che «La Fao e una serie di partner stanno collaborando al progetto Illuminare le Coltivazioni Nascoste, uno studio globale che sarà pubblicato alla fine del 2020 e che mira a sostenere strategie a favore della pesca su piccola scala produttiva, sostenibile ed equa, che è fonte di nutrizione essenziale per miliardi di persone e mezzi di sussistenza e posti di lavoro per la stragrande maggioranza dei 120 milioni di persone che dipendono dalla pesca di cattura».
Un’appendice al SOFIA, segnala che l’attività di pesca mondiale potrebbe essere diminuita di circa il 6,5% a causa dei divieti e della carenza di manodopera dovute all’emergenza sanitaria: «L’interruzione dei trasporti internazionali ha avuto conseguenze particolari sulle esportazioni di prodotti da acquacoltura, mentre la forte riduzione del turismo e la chiusura dei ristoranti hanno avuto un impatto pesantissimo sui canali di distribuzione di molte specie di pesce, anche se la vendita al dettaglio si è mantenuta stabile o è aumentata per il pesce surgelato, in scatola, marinato e affumicato, che ha una lunga durata di conservazione. In alcune zone del Mediterraneo e del Mar Nero oltre il 90% dei pescatori di piccola scala sono stati costretti a fermarsi per l’impossibilità di vendere il pescato, situazione spesso aggravata dal calo dei prezzi. I mercati degli input, le questioni legate alla manodopera dei migranti e i rischi legati all’affollamento dei mercati dei prodotti freschi hanno un impatto sulla produzione e sul consumo di pesce, con filiere di approvvigionamento informali sottoposte a intenso stress a causa dell’assenza di rapporti contrattuali e di solide catene del freddo». La Fao si è concentrata soprattutto sul sostegno, sulla ripresa e sul rafforzamento delle filiere di approvvigionamento e dei mezzi di sussistenza del settore, dando priorità ai gruppi e alle regioni più vulnerabili.
Il rapporto prevede che «L’espansione dell’acquacoltura continuerà, anche se a un ritmo più lento, e nel prossimo decennio il pesce d’allevamento contribuirà a incrementare la quota del consumo e del commercio. In Africa si prevede che la produzione dell’acquacoltura crescerà del 48%, contribuendo a mitigare la prevista riduzione del consumo di pesce pro capite nel continente». Il direttore generale della Fao fa notare che «I significativi valori dietetici del pesce stimolano l’importanza dello sviluppo dell’acquacoltura, specialmente in Africa, e delle strategie di sfruttamento per aiutarla a intensificare in modo sostenibile la produzione utilizzando tecniche innovative nei settori dei mangimi, della selezione genetica, della biosicurezza e degli sviluppi commerciali. Liniziativa Hand-in-Hand della Fao è il quadro ideale per gli sforzi che uniscono i trend della pesca e dell’acquacoltura nell’ambito della crescita blu».