Uso del suolo, cambiamenti climatici e zootecnia

Studio italiano: agricoltura, forestazione e zootecnia possono contribuire agli obiettivi globali di mitigazione e di sviluppo con attività sostenibili di uso del suolo

[2 Febbraio 2021]

Le emissioni di gas serra del settore agricolo, forestale e altri usi del suolo (Agriculture, Forestry and Other Land Use – Afolu), rappresentano il 24% delle emissioni globali; i principali driver  sono le emissioni legate alla deforestazione, le emissioni di metano degli allevamenti di bestiame o prodotte dalla fermentazione anaerobica di materia organica, soprattutto dalle coltivazioni di riso, o di protossido di azoto (N2O) legate all’uso di fertilizzanti in agricoltura.  Anche se a partire dagli anni ’90 le emissioni degli allevamenti sono diminuite, con una riduzione del 20% in Europa nel 2018, ancora oggi a livello europeo rappresentano più del 60% del totale delle emissioni del comparto agricolo. Quello zootecnico è quindi uno dei principali responsabili del cambiamento climatico, secondo solo al settore energetico.

Ma secondo lo studio “A land-based approach for climate change mitigation in the livestock sector”, pubblicato sul Journal of Cleaner Production da Maria Vincenza Chiriacò della IAFES Division  della CMCC – Fondazione Centro euro-mediterraneo sui Cambiamenti climatici, e Riccardo Valentini del Dipartimento per l’innovazione nei sistemi biologici, agroalimentari e forestali dell’università della Tuscia, «I settori agricolo, forestale e zootecnico possono contribuire agli obiettivi globali di mitigazione e di sviluppo di un territorio, se vengono messe in atto delle attività sostenibili di uso del suolo».

Lo studio analizza come la gestione sostenibile del territorio possa contribuire agli obiettivi di mitigazione globali e di sviluppo sostenibile a livello locale. Chiriacò  e Valentini hanno identificato alcune possibili opzioni di mitigazione land-based per ridurre e compensare le emissioni del settore zootecnico.

La Chiracò spiega che «Il settore agricolo ha la caratteristica unica di essere sia parte del problema che della soluzione: da un lato genera emissioni di gas serra, dall’altro può riassorbirle, soprattutto con un’appropriata gestione sostenibile, grazie all’attività di fotosintesi e alla biodiversità dei suoli, rappresentando un importante sink di carbonio. Tutti gli altri settori (energia, edilizia, trasporti) possono impegnarsi per ridurre le proprie emissioni e farle tendere progressivamente a zero, ma non hanno possibilità di sottrarre dall’atmosfera quell’eccesso di CO2 ormai già presente. Il nostro approccio si articola in due fasi successive: per prima cosa realizziamo una stima delle emissioni di gas serra derivanti dalle attività delle aziende zootecniche, ovvero calcoliamo la loro impronta di carbonio, quindi valutiamo il potenziale di alcune attività nel settore agricolo e forestale per la mitigazione delle emissioni stimate nel passaggio precedente».
I risultati dello studio evidenziano come «le opzioni di mitigazione prese in esame, basate sulle pratiche agricole maggiormente sostenibili, possano non solo compensare, ma persino arrivare a portare il settore zootecnico a zero emissioni, a raggiungere, cioè, la carbon neutrality».

I ricercatori CMCC si sono concentrati su un primo caso studio pilota in Italia centrale, in un’area della provincia di Viterbo con una forte vocazione agricola, «con l’obiettivo di comprendere come e in che misura le emissioni di gas serra delle aziende zootecniche potevano essere ridotte o compensate attraverso rimozioni di carbonio nella stessa area». Hanno quindi sviluppato e messo a punto «un approccio land-based dato dalla combinazione di diverse metodologie, come elaborazioni GIS, misurazioni delle emissioni delle aziende zootecniche attraverso il metodo LCA (life cycle assessment) e altre metodologie dell’Ipcc, per arrivare a una stima precisa delle emissioni di gas serra del comparto zootecnico e del potenziale di mitigazione di diverse opzioni d gestione agricola e forestale su scala locale, nelle immediate vicinanze della fonte emissiva (cioè in prossimità delle aziende zootecniche presenti nell’area analizzata)».

Valentini dice che «I risultati del nostro studio mostrano la possibilità di una totale compensazione delle emissioni delle aziende zootecniche dell’area pilota, indicando i percorsi possibili per arrivare alla carbon neutrality, cioè a zero emissioni o persino a emissioni negative. Se opportunamente gestito il settore agricolo appare quindi un settore chiave, in grado di contribuire in maniera significativa agli obiettivi di mitigazione dei cambiamenti climatici a livello globale».

La Chiriacò aggiunge: «E’ importante sottolineare il concetto di prossimità alla base di questo approccio. Esistono già molti meccanismi di compensazione delle emissioni, ma spesso seguono una logica di compensazione su scala globale, per cui l’assorbimento del carbonio emesso in atmosfera avviene in aree geograficamente molto distanti da quelle in cui sono state generate le emissioni da compensare. Nell’approccio di prossimità realizzato dal CMCC, la compensazione delle emissioni avviene vicino alla fonte emissiva. Questo, oltre a contribuire al raggiungimento degli obiettivi globali di mitigazione del cambiamento climatico, comporta un miglioramento ad ampio raggio dell’intero sistema agro-forestale su scala locale, fornendo tutta una serie di co-benefici ambientali e socio-economici per la comunità e il territorio».

L’approccio land-based sviluppato dai ricercatori CMCC è diventato di recente anche un web toolIdeato e sviluppato da CMCC e Istituto di Servizi per il Mercato Agricolo Alimentare (ISMEA), con il supporto finanziario del Programma “Rete Rurale Nazionale 2014–2020”. Alla CMCC spiegano che «Il tool è completamente gratuito e accessibile online. Strumento rigorosamente scientifico, basato su dati e informazioni scientificamente fondate, il web tool nasce con l’obiettivo di essere facilmente accessibile a tutti i suoi potenziali utenti. La piattaforma consente agli allevatori zootecnici italiani di fare una stima dell’impronta di carbonio della propria azienda zootecnica compilando un breve questionario: poche domande che prendono in considerazione le principali caratteristiche dell’azienda, dal numero di capi allevati, al consumo energetico, alla tipologia di allevamento e al foraggio e ai mangimi acquistati, etc. In questa prima fase si ottiene una stima delle emissioni generate dall’azienda zootecnica. Quindi si passa a una seconda fase dove sono ipotizzate tutta una serie di azioni, ciascuna con il suo protocollo, per ridurre e compensare le emissioni dell’allevamento. Il tool aiuterà pertanto i diversi portatori d’interesse a individuare le migliori opzioni per una gestione più sostenibile del territorio in Italia, in special modo a livello locale».

I ricercatori CMCC stanno lavorando con ISMEA e il Programma “Rete Rurale Nazionale 2014–2020” anche alla creazione di un sistema di tracciabilità della sostenibilità dell’uso del suolo, basato sull’approccio sviluppato, attraverso un meccanismo volontario di incentivazione di pratiche agricole e forestali sostenibili per ridurre e compensare le emissioni zootecniche a livello locale. Il meccanismo utilizzerà dei crediti, che i ricercatori hanno soprannominato “crediti di sostenibilità”, per i molteplici benefici, non solo climatici, che porteranno alle comunità e ai distretti agricoli locali.