Flussi finanziari illeciti: l’Africa derubata di 89 miliardi di dollari all’anno (VIDEO)

Un gigantesco furto neocolonialista di denaro e risorse che supera i finanziamenti allo sviluppo

[29 Settembre 2020]

Secondo l’Economic Development in Africa Report 2020  pubblicato dall’United Nations conference on trade and devlopment (Unctad) «Ogni anno, circa 88,6 miliardi di dollari, equivalenti al 3,7% del PIL africano, lasciano il continente come capitali illeciti in fuga».

Il rapporto, intitolato “Tackling illicit financial flows for sustainable development in Africa”. Spiega che i flussi finanziari illeciti (IFF) sono movimenti di denaro e beni attraverso le frontiere illegali alla fonte, nel trasferimento o nell’utilizzo e dimostra quanto sia peloso lo slogan “aiutiamoli in casa loro”, visto che questi flusi di denaro illecito sono quasi quanto i finanziamenti annuali totali dell’assistenza ufficiale allo sviluppo, 48 miliardi di dollari, e degli investimenti diretti esteri annuali, 54 miliardi di dollari, ricevuti dai paesi africani (media 2013 – 2015)

Il segretario generale dell’Unctad, Mukhisa Kituyi, sottolinea che «I flussi finanziari illeciti privano l’Africa e la sua gente delle loro prospettive, minando la trasparenza e la responsabilità ed erodendo la fiducia nelle istituzioni africane».

Gli IFF comprendono le fughe di capitali illeciti, pratiche fiscali e commerciali come la fatturazione errata di spedizioni commerciali e attività criminali come i mercati illegali, la corruzione o il furto.

Dal 2000 al 2015, la fuga illecita di capitali dall’Africa è stata di 836 miliardi di dollari rispetto a uno stock di debito estero totale dell’Africa di 770 miliardi di dollari nel 2018, il rapporto fa notare che «Questo rende per il mondo l’Africa un creditore netto».

Gli IFF relativi all’esportazione di materie prime estrattive (40 miliardi di dollari nel 2015) sono la componente principale della fuga illecita di capitali dall’Africa e probabilmente si tratta di stime che sottovalutano il problema e il suo impatto.

Gli IFF drenano enormi capitali e ricavi in ​​Africa, minando la capacità produttiva e le prospettive dell’Africa per il raggiungimento degli obiettivi di sviluppo sostenibile (SDG). Ad esempio, il rapporto rileva che «Nei paesi africani con un IFF elevato, i governi spendono per la salute il 25% in meno rispetto ai Paesi con un IFF basso e il 58% in meno per l’istruzione. Poiché le donne e le ragazze spesso hanno meno accesso alla salute e all’istruzione, risentono maggiormente degli effetti fiscali negativi degli IFF».

Con le attuali entrate fiscali governative e l’assistenza allo sviluppo, l’Africa non sarà in grado di colmare l’ampio deficit di finanziamenti per raggiungere gli SDG, stimati in 200 miliardi di dollari all’anno. Il rapporto evidenzia che «Affrontare la fuga di capitali e gli IFF rappresenta una grande fonte potenziale di capitale per finanziare gli investimenti tanto necessari, ad esempio, in infrastrutture, istruzione, salute e capacità produttiva».

L’Unctad fa l’esempio della Sierra Leone, che ha uno dei più alti tassi di mortalità sotto i 5 anni del continente (105 per 1.000 nati vivi nel 2018), «frenare la fuga di capitali e investire una quota costante dei ricavi nella salute pubblica potrebbe far risparmia salvare re altri 2.322 dei  258.000 bambini nati nel Paese ogni anno.

In Africa, gli IFF riguardano principalmente le industrie estrattive e sono quindi legati al furto di risorse e a un elevato inquinamento dell’ambiente. Il rapporto dimostra che «Frenare la fuga illecita di capitali potrebbe generare entro il 2030 capitale sufficiente per finanziare quasi il 50% dei 2,4 trilioni di dollari necessari ai Paesi dell’Africa subsahariana per l’adattamento e la mitigazione dei cambiamenti climatici».

L’analisi fatta dal  rapporto dimostra anche che gli IFF in Africa non riguardano solo alcuni Paesi specifici, ma alcune materie prime di alto valore e  low-weight. Nel 2015, dei 40 miliardi di dollari stimati di IFF derivanti ​​dalle materie prime estrattive nel 2015, il 77% era concentrato nella catena di approvvigionamento dell’oro, seguito da diamanti (12%) e platino (6%). Una scoperta che fornisce nuovi dati ai ricercatori e responsabili politici che studiano come identificare e frenare gli IFF e che è rilevante per tutti i Paesi esportatori di oro in Africa, nonostante le loro diverse condizioni locali.

Il rapporto  punta a fornire ai governi africani «le conoscenze su come identificare e valutare i rischi associati agli IFF, nonché le soluzioni per frenare gli IFF e reindirizzare i proventi verso il raggiungimento delle priorità nazionali e degli SDG». Ma evidenzia che c’è bisogno di un impegno globale  per promuovere la cooperazione internazionale per combattere gli IFF e che, inoltre, occorre rafforzare le buone pratiche per la  restituzione delle risorse, per promuovere lo sviluppo sostenibile e il raggiungimento dell’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile.

La stima degli IFF è stata limitata dalla mancanza di alcuni dati: solo 45 dei 53 Paesi africani forniscono dati all’UN International Trade Statistics Database (UN Comtrade) in modo continuo, consentendo così di confrontare le statistiche sul commercio nel tempo.

Il rapporto sottolinea «L’importanza di raccogliere più e migliori dati commerciali per rilevare i rischi legati agli IFF, aumentare la trasparenza nelle industrie estrattive e la riscossione delle tasse.

L’ Automated System for Customs Data (ASYCUDA) dell’Unctad, compreso il suo nuovo modulo per la produzione e l’esportazione di minerali, chiamato MOSES (Mineral Output Statistical Evaluation System), sono potenziali soluzioni disponibili. Per affrontare efficacemente gli IFF, i Paesi africani devono inoltre stipulare accordi sullo scambio automatico di informazioni fiscali».

Anche se è evidente che gli IFF sono un gigantesco ostacolo alla mobilitazione delle risorse interne in Africa, i governi africani non si stanno ancora impegnandosi a sufficienza nella riforma del sistema fiscale internazionale e l’Unctad avverte che «La trasparenza e la cooperazione tra le amministrazioni fiscali a livello globale e all’interno del continente sono fondamentali per la lotta contro l’evasione e l’elusione fiscale. Per quanto riguarda la cooperazione regionale in materia di tassazione all’interno del continente, l’African Tax Administration Forum può fornire una piattaforma per la cooperazione regionale tra i Paesi africani. Le reti di conoscenza regionali per migliorare le capacità nazionali di contrastare i proventi del riciclaggio di denaro e recuperare i beni rubati, anche nel contesto dell’African Continental Free Trade Area (AfCFTA), sono cruciali nella lotta contro la corruzione e gli IFF legati alla criminalità».

Per l’Africa, dove gli investimenti pubblici e la spesa per gli SDG sono più carenti, le entrate fiscali perse a causa degli IFF sono particolarmente costose. Nel 2014, l’Africa ha perso circa 9,6 miliardi di dollari a causa dei paradisi fiscali, pari al 2,5% del gettito fiscale totale.

Il rapporto ricorda che «L’evasione fiscale è al centro del sistema finanziario ombra mondiale e gli IFF sono spesso collegati a strategie di elusione o evasione fiscale, progettate per spostare i profitti in giurisdizioni a bassa tassazione». A causa della mancanza di regole interne nella maggior parte dei Paesi africani, le autorità giudiziarie locali non hanno gli strumenti per contrastare l’evasione fiscale da parte delle multinazionali.

Ma Il presidente della Nigeria, Muhammadu Buhari, ha fatto notare che gli IFF in Africa non sono solo una preoccupazione nazionale: «I flussi finanziari illeciti sono multidimensionali e di carattere transnazionale. Come il concetto di migrazione, hanno Paesi di origine e destinazione e ci sono diversi luoghi di transito. L’intero processo di mitigazione dei flussi finanziari illeciti, quindi, interessa diverse giurisdizioni».

L’Unctad conclude: «Le soluzioni al problema devono coinvolgere la cooperazione fiscale internazionale e misure anticorruzione. La comunità internazionale dovrebbe dedicare maggiori risorse per affrontare gli IFF, compreso il rafforzamento delle capacità delle autorità fiscali e doganali nei Paesi in via di sviluppo. I Paesi africani devono rafforzare l’impegno per la riforma fiscale internazionale, rendere la concorrenza fiscale coerente con i protocolli dell’AfCFTA e mirare a maggiori diritti fiscali».

Ma intanto il furto neocolonialista di denaro, risorse e speranze dell’Africa continua e alimenta povertà, disperazione ed emigrazione.

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