L’(in)equità in Europa, guardare oltre le medie dell’Ue

La percezione dell’ineguaglianza sociale è più forte nell’Europa Meridionale e Orientale che in quella del Nord-Ovest

[15 Giugno 2020]

Prima dell’inizio della pandemia di coronavirus, oltre la metà dei cittadini dell’Ue ritenevano che la loro vita fosse equa e ora, mentre la Commissione europea propone un recovery found per mettere saldamente l’Ue sulla strada di una ripresa sostenibile, inclusiva ed equa, il Joint Research Centre (Jrc) pubblica il rapporto “Beyond averages – Fairness in an economy that works for people”, scritto prima dello scoppio della pandemia di coronavirus, che affronta alcune delle tematiche più importanti per l’equità per un’Unione europea equa, inclusiva e sociale. Disuguaglianza di reddito, disuguaglianza educativa e copertura inadeguatezza dei sistemi di sicurezza sociale vengono discussi in una prospettiva pre-crisi. Il rapporto fornisce un’istantanea dello stato dell’equità pere-Covid-19 in Europa e vuole essere «un punto di riferimento in base al quale è possibile valutare alcune delle conseguenze dell’attuale crisi».

Per capire come sono modellate queste percezioni, il rapporto esplora vari tipi di percezione della  disuguaglianza e sottolinea che «Disuguaglianze troppo elevate in termini di reddito, istruzione o salute possono far sentire la gente che la vita non è giusta».

La situazione sembra particolarmente grave dalle nostre parti: «Sebbene la disparità di reddito in tutta l’Ue sia leggermente diminuita dall’ultima grave crisi del 2008 – dicono i ricercatori del Jrc – è aumentata nell’Europa meridionale. Il livello di istruzione dipende ancora fortemente dalle circostanze familiari. E ci sono prove che la protezione sociale e i sistemi fiscali sono sempre più messi in discussione dalla digitalizzazione dell’economia e dai mutevoli rapporti di lavoro».

Mentre l’Europa inizia a emergere dalla nuova crisi del Covid-19, l’equità e la percezione dell’equità sono importanti: «Possono avere un impatto reale sulla felicità e su come le persone interagiscono con gli altri nella società – ricorda lo studio – E’ anche chiaro che gli effetti sulla salute e sull’economia della pandemia di Covid-19 sono sostenuti in modo sproporzionato da coloro che sono meno abbienti».

per capire quali siano le percezioni dell’equità in tutta Europa, gli esperti del Jrc hanno analizzato i risultati di un sondaggio Eurobarometro dal quale è emerso che «In media, circa la metà degli adulti europei è fortemente d’accordo (11%) o concorda (43%) con l’affermazione che le loro vite sono giuste. Una parte considerevole degli intervistati (circa il 22%) non è d’accordo o è fortemente in disaccordo. Le percezioni medie di equità differiscono ampiamente tra i Paesi dell’UE. Complessivamente, i paesi dell’Europa settentrionale e occidentale mostrano livelli più elevati di percezione dell’equità, mentre i livelli nei Paesi dell’Europa meridionale e orientale sono più bassi».

I dati per Paese mostrano che solo il 26% dei greci, il 36% dei croati e il 39% dei bulgari e ciprioti ritiene che la loro vita sia giusta. Anche la maggioranza degli italiani pensa che il suo livello di vita non sia equo, mentre percezioni di equità particolarmente positive si osservano in Irlanda (79%), Danimarca (78%) e Finlandia (76%).

Un lieve calo delle disparità di reddito in tutta l’Ue maschera però un aumento delle disparyità dei redditi  nell’Europa meridionale: nel periodo 2006-2016, la disparità di reddito è stata più elevata nell’area geografica più povera dell’Ue, nell’Europa centrale e orientale ed era più bassa nell’ area geografica più ricca, il nord-ovest cdell’Ue.

Tra il 2007 e il 2013 nell’Europa meridionale la disparità di reddito è aumentata, nell’Europa centrale e orientale è diminuita, mentre per il Nord-Ovest il trend non è chiaro. Ma il rapporto avverte che «La disuguaglianza di reddito quasi costante in tutta l’Ue nasconde aumenti del livello di disuguaglianza nell’Europa meridionale».

L’Unione europea ha anche un problema di equità per quanto riguarda l’istruzione: «Nell’Ue circa l’83% delle persone che hanno almeno un genitore e un nonno con un’istruzione terziaria (a livello universitario) continuano a completare l’istruzione terziaria. Solo il 31% di quelli con genitori e nonni meno istruiti fa lo stesso. In altre parole, le probabilità di avere un’istruzione terziaria sono 2,7 volte più alte per il primo gruppo che per il secondo». E anche questo divario è più pronunciato nell’Europa meridionale e orientale che nell’Europa settentrionale.

L’economia digitalizzata ha, almeno finora, mancato una delle sue promesse delle origini e «Le forme di lavoro “atipiche” (compreso il lavoro a tempo parziale, temporaneo, a tempo determinato, occasionale e stagionale, il lavoro autonomo, il lavoro indipendente e l’homework) sono diventate più comuni«. Il rapporto sottolinea che «I lavoratori atipici sono spesso coperti solo in parte dai sistemi di sicurezza sociale».

Inoltre, il Jrc rileva una discrepanza tra la sede dell’attività economica e il luogo dell’imposizione fiscale, il che facilita l’evasione.

Ma è l’intero quadro a essere cambiato rapidamente: il coronavirus ha scosso l’Europa e il mondo fino alle fondamenta, mettendo alla prova i sistemi sanitari e assistenziali, le nostre società ed economie e il nostro modo di vivere e lavorare insieme.

Il Jrc assicura che «Per proteggere vite e mezzi di sussistenza, riparare il mercato unico e costruire una ripresa duratura e prospera, la Commissione europea propone di sfruttare tutto il potenziale del bilancio dell’Ue».