Rapporto Irp Unep dimostra il legame tra efficienza nell’uso delle risorse e cambiamenti climatici (VIDEO)

Costa: «Con decreto clima abbiamo voluto cambiare fortemente il sistema della programmazione economica del Paese Italia»

[12 Dicembre 2019]

Secondo il rapporto “Resource Efficiency and Climate Change – Material Efficiency Strategies for a Low-Carbon Future” pubblicato dall’International resource panel (Irp) dell’United Nations environment programme alla COP25 Unfccc in corso a Madrid, «Lo sfruttamento delle risorse naturali a vantaggio dell’economia mondiale influenza profondamente il clima terrestre. La maniera in cui queste risorse vengo estratte, prodotte e utilizzate determina la quantità di gas serra en messa. Le azioni mondiali meranti ad attenuare i cambiamenti climatici si concentrano abitualmente sul miglioramento del rendimento energetico e sull’accelerazione della transizione verso e energie rinnovabili. Benche queste misure siano essenziali, dobbiamo dare più attenzione all’efficienza nell’utilizzo delle materie prime; in caso contrario, sarà praticamente impossibile e molto più oneroso mantenere il riscaldamento climatico al di sotto di 1,5°C».

L’irp Unep sottolinea che «Il miglioramento dell’efficienza nell’utilizzo delle materie prime rappresenta un metodo di azione decisivo per avvicinarsi al target di 1,5° C fissato nell’Accordo di Parigi. I decisori devono prendere degli impegni più ambiziosi in materia di riduzione delle emissioni di gas serra se vogliono realmente raggiungere gli obiettivi enunciati negli Accordi di Parigi».

Il rapporto, commissionato dal G7 Ambiente durante la presidenza italiana del 2017, è stato presentato al padiglione Italia della Cop25 ed è intervenuto anche il ministro dell’ambiente Sergio Costa, che ha evidenziato «come il rapporto Irp permetta di comprendere quanto le politiche di efficienza delle risorse influiscano su quelle sui cambiamenti climatici e viceversa. La roadmap di Bologna sull’efficienza delle risorse rimane un punto di riferimento e di impegno per tutti i Paesi G7. Questo rapporto ci aiuta a capire che possiamo e dobbiamo rafforzare e rendere più efficaci e tempestivi i nostri obiettivi nazionali di riduzione delle emissioni (Ndc), le nostre strategie e i piani nazionali, regionali e globali per raggiungere gli obiettivi dell’accordo di Parigi, avvalendoci delle sinergie tra le politiche climatiche e quelle legate all’efficienza delle risorse, l’economia circolare e lo sviluppo ecosostenibile. I circa quaranta scienziati dell’Irp sono una risorsa perché possono tracciare quel percorso che ci fa comprendere fino in fondo che lo sviluppo sostenibile non è mai distonico rispetto alla tutela ambientale. Non è vero che le due cose camminano su binari diversi e la dimostrazione è il rapporto Irp che ci dice che ciò si può fare. Con il decreto clima approvato ieri abbiamo voluto fortemente cambiare il sistema della programmazione economica del Paese Italia. Nell’articolo 1, infatti, abbiamo scritto che da oggi in poi tutta la programmazione economica sarà fatta, per sempre, tenendo conto dello sviluppo sostenibile, un obbligo che ci siamo dati e dal quale non possiamo prescindere. Qualsiasi programmazione economica – nel settore dei trasporti, della produzione industriale, della costruzione delle strade e così via – dovrà tenere conto del concetto di sviluppo sostenibile».

Il rapporto presenta una realtà molto complessa e rischiosa, a partire dal fatto che, a livello mondiale, la quota delle emissioni di gas serra causata dalla produzione di materie è passata dal 15% del 1995 al 23% del 2015 e il rapporto Irp fa notare: «Benché queste siano equivalenti in proporzione a quelleprodotte congiuntamente dall’agricoltura, dallo sfruttamento forestale e dal cambiamento di uso dei suoli, sono state molto meno mediatizzate. Si stima che l’80% delle emissioni provenienti dalla produzione di materie provenga dall’utilizzo di materiali nell’edilizia e nei prodotti manufatturieri. La riduzione di gas serra legate ai materiali utilizzati nelle abitazioni e nelle auto – principali prodotti del settore edile e del settore manufatturiero – potrebbe permettere di raggiungere, nel periodo 2016-2060 nei Paesi del G7, una riduzione di 25 Gt delle emissioni equivalenti di biossido di carbonio (CO2e) accumulate nel corso del ciclo di vita. Le tecnologie che migliorano l’efficienza nell’utilizzo delle materie esistono».

Nel 2050, nei Paesi del G7 e in Cina, le strategie di efficienza nell’utilizzo della materie prime, compreso l’utilizzo di materiali riciclati, potrebbero far diminuire dall’80% al 100% le emissioni di gas serra durante il ciclo di vita, mentre l’India potrebbe arrivare a una diminuzione tra il 50 e il 70%.

L’Irp evidenzia che «Diverse strategie hanno un grande potenziale per ridurre le emissioni, incluso un uso più intensivo dello spazio (riduzione fino al 70% nel 2050 nei Paesi del G7); progettazione a risparmio di materiali (tra l’8% e il 10% nel 2050 nei Paesi del G7); e l’uso di legname raccolto in modo sostenibile (tra l’1% e l’8% nel 2050 nei Paesi del G7). Un migliore riciclaggio dei materiali da costruzione potrebbe ridurre nel 2050 le emissioni di gas serra dal 20% al 18% nei Paesi del G7. Nel complesso, l’applicazione di queste strategie nei paesi del G7 potrebbe consentire una riduzione cumulativa da 5 a 7 Gt di CO2e per il periodo 2016-2050».

E queste strategie di efficienza possono influenzare altri step del ciclo di vita della abitazioni, avendo come risultato una riduzione sinergica del consumo di energia. Il rapport sottolinea che «Dal punto di vista del ciclo di vita dell’intero edificio, queste strategie nel 2050 potrebbero ridurre dal 35% al 40% le emissioni derivanti dalla costruzione, dall’utilizzo e dalla decostruzione (smantellamento) di case nei paesi del G7. In Cina e India, questa cifra potrebbe raggiungere tra il 50% e il 70%».

Ci sono anche numerose possibilità per ridurre le emissioni di gas serra legate ai veicoli privati. «Oltre alla riduzione delle emissioni di gas serra ottenuta attraverso la transizione verso l’energia pulita e i veicoli elettrici o a idrogeno, l’efficienza dei materiali potrebbe tradursi in maggiori risparmi di carbonio. Le strategie di efficienza dei materiali potrebbero ridurre le emissioni di gas serra del ciclo dei materiali dei veicoli, dal 57% al 70%, nei paesi del G7 e dal 40% al 60% in Cina. in India. Le strategie di efficienza nell’uso delle materie prime possono anche ridurre le emissioni di GHG legate al consumo di energia durante l’utilizzo. Nel 2050, nei paesi del G7, potrebbero anche diminuire tra il 30% e il 40% di quelle prodotte durante la produzione, l’uso e la gestione del fine vita delle auto. E’ cambiando le abitudini di guida (carsharing) e passando a veicoli più compatti, di dimensioni adatte ai viaggi, si potrebbero ottenere le maggiori riduzioni delle emissioni generate durante del ciclo di vita. In effetti, ciò non solo ridurrebbe la domanda di materiali, ma anche il consumo di energia durante l’uso dei veicoli. Simili risparmi possono essere realizzati implementando strategie di efficienza dei materiali in Cina e India».

Ma questo non potrà avvenire senza un forte intervento pubblico. Il rapporto fa notare che «La progettazione di abitazioni e veicoli determina la quantità di materiali da fornire, l’energia consumata durante la loro costruzione e utilizzo, la loro durata e la loro facilità di riutilizzo e riciclaggio. I codici e gli standard di costruzione creano un legame tra design e politica. Possono promuovere o limitare l’efficienza nell’uso dei materiali. Le politiche trasversali comprendono la revisione di codici e standard di costruzione; l’uso di sistemi di certificazione degli edifici governativi; le imposte di immatricolazione e sul traffico dei veicoli; il passaggio ad appalti pubblici verdi; una tassa sui nuovi materiali. Sono in grado di avere un’influenza significativa sull’efficienza nell’uso dei materiali, ma sono disponibili poche stime quantitative».

Esistono già numerosi strumenti per far progredire, anche in modo indiretto, l’efficienza nell’utilizzo di materie prime e l’aumento dell’intensità d’uso non si concentra più sulla scelta e l’utilizzo dei materiali, ma sugli stili di vita. Il rapporto ricorda che «Strumenti politici come le tasse, la zonazione e la regolamentazione dell’uso del territorio possono svolgere un ruolo, così come le preferenze e il comportamento dei consumatori. L’efficienza nell’uso delle materie prime è in balia dell’effetto rimbalzo, poiché i risparmi monetari possono portare a un aumento dei consumi. Queste conseguenze potrebbero essere limitate utilizzando strumenti politici che aumentano direttamente o indirettamente i costi di produzione o i prezzi al consumo, ad esempio le tasse o gli accordi di cap and trade. Un’altra potenziale soluzione sarebbe quella di integrare l’efficienza nell’uso dei materiali nei Nationally Determined Contributions (NDC) già stabiliti da ciascun Paese ai sensi dell’accordo di Parigi». Attualmente, solo gli NDC di Giappone, India, Cina e Turchia menzionano strumenti aggiuntivi relativi all’ottimizzazione e alla gestione delle risorse, all’efficienza nell’uso dei materiali, all’economia circolare o al consumo.

Il rapporto conclude: «La valutazione delle politiche dovrebbe tenere conto del ciclo di vita, al fine di rivelare i vasi comunicanti e le sinergie in tutte le fasi e in tutti i settori di attività. Per misurare i guadagni di produttività portati dalle politiche, deve essere valutato il ciclo di vita del prodotto per rivelare sinergie e riequilibri nelle diverse fasi, ad esempio tra risparmio di materiale e consumo di energia. Le politiche di gestione del fine vita dovrebbero concentrarsi più direttamente sulla riduzione delle emissioni di gas serra, non solo sulla riduzione del tasso di conferimento in discarica. Un’analisi più rigorosa ed esauriente delle misure in atto potrebbe stimolare l’elaborazione di politiche efficaci»

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  • How can Resource Efficiency contribute to the fight against climate change?