Sahel e Lago Ciad: le mine fanno strage tra rifugiati, bambini, donne e pastori

Il Consiglio di sicurezza dell’Onu preoccupato per l’insicurezza e il disastro umanitario in Africa Occidentale

[29 Luglio 2020]

L’United Nations high commissioner for refugees (Unhcr) chiede «sforzi maggiori per attenuare i rischi a cui mine e ordigni esplosivi improvvisati espongono rifugiati e sfollati interni presenti nelle regioni africane del Sahel e del bacino del Lago Ciad, entrambe segnate da conflitti. Dall’inizio del 2020, si è registrato un crescente numero di incidenti fatali che hanno coinvolto le popolazioni costrette alla fuga».

L’agenzia Onu per i rifugiati spiega che «Mine, ordigni inesplosi (UXO) e l’uso più frequente di ordigni esplosivi improvvisati (IED) costituiscono una crescente minaccia per comunità di accoglienza, rifugiati e sfollati interni». Il portavoce dell’Unhcr Babar Baloch ha spiegato in una conferenza stampa virtuale: «Anche se gli obiettivi di molti gruppi armati antigovernativi e non statali sembrano essere le forze di sicurezza, sempre più civili vengono uccisi e mutilati indiscriminatamente».

I Paesi più colpiti sono Ciad e Nigeria e nell’ultimo incidente di cui si abbia notizia, avvenuto  il 24 giugno in un campo rifugiati del Ciad orientale, 4 bambini di età compresa tra 9 e 12 anni sono rimasti uccisi e altri tre gravemente feriti quando hanno raccolto da terra un ordigno inesploso tentando di aprirlo. Nella Nigeria nordorientale, circa 230 persone sono rimaste uccise da IED e oltre 300 ferite nel 2019. Ad oggi, sono stati registrati più di 15 incidenti nel corso del 2020.

Il personale dell’Unhcr sul campo denuncia un trend in crescita di questo tipo di incidenti – che sarebbe meglio chiamare omicidi –  nche nel Sahel. In Niger: «Cinque incidenti hanno provocato la morte di almeno cinque rifugiati e sfollati lasciandone feriti molti altri dall’inizio dell’anno. Per esempio, il 21 gennaio 2020, due ragazzi – un abitante locale e un amico rifugiato dal Burkina Faso – hanno raccolto un razzo inesploso. Credendo erroneamente che si trattasse di un giocattolo, hanno cercato di aprirlo con un’accetta. L’ordigno è esploso uccidendo il ragazzo del posto e ferendo gravemente il rifugiato. Nella regione di Diffa, in Niger, due furgoni sono passati sopra ordigni esplosivi presso il paese di Bosso, in occasione di due incidenti separati avvenuti a febbraio e a marzo. Le esplosioni hanno ucciso quattro persone, compresi tre studenti in età di scuola superiore, e ferendone molte altre, tra cui un neonato di 10 mesi».

La situazione appare particolarmente grave in Mali, dove la popolazione civile costituisce quasi la metà delle vittime di mine e ordigni esplosivi improvvisati: «Almeno 42 civili sono rimasti uccisi in occasione di 82 incidenti avvenuti tra gennaio e maggio di quest’anno, soprattutto nelle regioni di Mopti, Gao e Kidal – dicono all’Unhacr – Le rotte che collegano Mopti, nella parte centrale del Paese, con le regioni settentrionali sono particolarmente colpite e pericolose».

Ma in Burkina Faso non va meglio: «il 6 giugno, un veicolo che trasportava due rifugiati ha colpito uno IED vicino al campo rifugiati di Mentao. Entrambi sono stati evacuati a Djibo, dove hanno ricevuto cure per le ferite riportate».

L’Unhcr ricorda che «Il Sahel è teatro di una delle crisi che cresce a ritmi più rapidi su scala mondiale e che registra la fuga di milioni di civili dalle aggressioni indiscriminate perpetrate da gruppi armati mediante esecuzioni sommarie, la pratica diffusa dello stupro delle donne, e attacchi contro le istituzioni statali, comprese scuole e strutture sanitarie. Oltre all’elevato tasso di morti, feriti e conseguenze correlate, tra cui danni alla salute mentale, la presenza di ordigni esplosivi ostacola l’accesso ai mezzi di sussistenza locali quali pascoli, campi, fattorie, legna da ardere nonché alle infrastrutture comunitarie. Tali ordigni condizionano anche la consegna di aiuti umanitari e lo svolgimento di attività per lo sviluppo».

L’Unhcr continua a supportare le persone ferite e le famiglie delle vittime e contribuisce allo svolgimento dei funerali delle vittime e assicura sessioni di sostegno psicosociale rivolte ai sopravvissuti, bambini compresi. Inoltre, l’Agenzia Onu interagisce coi rappresentanti delle comunità locali e di profughi per sensibilizzare in relazione ai rischi posti dagli ordigni inesplosi.

Baloch  ha evidenziato che «Sono necessari con urgenza sforzi volti a gestire i pericoli rappresentati dalle mine e a sensibilizzare maggiormente in merito all’orribile minaccia derivante da mine, residui bellici esplosivi e ordigni esplosivi improvvisati. «E’ essenziale che i governi, le organizzazioni umanitarie e le parti in conflitto intensifichino le loro attività di azione contro le mine, poiché i civili pagano un prezzo molto elevato. Le mine, inoltre, espongono a rischi supplementari i rifugiati e gli sfollati interni in fuga da violenze e persecuzioni, ostacolandone il diritto a fare ritorno alle proprie terre. L’Agenzia riconosce mine e ordigni inesplosi quali ostacoli decisivi alla possibilità di fare ritorno in condizioni sicure e dignitose, considerato che rappresentano pericoli letali per rifugiati e sfollati che fanno ritorno, anche negli anni successivi alla fine dei conflitti».

L’Unhcr sottolinea «l’importanza di assicurare assistenza ampia e complete a tutte le vittime, in linea con la politica delle Nazioni Unite in materia di assistenza alle vittime di mine (Policy on Mine Victim Assistance). Essa raccomanda che l’assistenza alle vittime di mine includa raccolta dati, cure mediche, riabilitazione fisica e di altro genere, compresa l’assistenza psicosociale».

Anche il Consiglio di sicurezza dell’Onu  ha espresso profonda preoccupazione per il continuo deterioramento della sicurezza e della situazione umanitaria in ‘Africa occidentale e, in particolare, nei Paesi delle regioni del Sahel e nel bacino del Lago Ciad.

La presidenza di turno tedesca del Consiglio di sicurezza ha ricordato che «Questi problemi sono esacerbati, tra l’altro, dal terrorismo, dai conflitti tra pastori e agricoltori e dalla criminalità organizzata transnazionale – a terra e in mare – in particolare tratta di esseri umani, traffico di armi e droga e sfruttamento illegale delle risorse naturali».

Il Consiglio di sicurezza dell’Onu ha anche espresso preoccupazione per la situazione umanitaria complessiva nella regione: «Una situazione che è in gran parte il risultato di sfollamenti forzati, povertà estrema, disuguaglianze sociali e violenza, in particolare sessuali e di genere» e per questo chiede «La consegna rapida, durevole, sicura e senza ostacoli di aiuti umanitari e medici ai bisognosi» e che vengano attuate importanti azioni umanitarie e di sviluppo e che siano davvero concessi i fondi promessi.

Il Consiglio di sicurezza «ha accolto con favore il fatto che i Paesi dell’Africa occidentale e del Sahel abbiano avviato iniziative volte a combattere l’insicurezza nella regione» e ha elogiato le loro recenti operazioni antiterrorismo condotte nelle regioni di Liptako-Gourma e del bacino del Lago Ciad, anche attraverso la Force multinationale mixte (FMN) e la Force conjointe du Groupe de cinq pays du Sahel (G5 Sahel). E’ stata accolta favorevolmente anche la maggiore mobilitazione dell’Unione africana (UA) e della Communauté économique des Etats d’Afrique de l’Ouest (Cedeao) così come l’iniziativa di schierare nel Sahel una forza guidata dall’UA.

Il Consiglio di sicurezza  ha sottolineato che «le azioni intraprese in termini di sicurezza devono essere coerenti con gli obiettivi politici al fine di consentire il ripristino della sicurezza civile, l’istituzione di una governance efficace che consenta la fornitura di servizi essenziali e il rilancio delle economie locali. in modo da fornire mezzi di sostentamento ai giovani, vista del boom della popolazione giovanile» e ha evidenziato l’importanza di «esaminare le condizioni favorevoli alla diffusione del terrorismo e dell’estremismo violento che possono portare al terrorismo». Dicendo che «E’ necessario un approccio globale per affrontare le cause profonde della violenza intercomunitaria».

Al centro delle preoccupazioni del Consiglio di sicurezza ci sono le attuali tensioni politico-sociali in Mali, dove le opposizioni unite giudate dall’imam Mahmoud Dicko chiedono – anche con manifestazioni di piazza – le dimissioni del presidente della Repubblica Abubakar Keita e si rifiutano di partecipare a un governo di unità nazionale fino a che non le avrà date. Il Consiglio di sicurezza ha esortato tutte le parti in causa del Mali  a «Ricorrere come priorità al dialogo al fine di risolvere i problemi senza indugio e di tener conto delle raccomandazioni formulate dalla Cedao il 19 luglio – che però l’opposizione respinge – al fine di astenersi da qualsiasi atto suscettibile di generare nuovi tensioni e lavorare in modo inclusivo e costruttivo per preservare lo stato di diritto. La sicurezza e la stabilità in Mali sono indissolubilmente legate a quelle del Sahel e dell’Africa occidentale, nonché alla situazione in Libia e Nord Africa».

Inoltre, il Consiglio di sicurezza dell’Onu ha nuovamente invitato tutte le parti politiche della Guinea, indipendentemente dalla loro appartenenza politica, a  «riprendere senza indugio il dialogo per garantire che i processi elettorali e le riforme politiche siano condotti in un clima di ampio consenso» e ha incoraggiato il rappresentante speciale del Segretario generale dell’Onu per l’Africa occidentale e il Sahel, Mohamed Ibn Chambas, a continuare a esercitare i suoi buoni uffici in Guinea.

Per quanto riguarda le tensioni politiche in Burkina Faso, Costa d’Avorio, Ghana, Guinea, Mali e Niger, governi e opposizioni  «Devono collaborare per facilitare la preparazione e il completamento tempestivi del elezioni veramente trasparenti, inclusive, credibili e pacifiche» E tutti  «Devono adottare tutte le misure necessarie per prevenire la violenza e garantire pari condizioni a tutti i candidati e  promuovere la partecipazione piena, effettiva e autentica delle donne».

La nota del Consiglio di sicurezza dell’Onu si conclude con un incoraggiamento all’United Nations Office for West Africa and the Sahel (UNOWAS) a proseguire i preparativi per assumere parte delle funzioni del Bureau intégré des Nations Unies pour la consolidation de la paix en Guinée-Bissau (BINUGBIS) il cui mandato scadrà presto.