Ambientalismo, questo sconosciuto: un salto alle origini

Una prospettiva storica per capire meglio dove stiamo andando: partiamo dall’inizio

Se si vanno a vedere i quotidiani italiani del dopoguerra ci si accorge che la parola “ecologia” si afferma nel suo significato di problematica ambientale soltanto nel corso del 1970, e ci si rende conto che per l’ambientalismo anche per altri motivi il 1970 è stato un anno di svolta non solo in Italia ma in tutto il mondo. Alcuni eventi che lo hanno contraddistinto sono diventati giustamente celebri: il primo Earth Day negli Stati Uniti, la “conversione” del presidente Richard Nixon all’ecologia e la costituzione dell’Environmental Protection Agency, l’anno europeo proclamato dal Consiglio d’Europa. E ancora, nel corso del 1970 nasce in Gran Bretagna il primo ministero dell’Ambiente e maturano le condizioni per la sua istituzione, che avverrà nei due anni successivi, anche in Danimarca, Francia, Norvegia e Austria.

Si è diffusa così la percezione che l’ambientalismo e le politiche di protezione della natura, in Italia come in altri paesi, siano fenomeni sostanzialmente giovani, risalenti a una quarantina anni fa soltanto. D’altra parte coloro che come me sono iscritti a un’associazione ambientalista sin dal 1970 sanno che il numero della loro tessera è estremamente basso rispetto ai numeri attuali (la mia tessera Wwf è “appena” la n. 17.232), il che ci dà la sensazione di essere stati un po’ dei pionieri. A dire il vero non si tratta di un’impressione del tutto infondata: è stato infatti soltanto a partire dagli anni 1964-1965 che nei paesi industrializzati si è verificata per la prima volta nella storia un’ondata di interesse per l’ambiente e per la sua protezione tale da influenzare profondamente l’opinione pubblica, i mass media e il mondo politico. Ed è altrettanto vero che questa fioritura ha subito un’improvvisa e straordinaria accelerazione nel corso del 1970, un anno veramente decisivo per la storia dei movimenti ambientalisti.

Questo è il motivo per cui fino a qualche anno fa la maggioranza degli studiosi stessi tendeva a collocare la nascita dell’ambientalismo nelle società occidentali agli inizi dei recenti anni Settanta ed erano relativamente in pochi a rendersi conto che questa percezione era sbagliata. Negli ultimi anni abbiamo invece compreso che la storia dell’ambientalismo è una storia che va molto più indietro nel tempo, e che la svolta dei recenti anni Sessanta e Settanta è solo un capitolo – anche se decisivo – di una storia lunga e complessa.

Va da sé che tutti i gruppi umani non solo hanno avuto rapporti col mondo circostante, cioè con la natura di cui sono parte e dalla quale dipendono per la sopravvivenza, ma hanno anche elaborato innumerevoli visioni di questa natura, dalle più semplici alle più sofisticate. Già negli anni Sessanta sono state pubblicate ambiziose opere di sintesi, come Traces on the Rodian Shore di Clarence Glacken, che cercavano di ricostruire il modo in cui società e civiltà occidentali hanno costruito il concetto di natura. Molte altre opere hanno ristretto il fuoco a singole società e a periodi più brevi, e in alcuni casi con grande acume come è avvenuto con L’uomo e la natura di Keith Thomas, oppure con La morte della natura di Carolyn Merchant. È pure da sempre ben noto che molti gruppi umani hanno adottato nel corso del tempo delle strategie più o meno consapevoli volte a limitare lo sfruttamento di determinate risorse.

Già una storia delle visioni della natura oppure una storia di questi antichi provvedimenti di tutela delle risorse potrebbero in qualche modo essere considerate storie della protezione della natura, e ci porterebbero non a secoli ma a millenni indietro nel tempo e sotto tutte le latitudini. E sarebbero (e sono, perché in effetti vengono studiate) storie eccezionalmente affascinanti.

Se vogliamo parlare però di ambientalismo e di protezione della natura in senso moderno il nostro viaggio all’indietro del tempo si deve fermare ad “appena” centocinquanta anni fa, cioè alla metà degli anni Sessanta dell’Ottocento.

Per “moderno ambientalismo” io intendo sostanzialmente la presenza contemporanea di quattro elementi:

1. un atteggiamento di apprezzamento positivo nei confronti della natura in quanto tale e l’inclinazione a preservarla o a preservarne alcuni aspetti specifici;

2. un sistema di argomentazioni razionali destinato a legittimare questo atteggiamento;

3. una serie di concreti obiettivi di azione, che possono anche organizzarsi in programmi complessi e di vasto respiro;

4. la volontà e la capacità di organizzarsi collettivamente e pubblicamente per perseguire il raggiungimento di tali obiettivi.

È appunto negli anni Sessanta dell’Ottocento che assistiamo per la prima volta alla combinazione di questi elementi, all’inizio in modo timido e sporadico e in seguito con sempre maggior decisione e sistematicità.

Ma perché indichiamo proprio gli anni Sessanta dell’Ottocento? Perché siamo di fronte a una serie di episodi e di fenomeni che non lasciano spazio a equivoci.

In primo luogo, nonostante sia rimasta per lungo tempo un’opera isolata e poco conosciuta la prima opera in grado di individuare le responsabilità storiche dell’uomo nel degrado ambientale su scala planetaria – Man and Nature di George Perkins Marsh – venne pubblicata nel 1864. Allo stesso anno, con l’istituzione del parco californiano di Yosemite, può essere fatto risalire l’inizio della storia delle aree protette e otto anni dopo viene istituito – sempre negli Stati Uniti – il primo parco nazionale del mondo.

Il 1865 è invece un anno importante soprattutto per l’Inghilterra. Qui, al culmine di una lunga fase di creazione di società naturalistiche e di vari gruppi locali, la fondazione della Commons Preservation Society inaugura un fermento associativo che porterà in pochi anni alla costituzione della Kyrle Society, primo nucleo del National Trust, dell’English Lake District Association, della National Smoke Abatement Society, della National Footpaths Preservation Society e della Selborn League for the Preservation of Birds, Plants and Pleasant Places e quindi della popolarissima Society for the Protection of Birds. Negli stessi anni si moltiplicano anche le leggi contro l’inquinamento, per il verde pubblico, per il libero accesso alle proprietà di campagna, per la difesa dei monumenti e per la difesa della fauna. Tra queste ultime spicca decisamente per importanza e per ispirazione ambientalista il precoce Sea Birds Preservation Act del 1869.

Per uno storico tutte queste coincidenze non possono essere casuali. Esse indicano al contrario che, almeno nei paesi più avanzati economicamente, qualcosa sta cambiando nella percezione di una parte dell’opinione pubblica nei confronti della natura. Ed è qui che l’ambientalismo come lo conosciamo oggi compare in effetti per la prima volta.

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