Bollettino da Parigi, 2° giorno: l’inizio dei negoziati alla Cop21

L’associazione Italian Climate Network sta seguendo in diretta da Parigi i negoziati della Cop21, la Conferenza Onu sul clima. In particolare, il gruppo di ragazze e ragazzi della “delegazione giovanile italiana alla Cop21” partecipa all’evento con i suoi delegati, offrendo ogni giorno un bollettino riassuntivo per cogliere gli spunti principali emersi dalla Cop. Greenreport rientra nel pool di testate selezionate per diffondere l’iniziativa, alla quale aderiamo con entusiasmo. Di seguito il bollettino della seconda giornata:

I lavori della Cop21 di Parigi sono finalmente iniziati. Ieri mattina si è riunito l’Adp, ovvero la piattaforma negoziale dove le parti si incontrano per trovare un accordo, parola per parola, sul testo negoziale in discussione. I due co-chair, l’algerino Ahmed Djoghlaf e lo statunitense Daniel Reifsnyde, si sono detti «più che felici di poter eliminare le parentesi e di avanzare in modo deciso all’approvazione di ogni singolo paragrafo del testo negoziale». L’Adp ha quindi deciso di iniziare a lavorare sulla bozza della Cop decision, ovvero il secondo documento che andrà a comporre il pacchetto di Parigi.

Dopo poche ore dall’avvio dei lavori sono emersi i primi problemi procedurali, che non stupiscono affatto gli addetti ai lavori. Tutto ha avuto origine da un quesito posto da Tuvalu, uno Stato insulare particolarmente colpito dal cambiamento climatico e attivo nei negoziati, volto a chiarire se le sessioni in atto debbano semplicemente limitarsi a risolvere le opzioni alternative ancora presenti nel testo, o se vi sia ancora spazio per l’inserimento di nuove frasi – scelta che dilaterebbe notevolmente i tempi per la ricerca di consenso tra le oltre 190 Parti presenti.

La reazione, dei co-chair è stata di per sé piuttosto vaga, anche se non è difficile carpirne il significato: «Il tempo è agli sgoccioli e dopo le parole incoraggianti dei capi di stato e di governo è necessario che i negoziatori continuino con la medesima energia». Al tempo stesso, però, quasi tutti i paesi hanno convenuto  sul fatto che, nonostante il tempo sia poco, trattandosi di un processo “party-driven” tutti i paesi possono richiedere l’inserimento di parole nel testo negoziale. La proposta di Tuvalu è stata infine accettata, con l’inserimento del linguaggio proposto nel testo – rigorosamente tra parentesi quadre – diventando di fatto un nuovo nodo da sciogliere.

Nel corso della sessione pomeridiana dei negoziati, un ulteriore punto di acceso dibattito ha riguardato i paragrafi 6-10 della bozza del testo, che vertono su quale debba essere l’organo preposto a preparare l’entrata in vigore dell’accordo. Nel testo negoziale al momento sono presenti tre differenti opzioni: mentre la seconda prevede un’estensione del mandato dell’Adp, la prima e la terza opzione assegnano il compito di facilitare l’implementazione ad un Intergovernmental preparatory committee (Ipc) o ai due organi sussidiari permanenti dell’Unfccc, il Subsidiary body for scientific and technological advice (Sbsta) e il Subsidiary sody for implementation (Sbi).

La discussione su questo punto ha visto le parti dividersi in due schieramenti. Da un lato, paesi come Malesia, Cina, Arabia Saudita, Nicaragua e Usa hanno espresso la propria contrarietà rispetto all’ipotesi di creare un nuovo organo ad hoc (opzione 1), motivandola col timore di un inutile appesantimento dell’apparato burocratico. Dall’altro lato, Ue, Colombia e Tuvalu si sono dette favorevoli alla scelta della prima opzione, sottolineando che qualunque sia la soluzione che verrà adottata si renderebbe necessario definire un nuovo mandato e un nuovo programma di lavoro, e di conseguenza la creazione di un nuovo organo non comporterebbe un carico di lavoro aggiuntivo particolarmente significativo rispetto alle altre due opzioni.

La questione è rimasta fondamentalmente in sospeso: nonostante nel suo intervento finale il co-chair Djoghlaf si sia dichiarato contrario  alla creazione di un nuovo organo, permane incertezza riguardo a quale delle tre opzioni verrà mantenuta nel testo finale dell’accordo.

Nel pomeriggio è stato affrontato anche il tema dei contributi nazionali volontari (Indcs), che contengono la strategia di ogni paese per diminuire le proprie emissioni e contrastare il cambiamento climatico. I lavori sono avanzati speditamente e hanno portato all’approvazione dei primi paragrafi in tempi accettabili.

In merito a questo argomento, è tuttavia necessario sottolineare come attualmente le stime sull’effetto aggregato degli Indcs vedano proiezioni ben superiori all’obiettivo di mantenere l’aumento medio di temperatura globale al di sotto dei 2 gradi, concetto enfatizzato anche nell’intervento di Angela Merkel, che l’ha definita «una brutta notizia». Per queste ragioni, uno degli obiettivi di Parigi dovrebbe essere proprio quello di raggiungere un accordo per degli aggiornamenti periodici dei contributi nazionali, almeno ogni cinque anni e in modo che possano essere revisionati solo al rialzo: c’è tempo fino al 2020 prima dell’inizio del nuovo periodo d’impegno dell’Accordo.

Come ha affermato Obama alla cerimonia d’apertura, «non sarà una vittoria-lampo, ci vorrà del tempo ed è possibile che la nostra generazione non vedrà il successo delle nostre azioni di oggi, ma il successo è sapere che i nostri figli lo vedranno».

di Giovani per il clima