Emergenza suolo: serve una firma contro i disastri causati dalle cementificazioni

Oggi il sisma ad Ischia, ieri le alluvioni a Genova e in Veneto, l’altro ieri le frane a Giampilieri e Sarno: e domani a chi toccherà? paghiamo conti sempre più salati alla colata di cemento che ha coperto l’Italia!

C’è tempo solo fino al 12 settembre per firmare l’appello su salvailsuolo.it e chiedere finalmente all’Europa una legge sul suolo che ci protegga da nuove catastrofi e da un futuro incerto. Questa è la più grande iniziativa portata avanti dalle principali associazioni italiane ed europee a tutela di ambiente e cittadini.

L’Italia sta consumando ogni giorno il suo bene più prezioso: il suolo. Il bene ambientale da cui tutti noi dipendiamo per ricavare cibo, salute, protezione, è sotto continua minaccia a causa dello sfruttamento selvaggio. Solo salvando il nostro suolo possiamo impedire nuovi disastri ecologici, alluvioni, frane, contaminazioni. E impedire che la cementificazione prosegua come nei decenni passati, senza riguardo per le risorse naturali e mettendo a rischio la sicurezza e la vita delle persone. Serve una legge che tuteli il suolo, subito, non possiamo aspettare ancora.

Perché si firma:

Per impedire la cementificazione selvaggia, l’abusivismo e la costruzione di ecomostri

Non vogliamo che la ripresa economica porti con sé una nuova corsa al cemento facile e brutto, non vogliamo vedere il nostro territorio costellato di nuove generazioni di ecomostri, abusivi e non, perché sappiamo quanto sia facile vederli spuntare e quanto invece sia difficile farli scomparire, come per fortuna è avvenuto per l’albergo di FUENTI a Vietri sul Mare, per Punta Perotti a Bari, per l’albergo dei Mondiali a Milano. Ma per ogni ecomostro demolito ce ne sono decine, centinaia che continuano a deturpare il nostro paesaggio e a rendere la vita delle comunità peggiore e anche più pericolosa, come Ischia ci ha dolorosamente mostrato: mai più mostri! mai più suolo perso per edificazioni eccessive, brutte, pericolose! Mai più indulgenza o connivenza con l’abusivismo! Vogliamo che l’Italia tracci la road map per la repressione e prevenzione di ogni abusivismo, che l’industria delle costruzioni sia impegnata nella messa in sicurezza e riqualificazione dell’esistente, ma sappiamo che ciò non avverrà fintanto che il suolo libero continua ad essere un facile terreno di conquista.

Per impedire l’ennesima catastrofe ambientale

Dobbiamo impedire la cementificazione del nostro territorio, perché cementificare equivale a impermeabilizzare il suolo, cioè privare il suolo di una delle sue funzioni più preziose, quella di trattenere le acque, delle piogge come dei nubifragi, sempre più frequenti anche a causa dei cambiamenti climatici. E soprattutto dobbiamo smettere di costruire a ridosso dei corsi d’acqua. O addirittura sopra i fiumi e i torrenti, come avvenuto Milano, in cui quasi ogni anno il torrente Seveso risorge dai tombini, o a GENOVA, città che ad ogni evento atmosferico deve fare la conta di danni e, spesso, anche di vittime, come avvenuto per l’alluvione del 2011 e per quelle del 2014. E purtroppo la conta delle vittime in questa città è drammatica: sono quasi 100 le vittime di alluvioni negli ultimi cinquant’anni. Ma è assurdo prendersela con Giove Pluvio: non sono vittime del maltempo, ma vittime del cemento.

E se non sono alluvioni, sono frane: l’Italia è il Paese europeo che ne soffre di più, e le cause degli eventi più funesti anche in questo caso non sono naturali: parliamo di frane che avvengono con modalità tragiche e per nulla naturali, a causa di incuria del territorio, degrado del suolo e insediamenti sorti nei posti sbagliati, come avvenuto per SARNO nel 1998, dove le colate di fango fecero 159 vittime, o per le 37 vittime delle frane di Giampilieri nel 2009. Solo la conoscenza dei suoli e la gestione corretta del territorio può impedire il ripetersi di eventi come questi. Per non dire dei terremoti, che a scadenze sempre più ravvicinate ci ricordano il costo in vite umane dell’edilizia di cattiva qualità qual è purtroppo quella degli anni della grande colata di cemento sul nostro Paese.

Per impedire l’avvelenamento della terra e la nascita di nuove discariche abusive 

In questo momento nel nostro Paese esistono oltre 24.000 siti, con contaminazioni accertate o in via di caratterizzazione. Lo dice il censimento dell’ISPRA (Istituto Superiore per la Ricerca Ambientale). Non ci sono solo la Caffaro a Brescia, la Valle del Sacco in Lazio, Bagnoli in Campania, Porto Marghera in Veneto o uno degli altri tra i 40 siti di interesse nazionale che, da soli, rappresentano una superficie di suolo avvelenata pari a quasi 100.000 ettari. Ma in ogni regione ci sono altre centinaia, migliaia di altri siti, oggi se ne stimano quasi 25.000 in tutta Italia, anche molto estesi, il cui suolo porta con sé pesanti fardelli di veleni, frutto della storia industriale del nostro Paese, ma anche di tante attività illegali che ancora oggi si consumano, nella TERRA DEI FUOCHI ma non solo. Sono tante, troppe minacce per la nostra salute, spesso del tutto sconosciute e portate alla ribalta della cronaca da attività investigative o da ritrovamenti casuali. Il suolo è lo scrigno della vita, non uno spazio per imboscare veleni! Occorre dare maggior impulso alle attività di bonifica, che oggi riguardano solo una minoranza dei siti contaminati, perché dobbiamo poterci fidare della terra su cui camminiamo e dei frutti che ci dona.

Oltre ai tanti casi in cui la contaminazione è frutto di discariche abusive e abbandoni illegali di rifiuti tossici, il suolo è stato a lungo aggredito anche da fenomeni di inquinamento diffuso, molti ancora in corso e molti altri interrotti da molto tempo, arrivati dall’aria o trascinati dall’acqua, come nel caso dell’AREA CAFFARO a Brescia, dove molecole pericolose e non biodegradabili, i PCB-policlorobifenili, hanno avvelenato centinaia di ettari di aree agricole, ben al di fuori dello stabilimento. Ma non è il solo caso: pensiamo a tante molecole tossiche che continuano a essere trovate nel nostro ambiente sebbene siano state da tempo messe al bando: dall’insetticida DDT prodotto in Piemonte a Pieve Vergonte alla diossina della nube tossica di Seveso, ai radionuclidi dell’incidente di Chernobyl. E come sta avvenendo ancora, in Veneto, per l’inquinamento da perfluorurati (PFAS). Il suolo conserva ancora molti di questi inquinanti, l’unico modo per metterlo al sicuro è smettere di produrre e di impiegare sostanze chimiche tossiche e persistenti.

Per impedire disastri economici e sociali globali

Il consumo e il degrado del suolo sono problemi di dimensioni globali, le Nazioni Unite stimano che sia il 30%, a livello globale, la quota di suoli agricoli persi o degradati: in un mondo sovrappopolato, non possiamo davvero permetterci di lasciar deperire il suolo. Anche l’Europa ha sue grosse responsabilità: infatti i suoli coltivati in Europa, ridottisi a causa del consumo di suolo e dell’abbandono, e minacciati dal degrado, non sono sufficienti a soddisfare la domanda di materie prime richieste dall’agroindustria, l’Europa ha fame di terre coltivate in altre parti del mondo. E per farlo non si limita ad importare prodotti, ma le grandi compagnie europee arrivano ad acquisire terre, spogliando le popolazioni locali, in accordo con governi spesso corrotti, dei loro tradizionali diritti. Ciò avviene ad esempio in Africa Subsahariana, dove sono molti milioni gli ettari di terre acquisiti da compagnie estere per trasformarle in coltivazioni intensive per il mercato europeo. Ma attenzione: perché milioni di piccoli contadini e loro familiari, a cui il ‘land grabbing’ ha sottratto la terra da cui dipendevano, sono altrettanti migranti ‘economici’, che cercano rifugio altrove, magari in quella stessa Europa la cui agroindustria ha tolto loro la terra da sotto i piedi. Oggi molti Paesi europei dicono di non volere ingressi di migranti economici: ma se si scava nella vita di queste persone e delle loro famiglie, si potrebbe scoprire che all’origine del loro migrare c’è una precisa responsabilità di compagnie europee. Fermiamo il degrado del suolo in Europa, per non doverlo contendere a Paesi che ne hanno più bisogno di noi.

Come si firma la petizione:

Per firmare l’appello e chiedere all’Europa di dare un diritto al suolo basta visitare il sito salvailsuolo.it e inserire i propri dati. IMPORTANTE: tenere pronto un documento di identità per rendere valida la propria firma a livello europeo.

Sostenitori:

People4Soil è una rete europea di ONG europee, istituti di ricerca, associazioni di agricoltori e gruppi ambientalisti, nata proprio con l’obiettivo di promuovere una Iniziativa dei cittadini europei (ICE) per introdurre una legislazione specifica sul suolo in Europa. In Italia la raccolta firme è parte della campagna #SALVAILSUOLO, promossa da una task force di associazioni tra cui ACLI, Coldiretti, FAI, Istituto Nazionale di Urbanistica, Legambiente, LIPU, Slow Food, WWF.